Il fascino del vinile, tra scoperte e riscoperte musicali. A cura di Marco Baroni
In un’era digitale, dove tutto è a portata di clic, il vinile resiste come un simbolo di autenticità, passione per la musica e rimane un oggetto prezioso, capace di raccontare storie attraverso i suoi solchi incisi.
In questa rubrica, Marco Baroni ci guiderà in un viaggio attraverso i solchi di vinili che hanno fatto la storia, esplorando non solo i classici intramontabili, ma anche le gemme nascoste ec he meritano un posto d’onore nelle collezioni degli appassionati.
Ogni settimana, esploreremo insieme dischi leggendari che hanno segnato la musica italiana, tra rarità dimenticate e indiscussi capolavori, riscoprendo il piacere di un ascolto autentico e senza tempo. “Solchi” è il luogo dove la musica torna a vibrare in tutta la sua purezza.
Il nostro viaggio prosegue con “Guarda la fotografia“, l’album di Enzo Jannacci pubblicato nel 1991 dalla DDD.
Solchi [episodio 02] – “Guarda la fotografia” di Enzo Jannacci
Enzo Jannacci all’epoca di questo (straordinario) album, era già un cantautore entrato nella storia, con buona pace dei meravigliosi fasti della Milano da bere anni ’60, delle prime comparsate in tv al fianco di giganti della comicità come Cochi E Renato e l’amicizia fraterna con Giorgio Gaber giusto per citare i più importanti.
Si presentò a Sanremo con “La fotografia”, spaccato comune di una quotidianità senza sconti, dove si incastrano sfilacciate e crude le immagini di un tragico omicidio in mezza alla strada (un regolamento di conti tra bande che vede coinvolto un ragazzino probabilmente figlio di un malavitoso) argomento di cronaca nera, ma trattato con la maestria che solo Jannacci sapeva mettere nelle sue interpretazioni.
L’album contiene altre chicche degne di nota, come la simpatica apertura de “Il gruista” seguita da un brano che ancora oggi mette i brividi intitolato “I dispiaceri” dove Jannacci si rende narratore perfetto: “I dispiaceri han la faccia degli uomini che stanno apposta al mondo per far incazzare gli angeli”.
Si procede a due voci con il fratello Gaber ne “La strana famiglia” per poi arrivare a “L’alfabeto muore”, panorama in versi e musica sulla mancanza di dialogo, capolavoro. In bella nota anche “Parliamone” e “Sogno come mafia” (il periodo è quello appena precedente le stragi di Capaci e Via D’Amelio).
In copertina assieme anche il figlio Paolo. È un album in bianco e nero, non solo graficamente, nonostante il modo unico e scanzonato di cantare ci sono contenuti potenti e un’intenzione marmorea nella voce, che agli appassionati manca moltissimo “…tutto il resto è sporca guerra…stile mafieria, …tu…tu che sei famoso….firma per piacere…..la fotografia”. Consigliatissimo.
Marco Baroni
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