venerdì 22 Novembre 2024

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Cecilia Quadrenni: “Bisogna ritrovare il coraggio di mostrarci per ciò che siamo” – INTERVISTA

A tu per tu con la cantautrice toscana, in uscita con il suo nuovo singolo intitolato “Esco nuda

La nudità intesa come rappresentazione della propria essenza, questo il messaggio che traspare attraverso le righe e le note di “Esco nuda”, il nuovo singolo di Cecilia Quadrenni, un brano che riflette la condizione di ogni singola persona, costantemente soggetta ad influenze esterne e al giudizio degli altri. “Essere o non essere se stessi” verrebbe da dire, prendendo spunto dal noto amletico dubbio shakespeariano, un argomento sapientemente e perfettamente sviscerato dalla cantautrice toscana.

Ciao Cecilia, benvenuta. Partiamo dal tuo ultimo singolo “Esco nuda”, cosa racconta?

«”Esco nuda” è il risultato di un sogno ricorrente che ho sempre avuto, quello di ritrovarmi senza vestiti in mezzo a una strada o in posti particolari, parlando con le persone ho sentito che è un sogno abbastanza comune, capitato anche ad altri. Mi sono interrogata sul fatto che rappresentasse un momento della mia vita caratterizzato dal volermi mostrare per come sono realmente ma, al tempo stesso, affrontare la vulnerabilità, la paura di non venire accettati e di essere criticati. Mi sono resa conto che siamo un po’ tutti nello stesso sistema, soprattutto in questo momento attraverso i social network si è diffusa questa voglia di essere diversi, mentre questo brano invita a sfidare noi stessi, guardare in faccia alla realtà e avere il coraggio di mostrarci per ciò che siamo».

In tal senso, nella società in cui viviamo, secondo te, siamo ancora liberi di seguire l’istinto oppure siamo un po’ tutti condizionati dai giudizi e, talvolta, dai pregiudizi altrui?

«Assolutamente seguiamo sempre meno l’istinto, secondo me. L’istinto è la parte più vera di noi, più ancestrale e animale, che ultimamente tendiamo a soffocare in nome di mode e qualcosa che alla fine non ci appartiene, diventando un po’ degli schiavi di un sistema, prendendo la concezione di noi stessi».

Dal punto di vista musicale, invece, quali sonorità hai voluto abbracciare?

«Dal punto di vista musicale mi piace molto il mondo elettronico, allo stesso tempo il contrasto con una vena più tradizionale, anche perché provengo da studi classici. Secondo me la voce è lo specchio dell’anima, più di quanto si dice degli occhi, per questo motivo mi piace che abbia un ruolo importante all’interno della canzone, che abbracci e sposi alla perfezione l’intero arrangiamento».

Cosa avete voluto trasmettere attraverso le “bianchissime” immagini del videoclip diretto da Serena Corvaglia?

«Il bianco richiama un po’ il senso del sogno, l’ambiente onirico ed evocativo, abbiamo voluto semplicemente mettere in evidenza la confusione mentale che mi caratterizza (sorride, ndr) attraverso una stanza un po’ disordinata, alternando la mia presenza con quella di un’altra ragazza che rappresenta il mio alter ego, una parte di me, fino a che lei si trasforma sul finale in un cartone animato, mostrando di avere il coraggio di essere realmente se stessa».

Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?

«La predisposizione per la musica caratterizza tutti sin da bambini, la vera passione subentra dopo quando si intuisce di volerla trasformare in un vero e proprio lavoro, facendo anche dei sacrifici. Crescendo mi sono accorta che tutto per me ruotava attorno alla musica, col tempo ho capito che andava oltre il semplice gioco, per cui ho intrapreso il mio percorso di studi che mi hanno formato, tra cui canto e violino».

Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato il tuo percorso?

«Per quanto riguarda la musica italiana mi ha influenzato molto la musica di Pino Mango, aveva un modo di cantare così particolare che mi ha contaminato, ho sempre sentito con lui una vicinanza. Dal punto di vista internazionale, ho sempre amato i cantautori anni ’70, in particolare Simon & Garfunkel, mentre tra le cose più recenti adoro Stromae, questo giovanissimo cantautore belga che, secondo me, è un genio assoluto».

Oggi che rapporto hai con la musica? Ti reputi un’ascoltatrice versatile o tendi a cibarti di un genere in particolare?

«Sono abbastanza “autistica” nella musica, la vivo come un colpo di fulmine, indipendentemente dall’autore, se una canzone mi piace l’ascolto di continuo per mesi interi, per cui non spazio molto, mi capita di innamorarmi di brani bellissimi e di lasciarmi prendere completamente, a prescindere dall’epoca o dal resto. Sicuramente mi attraggono le belle voci».

Stai lavorando a nuove canzoni? Cosa puoi anticiparci sui tuoi prossimi progetti?

«Lanciare a breve un nuovo singolo e successivamente anche altri inediti, per poi unirli in un disco con altre cover e concretizzare il tutto in un live a cui sto lavorando. Ci saranno degli omaggi a Pino Mango, interpreterò sicuramene dei suoi pezzi, magari anche quelli meno conosciuti, tipo “La rosa dell’inverno” che amo molto, ma anche dei suoi classici, come la mia preferita in assoluto “Bella d’estate”».

Per concludere, dove e a chi ti piacerebbe arrivare attraverso la tua musica?

«Mi piacerebbe al cuore delle persone, non importa a quante, ma vorrei arrivare a quelle giuste. Chiunque si emozioni con la mia musica non può che rappresentare per me una grande gioia».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.