A tu per tu con la giovane band milanese, vincitrice della sessantatreesima edizione del Festival di Castrocaro
Si sono fatti notare nel corso dell’ultime edizione del Festival di Castrocaro aggiudicandosi la vittoria finale, i Watt, al secolo: Greta Elisa Ravelli Rampoldi, Matteo Ravelli Rampoldi, Luca Corbani e Luca Vitariello. Sul palco della storica manifestazione rivolta alle voci nuove, la band milanese ha presentato l’inedito “Fiori di Hiroshima”, cimentandosi anche nell’esecuzione delle cover di “Rolls Royce“ di Achille Lauro e “Vacanze romane“ dei Matia Bazar, conquistando il titolo performance dopo performance, aggiudicandosi di diritto l’accesso tra i semifinalisti di Sanremo Giovani. Approfondiamo la loro conoscenza.
Ciao ragazzi, benvenuti. Partiamo dall’avventura di Castrocaro appena conclusa, vittoria a parte, cosa vi ha lasciato questa esperienza?
«Sicuramente è stato un grande passo, è la prima volta che partecipiamo a un format televisivo e abbiamo appreso molte dinamiche del settore, che sicuramente ci saranno utili in futuro. Abbiamo conosciuto persone stupende e musicisti di livello, che è sempre bello, il ricordo di questi giorni di prove e riprese rimarrà per sempre».
E’ stata un’edizione particolare, segnata dal distanziamento sociale, voi come l’avete vissuta?
«Tutto sommato bene. Ormai noi, come tutta Italia, abbiamo imparato a viverla come normalità, anche se sperando di tornare presto a quella vera di normalità. L’unico momento dove la questione del distanziamento ci ha limitati davvero è stato l’annuncio della vittoria… avremmo voluto saltarci addosso tutti dalla felicità!».
Siete giovanissimi ma con un’identità già ben definita, pensate di aver raggiunto un vostro stile o vi considerate ancora in evoluzione?
«Siamo molto giovani, per cui sicuramente siamo in continua evoluzione. Adoriamo la musica che stiamo scrivendo ora e il suo stile, ma sicuramente cambierà sempre e in meglio».
“Fiori da Hiroshima” è l’inedito presentato sul palco di Castrocaro, com’è nato?
«È nato da un giro di chitarra registrato al volo sul cellulare, circa un anno fa. Abbiamo subito costruito l’impalcatura musicale e poi abbiamo dato spazio al testo. Era un momento piuttosto complicato per noi e sentivamo diverse pressioni addosso, oltre al nostro essere già complicato di nostro in quanto adolescenti, quindi abbiamo deciso di scrivere un testo che parlasse di come viviamo noi ragazzi, nei nostri problemi, delle nostre preoccupazioni e di quanto queste possano essere nascoste anche da un semplice sorriso».
Facciamo un breve salto indietro nel tempo, come vi siete conosciuti e quando avete deciso di dare vita al vostro progetto discografico?
«Abbiamo sempre frequentato lo stesso oratorio. Quando abbiamo scoperto di avere tutti questa passione in comune abbiamo deciso di riunirci e provare a fare qualcosa assieme. Era il 2013 ed eravamo molto piccoli, per noi era un gioco. Nel corso del tempo, coscienti del fatto di voler vivere di musica, abbiamo deciso di dedicare tutti noi stessi alla riuscita del progetto Watt».
Quali ascolti hanno segnato e accompagnato la vostra crescita?
«Sicuramente l’intera discografia di Caparezza ci ha influenzati tantissimo, è l’artista che più di tutti ci mette d’accordo. Ognuno, poi ha le proprie passioni, i Pooh per Luca, Bruce Springsteen per Vita, i Muse per Greta e Matteo, ma a noi piace spaziare e ascoltare davvero tutto, dalla trap alla musica classica».
Al netto dell’attuale incertezza dovuta al momento così particolare, quali sono i vostri progetti in cantiere?
«Siamo in un momento di continua produzione, stiamo scrivendo un sacco di brani e non vediamo l’ora di farli ascoltare a tutti».
Pensate di avere già tra le mani il pezzo da proporre alla commissione di Sanremo Giovani 2020?
«È un segreto, abbiamo molti pezzi che reputiamo forti, ma forse quello per Sanremo ancora non è stato scritto, chissà».
Per concludere, a chi si rivolge oggi la vostra musica e a chi vi piacerebbe arrivare in futuro?
«Ci piace rivolgerci ai nostri coetanei. Il nostro obiettivo è fare emozionare qualcuno, migliorare le giornate di chi ci ascolta, essere la colonna sonora delle gioie altrui».
© foto di Federico Guberti
Nico Donvito
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