A tu per tu con il duo musicale, in uscita con il nuovo singolo intitolato “Saturno non aspetta“
Ciao ragazzi, benvenuti. Partiamo dal vostro nuovo singolo “Saturno non aspetta”, cosa racconta?
«Abbiamo voluto raccontare del tempo che passa e di quanto la vita sia fatta di tanti piccoli attimi, ognuno perfetto a modo suo. In ogni attimo sprigioniamo un nostro io che viene immancabilmente divorato dal tempo e quello che ci rimane è solo un ricordo dolce e nostalgico».
C’è una frase che, secondo voi, rappresenta e sintetizza al meglio il senso dell’intera canzone?
«Il mantra della canzone “ho già nostalgia di tutto quello che non siamo più” racchiude tutto il senso attorno al quale si sviluppano tutta una serie di immagini».
A livello musicale, quali sonorità avete voluto abbracciare?
«Già con “I giorni di Ulisse” abbiamo sperimentato una nuova strada che abbiamo ripercorso con “Saturno non aspetta”. Siamo partiti da una voce ed una chitarra acustica per poi costruire un mondo più vicino a noi e alle sonorità più elettroniche. Dentro ci abbiamo messo un po’ di amore verso band a noi care come Air e Morcheeba».
Dal punto di vista narrativo, cosa aggiungono le immagini del videoclip ufficiale?
«Era da un po’ di tempo che volevamo “impiegare” Elsa, la nostra primogenita, in un video anche perché ci siamo resi conto che è naturalmente portata per questo tipo di cose e con Saturno non aspetta il momento giusto è arrivato. Ci siamo resi conto che il testo del brano, che racconta un punto di vista piuttosto maturo e consapevole, cantato da una bambina innocente, gioiosa e spensierata diventava un messaggio più potente. Il risultato è, secondo noi, struggente… ed è proprio quello che volevamo».
Facciamo un breve salto indietro nel tempo, come vi siete conosciuti e quando avete deciso di mettere in piedi il vostro progetto musicale?
«Io e Luca ci conosciamo da quando eravamo poco più che adolescenti. Abbiamo militato nella nostra prima band pop rock, gli ultraviolet, a Bari, la nostra città natale, per poi arrivare ad un approccio più elettronico con Serpenti, una volta che ci siamo trasferiti a Milano».
Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato i vostri rispettivi percorsi?
«La cosa curiosa è che abbiamo dei punti assolutamente in comune ed ascolti che invece ci differenziano tantissimo. Diciamo che in comune abbiamo Depeche Mode, Garbage, U2, Blur, Oasis, Soulwax, Morcheeba, Air, Marylin Manson. Ascolti per me fondamentali sono stati Blondie, Siouxie and the Banshees, Cocteau Twins, Blondred Head, mentre Luca: Red hot chili peppers, Chemical Brothers, Jeff Buckley, Coldplay».
Come avete vissuto il lockdown e con quale spirito state affrontando questa ripartenza?
«Col lavoro che facciamo, il lockdown non ha avuto grosse ripercussioni sulla nostra routine quotidiana… facendo molta vita da studio! Certo non poter vedere amici e familiari ci è pesato in alcuni momenti ma ci siamo dati manforte l’uno con l’altra e possiamo dire di essercela cavata piuttosto bene. Ora stiamo cercando di mettere a frutto quello che abbiamo portato avanti durante la quarantena e un po’ come tutti ci stiamo abituando a questa “nuova” normalità anche perché siamo un po’ restii a fare progetti a lungo termine… ogni volta che ne facciamo uno ne succede una… per cui meglio pensare a stare bene oggi!».
Al netto dell’attuale incertezza incertezza dovuta al momento, quali sono i vostri attuali progetti in cantiere? Cosa dobbiamo aspettarci a riguardo?
«Ora stiamo portando avanti questi appuntamenti singoli con il nostro pubblico per focalizzare l’attenzione su ogni canzone che facciamo. Ci mettiamo davvero tanta cura a “chiudere un pezzo” , come si dice in gergo, e sarebbe un peccato che, facendo uscire un album intero, qualche canzone venga percepita come riempi-album e non riceva la giusta visibilità. Per il resto speriamo di ritornare presto dal vivo, su un palco, davanti ad un pubblico che poi è dove siamo nati e cresciuti».
Per concludere, a chi si rivolge la vostra musica e a chi vi piacerebbe arrivare in futuro?
«Da quello che percepiamo, la nostra musica arriva ad un pubblico piuttosto adulto, nostro coetaneo. Credo che questo sia normale… parliamo la stessa lingua e viviamo le stesse sensazioni! Sarebbe bello arrivare ad un pubblico più giovane… è bello contaminarsi e sentire campane diverse! D’altro canto anche noi abbiamo ascolti che rasentano la schizofrenia (ride, ndr)».
Nico Donvito
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