Al conduttore ravennate le redini della 70esima edizione del Festival della canzone italiana
Da qualche giorno è finalmente arrivata l’ufficialità: Amadeus ricoprirà il duplice ruolo di presentatore e di direttore artistico di Sanremo 2020, per cui abbiamo deciso di profilarne un’identikit, anche se parlare di “profilo” in questo caso fa sorridere, perché nell’immaginario collettivo il suo ricorda quello del Cyrano de Bergerac. Scherzi a parte, quella del conduttore è una bella storia che parte da molto lontano, dagli esordi come disc jockey nelle discoteche romagnole fino alle redini della 70esima edizione del Festival della canzone italiana, un traguardo costruito nel tempo e, sicuramente, meritato.
Nato a Ravenna il 4 settembre del 1962, Amedeo Umberto Rita Sebastiani si trasferisce da adolescente a Verona, dove comincia a muovere i primi passi come speaker di alcune radio locali. Dopo aver conosciuto Claudio Cecchetto nel’86 approda a Radio Deejay, lì conosce Fiorello e Jovanotti, amici di lunga data che potrebbero fare incursione sul palco dell’Ariston il prossimo febbraio. Negli anni ’90 si dedica alla televisione, conducendo per cinque anni consecutivi il Festivalbar, per poi concentrarsi su trasmissioni di vario genere, consolidando la proprio notorietà e diventando un beniamino del piccolo schermo. Ma dalla musica, in realtà, non si è mai allontanato, nel corso del tempo ha condotto: il Festival di Castrocaro, “Canta e vinci”, “Music Quiz”, la prima edizione di “Music Farm” e, di recente, per ben due stagioni l’originale format di “Ora o mai più”.
Una bella storia, dicevamo, perché lui ha saputo rialzarsi anche nei momenti difficili della sua carriera, quelli che prima o poi arrivano per tutti, quando il telefono smette di suonare e ti ritrovi senza un programma, senza un lavoro. In quelle circostanze è fondamentale riuscire a non demordere, reagire e non lasciarsi andare allo sconforto. Ha saputo rimettersi in gioco Amadeus, partecipando con ironia alla terza edizione di “Tale e quale show”, dove ha interpretato personaggi diversi, come Renzo Arbore, Sandy Marton, Caparezza, Rocky Roberts, Enzo Jannacci, Adriano Celentano, fino all’indimenticabile performance di Amanda Lear.
Il rapporto tra il conduttore ravennate e il Festival di Sanremo è importante, oserei viscerale, sin da quando faceva l’inviato per le radio locali, passando per il ruolo di membro della giuria di onore che ha ricoperto dal 1999 al 2003. Ancor più profondo il rapporto che lo lega particolarmente a questa forma d’arte, come mi aveva confidato in una passata intervista: «Io amo la musica, sono nato con la musica, per me rappresenta la quotidianità, un modo per legare la nostra vita a determinati momenti, che possono essere sia belli che tristi. Quando senti una canzone che ti emoziona, quel ricordo rimarrà per sempre. La musica ci appartiene, ognuno di noi non può vivere senza».
Stando alla nota stampa della Rai, si tratterà di un Festival all’insegna della coralità e della celebrazione, dove non mancheranno le sorprese. Un Sanremo nel segno della storia che farà capolino tra la tradizione e l’innovazione, destinato a diventare un evento multipiattaforma che non catalizzerà più solo l’attenzione del pubblico davanti alla tv, ma cercherà di coinvolgere le nuove generazioni anche attraverso il web e i social. In tutto questo, Amadeus sarà il padrone di casa di Sanremo 2020, convinti che saprà dimostrare ancora una volta tutta la sua bravura e il suo garbo, requisiti fondamentali che lo rendono un abile garante della qualità e di una televisione garbata, a modo, che necessita di essere riscoperta. Dunque, possiamo tutti dormire sogni tranquilli, la musica è in buone mani.
Nico Donvito
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