venerdì, Aprile 26, 2024

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Renato Zero racconta il mondo in “ZeroSettanta – Volume Tre” – RECENSIONE

Recensione del primo capitolo della nuova trilogia discografica del cantautore

A solo un anno di distanza dal precedente progetto Renato Zero ha scelto di tornare sul mercato discografico e di farlo in grandissimo stile in occasione dei suoi settant’anni pubblicando un triplo album d’inediti con ben 40 nuovi brani. ZeroSettanta – Volume Tre, uscito proprio il 30 settembre 2020 (giorno del settantesimo compleanno del cantautore romano), è il primo capitolo di questa nuova saga che lancia Zero verso il suo 31° album in carriera con nuova forza e ritrovata ispirazione verso la volontà di raccontare il mondo che si vede intorno oltre che sé stessi.

Il viaggio inizia con dodici tracce, dodici racconti di ciò che Renato vede intorno a sé e che racconta con il suo solito fare scegliendo spesso la forma dell’invettiva e della denuncia per dire a chiare lettere ciò che non approva della società di oggi appoggiandosi ad una produzione altrettanto piena, decisa e ferma come quella degli inglesi Phil Palmer e Alan Clark già al suo fianco per il precedente progetto e che questa volta dimostrano di aver affinato notevolmente l’alchimia con la musica del re dei sorcini.

Il racconto prende vita da quella L’angelo ferito che ha aperto il percorso del disco giungendo in rotazione radiofonica per anticipare il progetto. Un “angelo perfetto […] pronto per servire Dio” viene a trovarsi “spento” a causa dei vizi e delle colpe della società su cui incombono “cieli viola” oltre che il richiamo alla strettissima attualità della pandemia, citata senza remore. Zero invita, però, a risollevarsi ricordandosi che “che c’è ancora tanto da scrivere” oltre che “un mondo in cui credere”.

La decisione e la fermezza, anche musicale, del primo estratto trovano un adeguato contraltare in Il linguaggio della terra che non solo ripropone Renato Zero nella veste di interprete per la penna del giovane Lorenzo Vizzini ma da voce al pianete piuttosto che all’uomo invitando, su di un tappeto sonoro orchestrale e delicato, a mettere da parte le parole e a concentrarsi sul destino del pianeta proprio come si propone anche Chiedi scusa che, dalla sua, si spende ancor più direttamente su di un sound quasi irlandese ricordando quanto l’uomo può distruggere dando seguito alle proprio azioni (“metti un freno, fallo adesso […] difendi la terra con tutto l’incanto che c’era”).

Il Renato più scanzonato lo si ritrova, sul finale, in Innamorato di me Sognando sognando dove, nella prima, si dedica ad una sorta di bilancio di vita pur senza dimenticare di lanciare un monito anche a chi ascolta (“dopo tanto su e giù chi ti ama di più, alla fine, sei tu”) e, nella seconda, guarda, invece, all’estasi che l’immaginazione e la creatività offre a chi sa ancora cullarsi nello spazio dei sogni. Sulla scia si colloca anche Stai giù, che su di una ritmica sufficientemente presente incita a resistere contro chi ci vorrebbe diversi, omologati, sottomessi.

Decisamente più cupi e gotici sono i toni di Come fai, invito a lasciarsi andare in un grido liberatorio piuttosto che nascondersi continuamente dietro ad una maschera che annulla ogni nostra pulsione e personalità, e di E’ l’età, che si apre su di un inciso arioso suonando come un’invocazione spirituale ad una madre divina che possa proteggere e guidare l’umanità (“Signora, i tuoi ragazzi ti cercano: hanno grandi ali e invece poi non volano, soffia tu da lassù”). L’ambientazione orchestrale ed imponente è quella che viene mantenuta anche da Poca vita, che vuole guardare al futuro senza il peso della nostalgia per il passato glorioso e fresco, e da Più amore, che guarda con disperazione e convinzione proprio al sentimento come soluzione per affrontare la vita, le sue sfide ed i suoi quotidiani bisogni.

Episodio da sottolineare con attenzione è quello della potentissima ed ispirata Gli ultimi che riprende il tema degli emarginati, dei condannati ai limiti della società ma anche degli artisti. Renato canta di quegli ultimi che non torneranno più, di quelli che stanno per andarsene lasciando orfano il mondo: un’immagine poetica per richiamare l’attenzione del pubblico su quelle personalità grandi che hanno fatto importante il proprio vissuto ed il mondo e che la società tende a dimenticare malgrado la loro personalità e la loro presenza difficilmente potranno essere replicate o sostituite (“siamo gli ultimi non ne vedrete più, gli ultimi non ne nasceranno più così”). La chiusura della tracklist è di quelle importanti grazie una delicatissima Seduto sulla Luna rivestita poeticamente da un arrangiamento orchestrale perfettamente sinfonico che sa rendere al meglio le parole ispirate di Claudio Mattone che si rivolge proprio a quell’orchestra che pare aver ispirato metaforicamente quel Pierrot che assume le sembianze di Renato Zero che racconta di quando “ha vissuto tante vite, qualche volta futili: ha deciso quasi sempre la fatalità / chi non mi abbandona è questa musica che a volte mi ferisce ma dopo mi guarisce”.

Risultare originali con cinquant’anni di carriera sulle spalle è impresa ardua, forse impossibile, e proprio su questa base occorre guardare a ZeroSettanta – Volume Tre, un disco che, come molti degli ultimi progetti di Renato Zero, non si pone questo imperativo ma, piuttosto, punta a raccontare perchè, invece, avere qualche cosa da dire, pur non essendo affatto scontato, può risultare ancora possibile. E Zero cose da dire ne ha riuscendo a raccontare mediante il suo linguaggio e la sua tipica forma-canzone di società, natura, fede e pensiero. Da qualche tempo si accusava il cantautore romano di aver perduto lo smalto, di riuscire con difficoltà a trovare dei brani capaci di potersi accostare al suo nome: questa volta, invece, Zero qualche canzone davvero degna di nota l’ha tirata fuori dal cassetto, l’ha rivestita di una produzione sempre sincera ma curata e l’ha addobbata con quella sua voce capace di raccontare e, soprattutto, di dare un senso a tutto. Ne esce un disco coerente, misurato e rispetto di quel Renato Zero che, negli anni, si è sempre più dedicato a comunicare piuttosto che a stupire. Un disco che, forse, dopo qualche tempo di magra gli restituisce anche qualche brano importante presentandolo in splendida forma, una forma che in molti suoi colleghi (coetanei e non) gli invidierebbero.

Migliori tracce | Gli ultimi – Seduto sulla Luna – Il linguaggio della terra

Voto complessivo | 7.9/10

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ZeroSettanta – Volume Tre | Tracklist e stelline

  1. Il linguaggio della terra ★★★★★★★★½
    [Lorenzo Vizzini]
  2. L’angelo ferito ★★★★★★★★½
    [Renato Zero, Phil Palmer, Numa Palmer]
  3. Come fai ★★★★★★★½
    [Renato Zero, Phil Palmer, Alan Clark]
  4. Poca vita ★★★★★★★½
    [Renato Zero, Phil Palmer – Renato Zero, Alan Clark]
  5. Stai giù ★★★★★★★½
    [Renato Zero, Vincenzo Incenzo – Renato Zero, Phil Palmer, Valentina Parisse]
  6. Più amore ★★★★★★★
    [Renato Zero, Phil Palmer, Alan Clark]
  7. Chiedi scusa★★★★★★☆
    [Renato Zero, Vincenzo Incenzo, Maria Rosaria De Luca]
  8. E’ l’età ★★★★★★★½
    [Renato Zero, Maria Rosaria De Luca]
  9. Innamorato di me ★★★★★★½
    [Renato Zero, Phil Palmer, Julian Hinton]
  10. Sognando sognando ★★★★★★★
    [Renato Zero, Phil Palmer, Alan Clark]
  11. Gli ultimi ★★★★★★★★★☆
    [Renato Zero, Phil Palmer, Matteo Saggese]
  12. Seduto sulla luna ★★★★★★★★★☆
    [Claudio Mattone]
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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.
Ilario Luisetto
Ilario Luisetto
Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.