sabato 11 Gennaio 2025

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“Sanremo Story”, la consacrazione degli anni ‘20

Sanremo Story: la rubrica che ripercorre le tappe fondamentali del Festival della canzone italiana, attraverso aneddoti e approfondimenti. A cura di Nico Donvito

Per molti il Festival di Sanremo è quell’evento televisivo che catalizza davanti allo schermo per una settimana all’anno, uno spettacolo colorato, uno psicodramma tragicomico collettivo, un carrozzone fiorito stracolmo di cantanti, presentatori e vallette. Negli anni, ne abbiamo lette e sentite parecchie di definizioni, tutte profondamente vere, ma nessuna realmente corretta. Sanremo Story anni ‘20

Per dare una risposta allo slogan “Perché Sanremo è Sanremo”, è necessario riscoprire la storia di questo grande contenitore che nel tempo si è evoluto, ma senza perdere il proprio spirito. La verità è che il Festival è un vero e proprio fenomeno di costume, la favola musicale più bella di sempre, lo specchio canterino del nostro Paese. Con la sua liturgia, la kermesse non è mai riuscita a mettere d’accordo ammiratori e detrattori, forse in questo alberga la vera fonte del suo duraturo consenso. La rubrica “Sanremo Story” si pone l’obiettivo di raccontare tutto questo e molto altro ancora.

“Sanremo Story”, la consacrazione degli anni ‘20

Dopo il positivo biennio affidato a Claudio Baglioni, alla direzione artistica della settantesima edizione del Festival della canzone italiana ha debuttato Amadeus, affiancato nella conduzione dall’amico Rosario Fiorello (autentico trascinatore dell’umorismo e dello spettacolo) e da una nutrita rosa di presenze femminili che si sono avvicendate nel corso delle cinque serate. Ospite fisso è stato Tiziano Ferro, che ha alternato pezzi del suo ricco repertorio a brani presi in prestito dalla storia della kermesse, come “Nel blu dipinto di blu”, “Almeno tu nell’universo”, “Portami a ballare” e “Perdere l’amore”, quest’ultima eseguita in coppia con Massimo Ranieri.

Il cantautore di Latina ha realizzato ancora una volta il sogno di calcare il palco dell’Ariston, lui che aveva tentato invano di partecipare alla rassegna per due anni consecutivi, nel 1997 e nel 1998, tramite l’Accademia di Sanremo. Dopo aver debuttato in Riviera nel 2006 come spalla di Michele Zarrillo nella serata dei duetti ed essere tornato come super ospite nel 2007, nel 2015 e nel 2017, l’artista si è aggiudicato il primato di presenza musicale fissa, un ruolo che fino a quel momento nessun altro aveva mai ricoperto. Ferro, stando a quanto dichiarato più volte da Mara Maionchi, sua discografica dell’epoca, avrebbe dovuto presentarsi in gara tra i giovani nel 2002 con “Non me lo so spiegare”, canzone rimasta volutamente fuori dal suo album d’esordio “Rosso relativo” per una eventuale riedizione sanremese. Il successo iniziale del cantautore è stato tale da far tramontare l’ipotesi e il brano è stato inserito nel suo successivo disco “111″.

Sulle pagine di Repubblica, all’indomani dell’annuncio del cast, il neo conduttore Amadeus ha motivato così le sue scelte: «Ho badato alle canzoni, affinché potessero essere dei pezzi radiofonici, delle potenziali hit. Ho pensato ad un’edizione attuale, a brani da scaricare domani su Spotify, alla portata di tutti. Sanremo è un cavallo imbizzarrito ma io sono figlio di un istruttore di equitazione, accetto di stare in sella a queste condizioni, perché il Festival è troppo affascinante».

Rispetto alla precedente annata, è stata ripristinata la categoria Nuove Proposte, mentre il numero di big è stato esteso a ventiquattro partecipanti. A fare realmente la differenza sono stati i motivi in concorso, contemporanei e rappresentativi dei gusti del pubblico più trasversale. A livello musicale ha vinto a mani basse la tradizione, in entrambe le categorie si sono affermate due belle canzoni senza tempo, classiche nella forma ma contemporanee nelle sostanza.

Sanremo 2020 è stato l’anno della meritatissima consacrazione di Diodato, cantautore raffinato dotato di unavocalità straordinaria. A lui il merito di essersi aggiudicato con “Fai rumore” sia il titolo della competizione che il Premio della Critica Mia Martini. In una società sempre più votata al silenzio e all’incomprensione ha sbaragliato la concorrenza un brano tanto evocativo quanto liberatorio, un invito ad abbattere le barriere dell’incomunicabilità, a bruciare quei silenzi che spesso creano distanze e contrasti. Uno stimolo a farsi sentire, talvolta anche manifestando il proprio dissenso, in una comunità sempre meno avvezza al dialogo. Il confronto inteso come nostra unica ancora di salvezza, soluzione in grado di sgretolare i muri invalicabili dell’omertà.

Impegno a parte, è stata anche una delle edizioni più radiofoniche di sempre, con la massiccia presenza di motivi orecchiabili, cantabili e “fischiettabili”, proprio come “Viceversa” di Francesco Gabbani, che si è accontentato di un ottimo secondo posto, dopo la straordinaria impresa realizzata tre anni prima. Hanno funzionato parecchio anche “Ringo Starr” dei Pinguini Tattici Nucleari, “Andromeda” di Elodie, “Dov’è” de Le Vibrazioni e “Gigante” di Piero Pelù, al suo debutto in Riviera.

Ha strappato applausi e consensi la straordinaria bravura di Tosca, alla sua quinta partecipazione festivaliera con l’elegante “Ho amato tutto”. Inoltre, hanno colpito la stravaganza di Achille Lauro con “Me ne frego” e la grinta di Rita Pavone con “Niente (Resilienza 74)”, che ha interrotto il digiuno sanremese durato ben quarantotto anni. Hanno debuttato Elettra Lamborghini, nostra signora del twerk, con l’evasiva “Musica (e il resto scompare)” e Levante con l’inclusiva “Tikibombom”. Due sono state le sconfitte principali: i magri risultati delle quote rap in concorso e la battuta d’arresto degli ex partecipanti dei talent show, che non hanno ottenuto gli stessi consensi delle precedenti edizioni.

É entrato di fatto nella storia il caso Bugo-Morgan, squalificati nel corso della quarta serata a causa della modifica del testo di “Sincero” ad opera dell’eccentrico cantautore milanese e del conseguente abbandono del palco da parte del suo collega. Un pezzo dalle buone intenzioni finito, suo malgrado, per essere ricordato e cantato per le «brutte intenzioni e la maleducazione». Tra i giovani si è imposto Leo Gassmann con la rassicurante Vai bene così.

Al suo primo mandato, Amadeus ha confezionato un cast degno di nota, all’altezza della situazione, sopra la media degli ultimi anni. Il pubblico ha potuto assistere ad un grande spettacolo, una festa destinata purtroppo ad essere interrotta. Nessuno poteva realmente immaginare, in quel preciso momento, quello che sarebbe accaduto di lì a poco. Già nei mesi conclusivi del precedente anno, dalla Cina provenivano notizie frammentarie di casi di pazienti che mostravano i sintomi di una “polmonite di causasconosciuta”.

La comunicazione ufficiale delle autorità di Pechino all’Organizzazione Mondiale della Sanità è arrivata il 31 dicembre 2019. Successivamente è stato individuato il ceppo responsabile dell’infezione, il genoma è stato prima sequenziato e poi pubblicato. L’11 febbraio 2020, tre giorni dopo la fine del Festival, l’OMS ha annunciato il nome della malattia respiratoria e, per la prima volta, abbiamo sentito parlare di COVID-19.

Il direttore artistico si è ritrovato a pianificare l’edizione del Festival più complicata della storia, forse anche la più osteggiata, poiché i media non hanno facilitato di certo il suo compito. Il tipico chiacchiericcio della vigilia, una specie di colorita tradizione, questa volta è stato inaugurato ancora prima del previsto, in netto anticipo sulla tabella di marcia. Con le parole del conduttore ripetutamente travisate, le polemiche sono fioccate sin dall’estate precedente. Tra slittamenti, ipotesi di cancellazione, dubbi sulla presenza del pubblico in sala e presunte navi da crociera, i mesi antecedenti Sanremo 2021 hanno subito parecchie turbolenze.

É andato così in scena il primo Festival dell’era Covid, in un Teatro Ariston a tratti irriconoscibile, con le sue poltroncine rosse vuote e gli applausi pre-registrati. Lo spettacolo ha posto l’accento su tematiche importanti, regalando ai telespettatori a casa un forte messaggio di fiducia e risollevando gli animi affaticati dalla seconda ondata e dalle nuove restrizioni. Anche se non si è trattato dell’edizione della ripartenza, come più volte auspicato dallo stesso direttore artistico, è stata a tutti gli effetti un’annata all’insegna della speranza e della rinascita.

La settantunesima edizione del Festival della canzone italiana non si è rivelata la solita messa cantata, la liturgia della rassegna è stata contraddistinta e contraddetta dall’inedita circostanza in cui veniva proposta, l’assenza delle reazioni del pubblico in sala ha inciso sui tempi e sulle dinamiche televisive, ma non ha interferito con il corretto svolgimento della gara musicale. Lo spettacolo andato in scena ha posto l’accento sulla terribile situazione in cui riversavano il nostro Paese e il mondo intero, riportandoci ad immaginare la vita che saremmo tornati a condurre una volta debellata la pandemia e rimettendoci in contatto con buona parte di ciò che avevamo lasciato e che avremmo presto riassaporato. La vittoria simbolica dei Måneskin ha evidenziato la rabbia e il malcontento che, in quel preciso momento, erano forse necessari per non lasciare spazio alla rassegnazione, allo sgomento o, peggio ancora, alla negazione. Nel giro di dodici mesi si è passati dal liberatorio “Fai rumore” di Diodato a questo ammutolente invito a restare “Zitti e buoni”. Due titoli che fotografavano il prima e il dopo, oltre che un profondo e lampante cambiamento sociale.

Hanno trionfato la trasgressione, l’erotismo e il rock del giovane gruppo romano, con l’immagine dell’orchestra intenta a suonare in piedi che resterà negli annali. Ha convinto l’eleganza senza tempo di Orietta Berti, di ritorno in Riviera con “Quando ti sei innamorato” dopo ben ventinove anni. Il tutto misto all’innovazione messa in scena dall’esercito di nuove leve in concorso: da Fulminacci ad Aiello, passando per Gaia, Fasma, Random, i Coma_Cose e Gio Evan, alcuni dei quali avranno modo in futuro di dare prova del proprio potenziale inesploso. Conferme per Ermal Meta, Annalisa, Malika Ayane, Noemi, Max Gazzè, Arisa, Lo Stato Sociale, oltre agli ottimi esordi di Madame, Willie Peyote e La Rappresentante di Lista.

Ha conquistato l’attenzione di molti la trascinante “Musica leggerissima” di Colapesce Dimartino, mentre è entrato nella storia il caso di Irama, al suo terzo Festival con “La genesi del tuo colore”, brano che non è stato mai eseguito dal vivo in diretta sul palco dell’Ariston, a causa della quarantena imposta al giovane artista milanese dopo che un membro del suo staff era risultato positivo al Covid. Scongiurata l’ipotesi della squalifica per l’impossibilità di eseguire il pezzo, al cantante è stata concessa la deroga di restare in gara trasmettendo il video dell’esibizione registrata durante l’ultima prova generale. Opportunità accolta e incoraggiata da tutti gli altri partecipanti, in un bel gesto di condivisione e di unione.

La settantaduesima edizione del Festival della canzone italiana, è stata organizzata e condotta da Amadeus, affiancato da cinque co-conduttrici: Ornella Muti nella prima serata, Lorena Cesarini nella seconda, Drusilla Foer nella terza, Maria Chiara Giannetta nella quarta e Sabrina Ferilli nella serata finale. Come già accaduto nelle edizioni del 2004 e del 2019, i venticinque artisti partecipanti hanno dato vita ad una gara unica. Abolita la sezione Nuove Proposte, ai ventidue big scelti dalla commissione artistico, si sono aggiunti tre ragazzi provenienti dal contest di Sanremo Giovani, vale a dire gli esordienti Yuman, Tananai e Matteo Romano.

Tra gli altri debutti, segnaliamo le presenze di: Rkomi, SangiovanniAka 7even, Dargen D’amico, Ana Mena, Highsnob e Hu, Ditonellapiaga, Giovanni Truppi e Blanco che si è aggiudicato il titolo in coppia con Mahmood sulle note di “Brividi”. Una vittoria che ha messo d’accordo le giurie, la coppia ha funzionato e ha regalato al pubblico emozioni e un bel pugno nello stomaco.

Tra i ritorni, invece, citiamo le presenze consecutive di IramaNoemi e La Rappresentante di Lista, oltre alle piacevoli rentrée di: Elisa (assente da ben ventuno anni), Achille LauroEmma, Fabrizio Moro, Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Iva Zanicchi, Donatella Rettore, Giusy Ferreri, Le Vibrazioni e Michele Bravi.

Sanremo 2023 prosegue nel solco della rivoluzione di Amadeus, con un’edizione di passaggio ricca di ballad che resteranno nel tempo. Prima della lista è “Due vite” di Marco Mengoni, che si aggiudica la vittoria a furor di popolo. Tra i ritorni più importanti spiccano quello di Giorgia, di Anna Oxa, di Gianluca Grignani, di Elodie, di Madame e di Ultimo. Interessanti, invece, gli esordi di: Ariete, Gianmaria, Mara Sattei, Rosa Chemical, dei Cugini di Campagna e degli Articolo 31. Tra i motivi che resteranno impressi nella memoria del pubblico, ricorderemo. “Cenere” di Lazza, “Tango” di Tananai e “Supereroi” di Mr Rain.

A chiudere il quinquennio di Amadeus, un’edizione senza precedenti, con un cast stellare. Stiamo parlando di quella del 2024, che ha visto vincere l’esordiente Angelina Mango con “La noia”, dopo ben dieci anni dall’ultima vittoria femminile. Tra gli altri debutti, ricordiamo le presenze di: Alessandra Amoroso, Gazzelle, Alfa, Ghali, Il Tre, Geolier, Fred De Palma, BigMama, La Sad, Clara e Rose Villain.

Clamorosi ed eclatanti i ritorni, tra cui segnaliamo: i Negramaro, Fiorella Mannoia, Loredana Bertè, Diodato, Emma, Il Volo e Irama. A dominare le classifiche saranno “Sinceramente” di Annalisa, “Tuta gold” di Mahmood, “Un ragazzo una ragazza” dei The Kolors e “Ma non tutta la vita” dei Ricchi e Poveri.

Insomma, l’era Amadeus ha segnato un netto cambio di passo del Festival e favorito la consacrazione della musica italiana. Decennio dopo decennio, il Festival si è mostrato in grado di scandire le fasi di transizione del nostro Paese, attraverso le varie epoche, fino ad entrare a far parte dei nostri usi, costumi e consuetudini, grazie ad uno sguardo sempre vigile e rivolto all’attualità. Negli ultimi anni, è tornata a vincere ancora una volta la musica, l’unica che può ridicolizzare le critiche e rendere lo spettacolo appetibile…