A tu per tu con il cantautore milanese, in uscita con il suo nuovo Ep “Leonardo Da Vinci in Pop”
Un’opera interessante quella proposta da Marco Di Noia, intitolata “Leonardo Da Vinci in pop”, l’Ep che rende omaggio al noto e poliedrico artista italiano, esattamente a cinquecento anni dalla sua morte, avvenuta il 2 maggio del 1519. Inventore, scienziato, filosofo, architetto, pittore, scultore, disegnatore, scenografo, anatomista, botanico, musicista e tanto altro ancora, in questo lavoro il cantautore milanese mette in luce anche l’aspetto umano di Leonardo Da Vinci, quello che forse conosciamo di meno
Ciao Marco, partiamo da “Leonardo Da Vinci in pop”, com’è nata questa idea e come l’hai sviluppata?
«Leonardo è sempre stato per me un personaggio di riferimento, se non fosse che sono nato in un ospedale affacciato su Santa Maria delle Grazie, per un milanese è difficile ignorare il lascito di Leonardo, al punto che lo stesso Museo Nazionale della Tecnica e della Scienza è intitolato a suo nome. Nel mio precedente lavoro, insieme a Stefano Cucchi è Andrea Messieri, abbiamo fatto un’opera di ricerca sugli strumenti rari, toccando anche la famiglia di Sangineto, esperti liutai che hanno ricostruito ben tre strumenti di Leonardo (l’organo di carta, la viola organista e la piva a vento continuo, ndr) così ho cominciato a pensare ad un’opera a lui dedicata in occasione di questo cinque centenario, una ricorrenza che ha velocizzato un’operazione che, in realtà, avevo in testa da tempo».
Ancora oggi i codici leonardeschi sono motivo di studio e di ispirazione, perché con il suo passaggio su questa terra Da Vinci ha davvero lasciato un segno tangibile, probabilmente il mondo non sarebbe stato lo stesso senza il suo genio. Quindi ti chiedo, tra le tante, qual è la caratteristica che da sempre più ti colpisce di Leonardo?
«In questo Ep ho cercato di non considerare soltanto il Leonardo mito, diventato una figura di riferimento artistica a 360°, ma anche l’aspetto umano. Avendone approfondito la biografia, ho trovato una persona che non è poi così perfetta, anzi, un uomo che ha fatto dell’errore sia un culto, che il proprio punto di forza. Da taluni era considerato come il genio inconcludente, quindi questa sua umanità è la parte che mi affascina di più, così come gli aspetti esoterici e misteriosi dei codici che hai citato, al di là delle varie citazioni o pseudo tali di Dan Brown ne “Il codice Da Vinci”.».
Se un genio come Leonardo nascesse oggi, secondo te, verrebbe compreso dall’attuale società oppure il destino dei visionari è sempre quello di essere capiti e apprezzati dai posteri?
«Sì, lui nella sua epoca non era stato capito appieno, era noto ma non così celebre come lo è adesso, perché i suoi disegni sono stati divulgati dopo la sua morte. Di questo lui ne soffriva e, personalmente, credo che in questa società patirebbe ancora di più, perché tutto è strettamente legato al marketing, per commercializzare un prodotto hai bisogno di determinate caratteristiche che diano a chi deve vendere delle certezze. Un personaggio eclettico come Leonardo sicuramente ne soffrirebbe ancora di più, la storia ci insegna che i più grandi sperimentatori sono stati spesso scoperti dopo, prendi Van Gogh che in vita ha venduto un solo quadro. Oggi come oggi, Da Vinci sarebbe una stella del pop, perché i suoi lavori sono diventati una sorta di merchandising, dall’orologio dell’Uomo Vitruviano alle cover dei telefonini con “La dama con l’ermellino”, piuttosto che le varie rappresentazioni della “Gioconda”, sia nella letteratura che nella cinematografia. Mi perdoni Michael Jackson ma, secondo me, Leonardo è il re del pop moderno».
Qual è il tuo pensiero sul mondo che ci circonda oggi?
«Non vorrei essere sempre disfattista, ma è un mondo che gira troppo attorno al “dio denaro”, questo chiaramente non lo scopro io ma, da artista emergente e sperimentale, ne ho varie prove, ad esempio nel riuscire a trovare una location adatta per girare il videoclip del singolo ho ricevuto diverse porte in faccia. Fortunatamente, ci sono anche persone disposte a promuovere qualcosa di diverso, il primo che mi viene in mente è Riccardo Vitanza, da sempre mi sostiene nonostante io non sia Zucchero o Ligabue, giusto per citare due degli artisti che segue, però si tratta di mosche bianche, la norma in Italia è tutt’altro. Pensa che quando ho realizzato “Elettro Acqua 3D” gli aiuti li ho ricevuti dall’estero, da artisti che suonano per i Daft Punk, i Radiohead e i Gorillaz, musicisti che per questo progetto hanno messo il loro impegno ed i propri strumenti».
Dunque, avendone la possibilità, rinasceresti in questa precisa epoca o c’è un particolare momento storico che ti affascina, che consideri più vicino al tuo stile di vita e al modo di intendere la musica?
«Come persona mi affascina parecchio il medioevo, chiaramente nascendo da ricco (sorride, ndr), da cantante e musicista non posso non pensare a quel fantastico periodo che và dagli anni ’60 agli anni ’80, dove c’era la musica progressiva che veniva capita e divulgata anche in Italia, non c’era la crisi del settore discografico, i cantautori andavano e c’era uno spirito artistico anche da parte del pubblico, c’era una maggiore richiesta culturale, un fermento che personalmente mi ha sempre molto affascinato».
Riguardo al tuo percorso artistico, credi di aver raggiunto il giusto equilibrio tra chi sei e chi vorresti essere?
«Sono una persona estremamente eclettica, ho iniziato in un modo e poi ho cercato di fare qualcosa di diverso, perché mi piace variare e fare esperienze differenti. Artisticamente penso di aver trovato una determinata maturità, soprattutto per quanto riguarda i testi, dotandoli di un capo di una coda, costruendoli con un apporto scientifico. A livello di genere penso comunque di aver trovato la mia strada, ma non è detto che io nei prossimi lavori non possa variare qualcosa, proprio per la volontà di sperimentare ed esplorare cose nuove».
Per concludere Marco, dove e a chi desideri arrivare attraverso la tua musica?
«Questa è una domanda teoricamente semplice, in realtà molto difficile. Personalmente cerco di creare qualcosa che abbia innanzitutto una lettura ideale per me stesso, chiaramente molte cose possono non essere capite, colte e comprese fino in fondo. Per risponderti, direi che mi piacerebbe arrivare a più persone possibili che possano leggere e ascoltare con attenzione quello che propongo. L’ideale sarebbe riuscire a progettare qualcosa che possa piacere sia a livello critico agli addetti ai lavori che a livello popolare, questo penso sia l’ambizione ideale per chiunque».
© foto di Francesca Pietropolli
Nico Donvito
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