A tu per tu con il cantautore bolognese, in gara tra i ventiquattro finalisti con il brano “Dicembre”
Esordio discografico per Luca Jacoboni, in arte Fosco17, pronto al debutto sul palco di Sanremo Giovani, in scena giovedì 20 e venerdì 21 dicembre in prima serata su Rai Uno, con il brano “Dicembre”, una canzone d’amore che racconta un momento di distacco, gelido ed introspettivo, impreziosito dal ritmo serrato delle strofe e dall’inciso orecchiabile e spiccatamente melodico.
Ciao Luca, partiamo da “Dicembre”, brano con cui parteciperai alla finalissima di Sanremo Giovani, cosa racconta questo pezzo?
«“Dicembre” è una semplicissima canzone d’amore, non è niente di più e credo che la sua forza stia proprio in questo. Mi piace come sfida raccontare cose semplici, quelle che in realtà viviamo tutti come se fossero cliché, la difficoltà sta nel riuscire a non risultare banali, trasmettendo qualche spunto interessante».
Nel testo associ la mancanza della persona amata al freddo di dicembre, quanto c’è di autobiografico nel pezzo?
«Parecchio, nel senso che è stato scritto subito dopo la scena raccontata nel brano. In realtà non descrive la mancanza intesa come abbandono, ma il momento in cui lei va via e non sai se ritornerà o meno, ti ritrovi da solo a fare i conti con i tuoi mille pensieri. Diciamo che “Dicembre” l’ho scritta un anno fa e l’ho sentita talmente tante volte che vorrei bruciarla (ride, ndr), quasi la odio ormai, ma credo sia un sentimento comune quando ti ritrovi a stare troppo in contatto con una determinata cosa».
Dal punto di vista musicale, invece, quali sonorità hai scelto per presentarti al grande pubblico e per mettere in risalto le parole del testo?
«È stato un percorso abbastanza omogeneo, sono tanti anni che faccio e ascolto musica, il lavoro è stato quello di mettere in risalto le mie influenze personali, soprattutto nella scrittura che, secondo me, condiziona in maniera imprescindibile anche il sound. Principalmente ci sono tutte le mie influenze musicali: l’underground degli anni ‘00, dagli Zen Circus fino ad arrivare a Niccolò Contessa de I Cani, chiaramente anche un po’ tutto il background mainstream di cantautori pop, come Jovanotti e Cesare Cremonini, infine anche il rap mi ha sicuramente stimolato a livello lirico».
C’è una frase che meglio rappresenta per te questa canzone?
«Ci sono alcuni passaggi che sono super autoreferenziali, parlano di me in prima persona, in realtà un po’ tutto il ritornello racconta una situazione che ho cercato di buttare giù pochi minuti dopo averla vissuta. L’inciso è un punto abbastanza focale di questa canzone per me».
Facciamo un salto indietro nel tempo, come e quando hai scoperto la passione per la musica?
«Guarda, ci sono stati due momenti differenti: il primo quando ho scoperto che mi piaceva la musica da ascoltare, grazie a mia mamma e a mio cugino, il secondo quando ho iniziato a suonarla e devo ringraziare gli Zen Circus perché sono stati i primi che mi hanno fatto venir voglia di imbracciare la chitarra».
Con quale spirito ti affacci al mercato?
«Dopo aver scelto di smettere di suonare con Le Ceneri e i Monomi, il mio approccio è stato totalmente disinteressato e completamente privo di velleità, scrivevo canzoni per la semplice voglia di farlo. L’ispirazione personale è tutto, parte tutto da lì ma, allo stesso tempo, sono follemente convinto che non esistano queste prese di posizione nei confronti della musica commerciale, credo che ognuno faccia bene o male ciò che gli piace, non direi mai che Tommaso Paradiso si è venduto a mainstream, sottolineerei più che altro la sua crescita, il fatto che oggi riesca a parlare a più persone con un linguaggio universale. Chiaramente è un mio pensiero personale, per quanto mi riguarda non cambia l’approccio bensì la visione.
Come valuti l’attuale settore discografico?
«Potrei risponderti con ore e ore di chiacchiere prive di significato, è un discorso complesso. A parer mio stiamo vivendo un periodo interessante, rivedo lo stesso fermento degli anni ‘90, chiaramente lo streaming gioca un ruolo fondamentale perchè riesce a rendere fruibile la musica a 360 gradi, per cui c’è molto più interesse anche se, al tempo stesso, si crea un po’ l’effetto opposto e chiunque può esprimere un suo parere, compreso chi non sa bene cosa stia dicendo, ma è un prezzo che si può pagare volentieri secondo me».
Ti descrivi come un ragazzo semplice, come tanti, che ama fare le cose che fanno tutti, ma dal punto di vista musicale, quali sono i tratti distintivi di Fosco17?
«In realtà non dovrei dirlo io (sorride, ndr), ma credo che le parole debbano incastrarsi con la musica, per me non esiste un testo senza melodia, la considero il punto nevralgico di una canzone».
Al di là della vittoria e della conseguente possibilità di calcare il palco dell’Ariston, quale sarebbe per te il riconoscimento più importante?
«Sicuramente credo che la vittoria non sia la cosa più importante, anche se non so bene cosa sia realmente l’aspetto più importante, se non l’esperienza stessa, soprattutto dal punto di vista umano. Sto imparando a vedere le cose da una prospettiva diversa rispetto a come sono solito vederle, un bel punto di partenza. Vincere non vuol dire vincere e non vincere non vuol dire perdere, la sfida sarà quella di creare a livello discografico qualcosa che possa durare nel tempo e far sentire le mie canzoni al di là di questa bella cornice, credo che la vera competizione inizi non appena il Festival finisce».
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Nico Donvito
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