giovedì 21 Novembre 2024

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Per un tema una canzone: Riki e il muro dell’incomunicabilità in “Lo sappiamo entrambi”

Affrontiamo un tema collegandoci ad una canzone

Lo sanno entrambi che tutto sta finendo, eppure nessuno ha il coraggio di dirlo all’altro. Le parole potrebbero essere un punto di incontro perfetto per accorciare anche una distanza che appare insuperabile. Sarebbero il solo posto in cui ripararsi dai venti della vita che a volte soffiano così forte da separare persino i legami più solidi. “Tra storie che scorrono, le osserviamo cambiare e troviamo cambiati solo noi”. O al limite, nella peggiore delle ipotesi, sarebbero semplicemente lo strumento migliore per fare luce sui dubbi di tutti e due e prendere consapevolezza che quel legame si è rotto per sempre. “Chi se ne frega di noi se non so quello che vuoi, se non parli”. È bene ricordarlo: le parole sono la prima scintilla di un fuoco bellissimo, ma anche l’ultima.

Parole che nel nostro caso sbattono sul muro dell’incomunicabilità seguendo il filo logico della sensibile canzone proposta da Riki alla 70esima edizione del Festival di Sanremo. Nello specifico in Lo sappiamo entrambi Riki racconta la mancanza di comunicazione all’interno di una relazione giunta ormai ai titoli di coda. Si percepisce la volontà di dirsi qualcosa, ma non si riesce e ci si blocca prima. “Ti scrivo e dopo cancello”.

Forse perché non si ha il coraggio di affrontare le responsabilità che inevitabilmente le parole fanno emergere, forse perché si pensa non abbia senso raccontare ciò che si percepisce. Oppure perché si ha paura di ferire e di ferirsi, lasciando di conseguenza inutili cicatrici negli animi. “Se ci diciamo di sì ma fingiamo e lo sappiamo entrambi”. Senza contare la nobile possibilità in cui non si parla proprio per evitare di ferire qualcuno. Questo accade quando, per esempio, si preferisce tenere dentro rabbia e dolore piuttosto che gettarli d’istinto addosso a chi ci sta provocando quella sofferenza. “Parole che inciampano, le sprechiamo in silenzi sfogandole addosso”.

Si tratta, quindi, di mettere a tacere le parole pur di non farle pesare agli altri. Un atto d’amore gigante, quello di sorreggere da soli il peso del silenzio per non far pesare nemmeno una lettera all’altra persona. “Io fisso il vuoto che è a pezzi”. Tornando però nel centro del senso della canzone di Riki, sembra proprio descriversi una situazione ancora differente. Qui, infatti, le parole che solitamente nel bene e nel male sono un ponte tra due persone sembrano non ricoprire il loro consueto ruolo di collegamento. Le parole ci sono, ma somigliano a un muro.

Nel raccontare l’incapacità di comunicare il giovane artista lombardo si rende conto di quanto le parole siano uno strumento che ancora non padroneggiamo in pieno. “Non mi scrivi che tanto è inutile”. È quindi paradossalmente molto facile trovarsi a scegliere il silenzio come nostra forma comunicativa. A seconda dei casi, poi, il silenzio può a sua volta assumere il significato di rinuncia, di fuga dalle responsabilità, di paura del confronto o di puro amore per chi ne è destinatario.

Da notare che stiamo finendo per non comunicare con la parola ma con la sua precisa negazione. Sembra tutto così assurdo ma la verità è che tante volte si opta, per i motivi che abbiamo sottolineato, proprio per questa via. E che ne è delle parole? Rimangono pensieri, a volte scritti su fogli che comunque rimangono a noi. “Se ci diciamo di sì ma fingiamo e lo sappiamo entrambi”. Ma i pensieri, se rimangono a noi, alla fine per gli altri non sono altro che silenzi.