venerdì 22 Novembre 2024

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Dalida, il ritratto a trentadue anni dalla scomparsa

Omaggio all’indimenticata interprete italo-francese, conosciuta ed apprezzata a livello internazionale

Certe voci non si dimenticano, superano la prova del tempo fino a trasformare gli artisti in vere e proprie icone. Tra di loro figura Dalida, protagonista indiscussa della scena musicale europea sin dalla metà degli anni ’50, fino ai primi anni ’80. Con la sua eleganza e la sua femminilità ha segnato un’epoca, dettando mode e incidendo canzoni che sono entrate di diritto a far parte della vita di intere generazioni. Carismatica ma al tempo stesso sensibile, nel corso della sua esistenza ha vissuto momenti difficili e travagliati, al punto da causarle un profondo malessere con cui ha convissuto per diversi anni, mentre nel frattempo faceva incetta di premi e prestigiosi riconoscimenti, arrivando a vendere oltre 170 milioni di dischi in tutto il mondo.

Nata a Il Cairo il 17 gennaio del 1933 da genitori calabresi, Iolanda Cristina Giliotti respira musica sin da bambina grazie a suo papà violinista. All’età di diciassette anni vince il concorso di Miss Egitto, titolo che le spalancherà le porte del cinema permettendole di recitare in popolari pellicole dell’epoca come “La regina delle piramidi”, “La maschera di Tutankhamon” e “Un bicchiere, una sigaretta”.

Decide di lasciare il suo Paese natio per tentare la carriera di attrice in Europa, nel 1954 si trasferisce a Parigi e sceglie il nome d’arte Dalila (ispirato al film “Sansone e Dalila”), per poi modificare in Dalida che suonava più orecchiabile. Un giorno si esibisce come cantante in un locale e scopre la sua innata predisposizione che la porterà ad incidere le prime cover “Madona” e “Bambino”, arrivando a vincere il suo primo disco d’oro.

Il successo è immediato e travolgente. Seguono una serie di hit quali “Come prima”, “Piove”, “Gli zingari”, “O sole mio”, “Nel blu dipinto di blu”, “Romantica”, “La danza di zorba”, “Milord”, “La vie en rose”, “Il silenzio”, “Uomo vivo”, “Casatchok”, “24 mila baci”, “Cuore matto”, “Tua moglie”, “Gigi l’amoroso”, “Parole parole”, “Bang bang” e tanti altri pezzi che vengono rigorosamente interpretati in diverse lingue, mostrando il suo versatile talento poliglotta.

In uno dei suoi viaggi in Italia incontra Luigi Tenco, con cui condividerà una storia d’amore clandestina oltre che la partecipazione al Festival di Sanremo nel 1967 con Ciao amore ciao, sfociata in tragedia. Sulla vicenda non è mai stata fatta reale chiarezza, ma Dalida resta profondamente colpita dal suicidio del cantautore genovese, tant’è che tenta di togliersi la vita qualche settimana dopo in un albergo parigino, proprio nella camera dove aveva soggiornato con lo stesso Tenco prima del Festival.

https://www.youtube.com/watch?v=CpABSplgh20

Dopo un periodo di convalescenza torna sulle scene ottenendo sempre riscontri positivi, sia di critica che di pubblico, piazzando singoli in classifica come “Mama”, “L’ultimo valzer” e “Dan, dan, dan”. Il 18 giugno del 1968 il presidente Charles de Gaulle le conferisce il titolo di Commendatore delle Arti, delle Scienze e delle Lettere, mentre qualche mese più tardi è la prima donna della storia a ricevere la medaglia della Presidenza della Repubblica Italiana.

Negli anni interpreta numerosi brani dei nostri più grandi cantautori, da Gino Paoli a Paolo Conte, passando per Lucio Dalla, Bruno Lauzi, Umberto Bindi, Piero Ciampi, Ivano Fossati, Pino Donaggio e Toto Cutugno, oltre a musicisti del calibro di Ennio Morricone e Nino Rota. Insieme a Edith Piaf e Charles Aznavour, Dalida è l’artista che ha maggiormente nobilitato la musica leggera transalpina nel secolo scorso, con le sue canzoni si è aggiudicata numerose certificazioni e riconoscimenti internazionali, tra cui ben due Premi Oscar.

Successo che non riuscirà mai a guarire le ferite della sua anima, fino a quel 3 maggio 1987, giorno in cui decide di togliersi la vita per porre fine alle proprie sofferenze. Di lei restano le opere e le sue magistrali interpretazioni, riflessi di un incommensurabile talento che niente e nessuno potrà mai mettere in discussione. A trentadue anni dalla sua scomparsa, la musica resta il miglior modo per ricordarla e per restituire un tocco di lucentezza al suo cielo stellato.

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.