mercoledì 4 Dicembre 2024

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“1,2,3 … canta!” – La via infinita dei numeri nelle canzoni

Tutti i numeri che le canzoni ci hanno raccontato

I numeri dicono che siamo sempre più interessati ai numeri. Ci piace sbirciare le classifiche musicali, capire l’andamento di singoli e album e pronosticare le certificazioni, come in una gara, quando la musica dovrebbe essere, invece, l’esito di una ricerca artistica e non soltanto un prodotto commerciabile. Resta un fatto: i numeri contano, anche quando sono inseriti nei testi o nei titoli delle canzoni, per esprimere la quantità di qualcosa o di un insieme, come i “quarantaquattro gatti In fila per sei col resto di due” di Barbara Ferigo allo Zecchino d’oro; l’ordine in un elenco, come in Gianni Morandi “uno: non tradirli mai, han fede in te. Due : non li deludere, credono in te. Tre: non farli piangere, vivono in te. Quattro: non li abbandonare, ti mancheranno”; oppure la data con cui scandiamo il tempo.

Per esempio, la canzone autobiografica di Lucio Dalla, “4 marzo 1943”, che si apre con “dice che era un bell’uomo E veniva, veniva dal mare” avrebbe dovuto intitolarsi “Gesubambino”, ma la censura dell’epoca interviene a modificare il titolo e una parte del testo per poterla ammettere al Festival di Sanremo. Ricordiamo anche “1950” di Amedeo Minghi, che racconta l’amore tra il protagonista e Serenella, negli anni a ridosso della liberazione italiana dai tedeschi grazie alle forze militari americane, così che “la radio trasmetterà la canzone che ho pensato pe te E forse (…) l’ascolteranno gli americani Che proprio ieri sono andati via O serenella Ti porto al mare Io Ti porto via”.

E dunque l’amore a tempo di numero con Daniele Silvestri e la sua famosa “le cose che abbiamo in comune sono 4850 Le conto da sempre, da quando mi hai detto <Ma dai, pure tu sei degli anni ’60?> Abbiamo due braccia, due mani, due gambe, due piedi Due orecchie ed un solo cervello Soltanto lo sguardo non è proprio uguale Perché il mio è normale, ma il tuo è troppo bello”. Se le cose in comune nella coppia, possono essere così tante, quante sarebbero state quelle tra Lucio Battisti e le sue “dieci ragazze per me Posson bastare”? Sarebbero serviti tutti i “ventiquattromila baci” di Adriano Celentano, “perché l’amore Vuole ogni istante mille baci, mille carezze vuole all’ora”.

E si sa, la passione ci trasforma “come due stelle noi”, secondo Alan Sorrenti, “riflessi sulle onde, scivoliamo Come due stelle noi Avvolti dalle ombre noi ci amiamo (…) Noi siamo figli delle stelle Figli della notte che ci gira intorno” e, nel caso di Elodie, si fa la conta: uno, due, tre, alza” perché “il volume nella testa È qui dentro la mia festa, baby Uno, due, tre, alza Il volume nella testa È qui dentro la mia festa, baby”. Dopo la “baldoria”, però, si contano i cocci del vaso rotto; lo sa Frah Quintale “e poi finisce sempre così Che poi finisce sempre, sì (…) Non ci si vuole più bene Dove sei? Stavo cercando di vederti in mezzo a tutta questa folla Lo riconoscerei il tuo nome Tra quasi otto miliardi di persone Dove sei?”. “Dove sei? Come stai?” si domanda pure Raf, mentre si ripromette “cambierò se cambierai (…) perché siamo noi Due lottatori, due reduci Due canzoni d’amore, comunque io e te Con le stesse parole seduti a un caffè E vorrei solo dirti, ora che te ne vai Se amore, amore vedrai, di un amore vivrai Ma stasera che cosa fai?”.

È un addio poetico quello della cantantessa Carmen Consoli, con “mille violini suonati dal vento L’ultimo abbraccio, mia amata bambina Nel tenue ricordo di una pioggia d’argento Il senso spietato di un non ritorno (…) L’eroico coraggio di un feroce addio”. Da qui, le lacrime di Iramae nel bicchiere cadono cinque gocce Questa notte voglio stare da solo”; il dolore di Michele Zarrillo “cinque giorni che ti ho perso Mille lacrime cadute Ed io inchiodato a te Tutto e ancora più di tutto Per cercare di scappare Ho provato a disprezzarti A tradirti, a farmi male”. Non è dello stesso parere Nina Zilli, che, nonostante le “cinquantamila lacrime non basteranno perchè musica triste sei tu dentro di me”, chiede “non ritornare, no tu non ti voltare, non vorrei mi vedessi cadere. A me piace così, che se sbaglio è lo stesso, perchè questo dolore è amore per te”.

Significa che c’impegneremo a essere più accorti una prossima volta, come ci canta Malika Ayane “tre sono le cose che devo ricordarmi di fare quando come una luce entrerai.. le prime due nasconderò dentro ad una pagina e la terza scriverò sui vetri sporchissimi di un auto blu”. Nel frattempo, “avrei un milione di cose da dirti, ma non dico niente”, per dirla con Ermal Meta; e “so che farà sempre male E se potessi fare a meno di ogni cosa per dimenticare” canta Marco Mengoni, “mi consumerei in due minuti Prima di affogare adesso Neanche tra mille domani dimenticherei In che parte trovarti”.

Quel “tu… Fra sette miliardi di pezzi diversi Le mani sugli occhi per riuscire a trovarsi” dei Finley affiancheremo a Ultimo “tu porti le rondini a inseguire il rosso E un tramonto che rende stupendo il brutto Fasce di luce trafiggono siepi Sette più tre se vuoi formare un dieci (…) E il sasso di campagna a diventare oro Ma soltanto perché, semplicemente porti te”. Aggiungerebbero i Boomdabash “non c’è niente al mondo che farei io senza te Perché io non ti cambierei nemmeno per Nemmeno per un milione.

Infine, ci sono canzoni che usano i numeri nella costruzione di un racconto e altre che sembrano darli. Canzoni di tempi e di genere diversi, sicuramente non sovrapponibili, ci parlano di come sia cambiata la percezione del mondo. Da un lato, Gino Paoli con “eravamo quattro amici al bar Che volevano cambiare il mondo Destinati a qualche cosa in più Che a una donna ed un impiego in banca (…) Eravamo tre amici al bar Uno si è impiegato in una banca Si può fare molto pure in tre Mentre gli altri se ne stanno a casa (…) Eravamo due amici al bar Uno è andato con la donna al mare (…) Son rimasto io da solo al bar Gli altri sono tutti quanti a casa E quest’oggi verso le tre son venuti quattro ragazzini (…) Sono qui con quattro amici al bar Che hanno voglia di cambiare il mondo”.

Dall’altro lato, Massimo Pericolo “mi sono fatto due anni Tu ti sei fatto due grammi Questa merda la prendo sul serio Questa merda la vendo sul serio (…) Fotte un cazzo degli altri Voglio sette miliardi Ho detto sette miliardi Apri la busta, mettila tutta, metti la tuta (…) Non ho quindici case Le ho solo cambiate Questa merda non piace a mio padre Questa tipa non piace a mia madre (bitch) Questa tipa mi mette mi piace (bitch) Parlo solo di droga e puttane (bitch) Ma voi di che cazzo vi fate (snitch) Per mandarmi in galera d’estate?”. Ci piace chiudere questo viaggio tra i numeri con la consapevolezza di Achille Lauro, Fedez e Orietta Berti “e va bene così Ma poi me ne restano mille Poi me ne restano mille”… di che cosa? Ognuno di noi lo sa!

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.