venerdì 22 Novembre 2024

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Moonage: “Vorremo che la musica tornasse in mano ai musicisti” – INTERVISTA

A tu per tu con la band milanese, in uscita con il loro nuovo singolo intitolato “Portogallo

Reduci dalla pubblicazione di “La notte se ne va” e “Serena”, è tempo di nuova musica per i Moonage, gruppo musicale nato nel 2016 composto da: Idra (voce principale, chitarra solista), Nik Fade (tastiere, seconde voci), Costa Terranova (basso, voce solista) e Alex Lisi (batteria). “Portogallo” è il titolo del loro terzo inedito, disponibile in rotazione radiofonica e su tutte le piattaforme digitali a partire dallo scorso 5 giugno.

Ciao ragazzi, benvenuti. Partiamo dal vostro nuovo singolo intitolato “Portogallo”, cosa racconta? 

«Il titolo “Portogallo” è una metafora per descrivere il luogo in cui tutti vorremmo fuggire, la canzone è dedicata a tutte quelle persone che vogliono scappare, evadere, fuggire, rincorrere i propri sogni, ma che poi tra una cosa e l’altra restano nella loro “comfort zone”». 

A livello musicale, quali sonorità avete scelto di abbracciare in questo vostro terzo inedito? 

«La canzone rappresenta il primo esperimento verso un sound più evoluto e personale, prendendo spunto dalla scena musicale inglese e australiana». 

C’è una frase che, secondo voi, rappresenta e sintetizza al significato dell’intero brano? 

«“Ma resto a casa a ballare” è forse la frase più rappresentativa. Arrivi a settembre dopo un’estate e ti tocca rientrare nell’odiosa routine quotidiana, finché pian piano ritorni ad essere quella persona terribile che eri prima di partire e di abbronzarti. Poi una sera scorri le foto nella galleria, riaffronti quell’ondata di ricordi e ti chiedi “ma perché non vado a vivere lì, nel mondo dei miei sogni, quasi quasi adesso scappo”. Ma alla fine non scappi mai». 

Facciamo un salto indietro nel tempo, come vi siete conosciuti e quando avete avuto l’idea di mettere insieme il vostro gruppo? 

«Dipende da quanto abbiamo bevuto: al primo drink, ci siamo conosciuti in parte a Milano, in parte in Australia; tra il secondo e il terzo drink la storia prende una svolta inaspettata, dal quarto drink in poi… non ce la ricordiamo». 

Quali ascolti hanno influenzato e accompagnato il vostro percorso? 

«Siamo passati da un ascolto massiccio di funk-disco moderno (Parcels, Daft Punk) ad un ventaglio di gruppi indie-rock e alternative internazionali molto variegato: da Tame Impala, Foster The People, Jungle fino a Cage The Elephant e Portugal The Man». 

A cosa si deve la scelta del vostro nome d’arte? 

«All’adolescenza di Nik (il pianista). Era innamorato il ragazzo e, si sa, la Luna ti ammazza se sei innamorato. In più era morto David Bowie poco prima che lo scegliessimo. David Bowie era il nostro mito. “I’m an alligator, I’m a mama-papa coming for you, I’m the space invader,I’ll be a rock ‘n’ rollin’ bitch for you”, testo di Moonage Daydream, credo sia la frase che rappresenti meglio il nostro approccio alla musica». 

Con quale spirito vi affacciate all’attuale settore discografico? Come valutate il livello generale del mercato musicale nazionale? 

«Vorremo che la musica tornasse in mano ai musicisti. C’è tanta quantità, ma a nostro parere sempre meno qualità, ci sembra eccessivamente standardizzato e appiattito da esigenze di mercato ben precise. Il nostro obiettivo è quello di sovvertire questo ordine e di elevare questo standard richiesto dal pubblico». 

L’emergenza sanitaria Covid-19 ha mutato, seppur momentaneamente, la nostra quotidianità. Come state vivendo tutto questo e quali aspetti vi mancano di più della dimensione live? 

«La dimensione live per noi è fondamentale per poter mettere in mostra tutta la nostra energia, il fatto di non poter suonare in pubblico per tanto tempo ci penalizza. Ma nonostante ciò non siamo riusciti a stare con le mani in mano e abbiamo prodotto del materiale da casa con delle canzoni per la quarantena, tutte raccolte sul nostro profilo Instagram». 

Dopo “La notte se ne va”, “Serena” e “Portogallo”, cosa dobbiamo aspettarci dalla vostra nuova musica? 

«La giungla. Dovete aspettarvi la giungla. Vi ci porteremo dentro pian piano e forse non ve ne accorgerete nemmeno, ma dateci tempo e il nostro sound diventerà un groviglio di suoni distanti, lo scorrere di un fiume, la prossimità di un’oasi, e la sensazione che ti lascia addosso l’aria dell’alba dopo una notte piena di pericoli». 

Per concludere, a chi si rivolge oggi la vostra musica e a chi vi piacerebbe arrivare in futuro? 

«La nostra musica è rivolta a chi ha bisogno di muoversi e di trovare sempre una nuova meta, non a caso in Serena, il nostro primo singolo, riassumiamo proprio questo concetto: “Un altro giorno un’altra fuga dal reale, sempre un passo avanti in questa direzione che l’altrove è un po’ la dose dell’umanità”».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.