Recensione del terzo album d’inediti della cantautrice veneta
Francesca Michielin aveva già dimostrato di avere la stoffa di chi sa stare fuori dal coro con intelligenza e innovazione. Lo aveva dimostrato a sprazzi con episodi sparsi che in 2640, il terzo album d’inediti della sua carriera, si concretizzano e assumono volume portando ad un disco totalmente sorprendente, lontano dalle logiche della moda mainstream ma contemporaneamente capace di entrarvi grazie alla propria contemporaneità di suoni e parole.
A far da manifesto sono, ovviamente, i primi due estratti radiofonici che hanno aperto con qualche mese di anticipo il percorso di questo disco. Vulcano e Io non abito al mare hanno la forza di imporre il proprio linguaggio, istrionico e metaforicamente basato su spot quasi senza senso, riuscendo a trascinare l’ascoltatore con la propria orecchiabilità. Arrangiamenti sorprendenti, fortemente condizionati dall’utilizzo dei campionamenti sintetici sorreggono il linguaggio fresco e spensierato dei testi e del cantato che punta a farsi fischiettare con incoscienza più che a “Comunicare” importanti concetti filosofici poco adatti alla giovane età dell’interprete veneta che nell’apertura dell’album non a caso dice di “non riuscire mai a farsi capire” preferendo “stare in silenzio ad ascoltare tutto quello che mi vorresti dire“.
Le dimensioni indie volutamente ricercate e adottate vengono testimoniate e portate in scena anche con le (poche) collaborazioni autorali contenute nel disco: si passa da Tommaso Paradiso dei Thegiornalisti che firma una fin troppo amoreggiante e pop ballatona (E se c’era) a Calcutta che in modo più sensibile condiziona la scrittura di Tropicale e Tapioca che con abilità fondono un sound elettronico e una voce mai troppo impegnata in fronzoli d’emissione. L’amore viene raccontato con acutezza, stravaganza e originalità pur abbassando il beat e, così come fatto in La serie b anche in Alonso un episodio apparentemente secondario diventa il mezzo perfetto per raggiungere il nocciolo della questione.
Ce n’è per tutti i gusti in questo disco contemporaneamente variegato e omogeneo: c’è Bolivia, il perfetto tormentone primaverile che parte intimo per poi aprirsi in un inciso che si fa canticchiare, ma c’è anche l’inglese di Lava che sorprende per il suo cantato quasi rappato vicino alle prime proposte r’nB di Tiziano Ferro a tratti.
Se Scusa se non ho gli occhi azzurri si lascia andare alla malinconia dei “forse” o dei “se” tirando fuori la ballata pop-struggente del disco, il ritmo viene tenuto su dal duo di Noleggiami ancora un film e Due galassie in cui ritmica e sintetizzatori tornano a collaborare in sintonia per due perfetti up-tempi.
La Francesca Michielin di 2640 è profondamente diversa già da quella di di20are e lo è per il suo stesso essere: giovane, sregolata, curiosa e attenta alle tendenze più innovative del panorama. Ad emergere da questo lavoro è soprattutto un linguaggio nuovo, inconsueto e apparentemente lontano dalla tradizione italiana che, però, a ben cercare trova le proprie radici anche all’interno di questa realtà permettendone la larga diffusione e gradimento che il pubblico sta tributando alla giovanissima artista veneta.
MIGLIORI TRACCE: Vulcano – Tropicale
VOTO COMPLESSIVO: 8/10
Ilario Luisetto
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