L’omaggio all’artista statunitense, celebre in Italia per i brani “Stasera mi butto” e “Sono tremendo“
Sono trascorsi 15 anni dalla scomparsa di Charles Roberts, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Rocky Roberts, artista statunitense che ha trascorso gran parte della sua vita in Italia, collezionando una serie di grandi successi a cavallo tra gli anni ’60 e ’70.
Nato il 23 agosto 1938 a Tanner, una piccola cittadina dello Stato dell’Alabama, comincia a lavorare come tuttofare sin dall’età di otto anni a causa della prematura scomparsa del padre. Successivamente si arruola in marina, per poi praticare pugilato per diversi anni. Dopo essere stato ferito gravemente ad un occhio, chiude definitivamente con la boxe, ma terrà sempre gli occhiali scuri per coprire la cicatrice, elemento che caratterizzerà la sua immagine nell’immaginario collettivo del pubblico internazionale.
Proprio in quel periodo, comincia per gioco ad esibirsi sulle navi da crociera, scoprendo un’ innata attitudine blues. Terminata la lunga gavetta sull’acqua, ottiene i primi agganci discografici a partire dagli anni ’60, incide i suoi primi lavori col nome di Rocky Roberts and The Airedales, band di supporto dove suonava il basso anche Wess, altra conoscenza del mercato musicale italiano.
Dopo aver ottenuto un buon successo in patria, approda in Europa, in particolare in Francia, dove nel ’64 si aggiudica il campionato internazionale di rock ‘n’n roll, organizzato a Cannes. L’anno successivo viene notato da Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, che lo portano in Italia affidandogli la famosa sigla del loro programma radiofonico “Bandiera gialla”.
Trasferitosi a Roma, impara l’italiano e nel 1967 pubblica quello che è considerato il suo vero e proprio cavallo di battaglia, vale a dire “Stasera mi butto”, brano che si aggiudica la vittoria del Festivalbar dello stesso anno. Diciotto settimane in classifica, migliaia di dischi venduti e un musicarello con protagonisti attori del calibro di Giancarlo Giannini, Enrico Montesano, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
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Nello stesso periodo incide “Django” per la colonna sonora dell’omonimo film di Quentin Tarantino e altri brani che riscuotono riscontri positivi, quali “Per conquistare te”, “Se l’amore c’è” e “Just because of you”, ma la defenitiva consacrazione arriva con “Sono tremendo”, altra hit che lo porta a partecipare al Festival di Sanremo per due anni consecutivi, nel 1969 in coppia con Robertino con la canzone “Le belle donne” e nel 1970 insieme a Il Supergruppo con il brano “Accidenti”.
In riviera ci tornerà molti anni più tardi suo figlio Randy, che parteciperà tra le Nuove Proposte della nota kermesse canora nel 1997 con “No stop”. Dopo un periodo di spola tra Italia e America, si stabilisce definitivamente in Italia negli anni ’90, dove continua la sua attività tra concerti ed ospitate televisive, fino a quel 13 gennaio del 2005, giorno in cui ci lascia stroncato da un tumore, dopo aver combattuto per diverso tempo, proprio come faceva da ragazzo sul ring.
Nico Donvito
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