Prosegue il 2024 di Tananai, dopo “Veleno” e di “Storie brevi”, il cantautore milanese pubblica “Ragni”, fuori dallo 6 settembre, un nuovo tassello coerente e intuibile
Dopo un’estate da protagonista con una delle hit più amate della stagione, arriva “Ragni” la nuova ballata di Tananai, che sarà tra i quindici protagonisti del Suzuki Music Party di Amadeus, in onda sul Nove il prossimo 22 settembre. La recensione.
Chi si aspettava un ritorno alla spensieratezza e alla leggerezza dei brani più “gigioni” come “Baby goddamn” o “Sesso occasionale”, resterà un po’ perplesso al primo ascolto, perché il cantautore milanese ha scelto di proseguire lungo la strada tracciata dai suoi pezzi più riflessivi e introspettivi, come “Abissale” e “Tango”.
Prodotto dallo stesso Tananai insieme a Davide Simonetta, “Ragni” si inserisce a pieno titolo in questo filone, confermando la tendenza del cantautore ad esplorare temi più profondi e malinconici. Tuttavia, questo potrebbe necessitare di qualche ascolto in più.
La canzone viene presentata come una ballata dal tono dolceamaro, costruita attorno a un arpeggio di pianoforte che guida l’intero ascolto. L’atmosfera che si crea è quella di una confessione intima ed emotiva, che sfocia in una richiesta d’amore e di cura, ma anche nella promessa di voler essere una persona migliore.
“Avevamo parlato due volte, ci amavamo già da trent’anni, ma noi avevamo vent’anni”: queste righe iniziali raccontano un amore vissuto con intensità fuori dal tempo, come se l’età reale fosse irrilevante rispetto all’intensità del sentimento. La narrazione si sviluppa poi sulla contrapposizione tra le paure personali, con lei che ha paura dei ragni e lui che teme il passare del tempo, che diventa la chiave di lettura dell’intera canzone.
Tananai affronta la difficoltà di crescere, di confrontarsi con se stessi e con gli altri, ma senza mai perdere la speranza di poter acquisire una maggiore consapevolezza. Il tema centrale è dunque quello dell’amore imperfetto, all’interno di una relazione in cui le insicurezze si scontrano con il desiderio di cura reciproca.
“Tu curami, curami, curami sempre”: si ripete nel ritornello, quasi come una preghiera. La cura di cui parla non è solo fisica, ma anche emotiva, perché “il dolore non vuol dire necessariamente sangue”. Questo mette in luce la vulnerabilità del protagonista, che si espone e chiede conforto e supporto anche di fronte ai suoi limiti.
In conclusione, “Ragni” segue la scia dei successi più recenti di Tananai, confermando la sua abilità nel raccontare tormenti e storie d’amore con un linguaggio poetico e vulnerabile. Non sarà forse un pezzo che spacca al primo ascolto, ma un tassello in più per l’artista nel suo voler continuare a evolversi come autore e interprete. La vera sfida sarà vedere se questo brano riuscirà a conquistare anche chi si aspetta un tocco di leggerezza in più, ma i più romantici ne verranno sicuramente rapiti.
Nico Donvito
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