A tu per tu con il talentuoso cantautore palermitano, in gara ad AmaSanremo con il brano “Regina”
Lo avevamo conosciuto nel corso della nona edizione italiana di X-Factor Davide Shorty, lo ritroviamo in occasione della sua partecipazione ad AmaSanremo, spin-off di Sanremo Giovani. “Regina” è il titolo del brano presentato in concorso, scritto insieme ad Emanuele Triglia, Claudio Guarcello e Davide Savarese, prodotto e mixato da Tommaso Colliva. Approfondiamo la sua conoscenza.
Ciao Davide, benvenuto. Partiamo da “Regina”, brano con cui parteciperai ad AmaSanremo, com’è nato e cosa rappresenta per te?
«Ho scritto “Regina”, 2 anni fa, durante una bellissima storia d’amore che, nonostante sia finita, mi ha lasciato tanti ricordi di cui poter fare tesoro. É una canzone che parla di vita vera, per dare forza ad una persona amata, spiegandole che dietro le sue insicurezze e dietro i traumi della vita, c’é molto di più, una vera e propria regina. Spero che tante ragazze possano ritrovarsi e trarne forza e fiducia in se stesse».
C’è una frase che, secondo te, rappresenta e sintetizza al meglio il senso dell’intera canzone?
«“Navigo la mente per frasi con senso logico” nella strofa rap. É la storia della mia vita! Non faccio altro che passare il mio tempo sempre alla ricerca delle parole giuste per spiegare la bellezza».
Un pezzo composto da te insieme a Emanuele Triglia, Claudio Guarcello e Davide Savarese, prodotto da Tommaso Colliva. Come siete arrivati a questo risultato sonoro e come ti sei trovato a lavorare con loro?
«La mia famiglia acquisita, la Straniero Band! Tra i migliori musicisti che abbia mai conosciuto, poter collaborare con loro e poterli chiamare fratelli é un vero privilegio. Il brano ha preso forma vicino al Lago Maggiore a fine Settembre del 2018, quando il nostro amico Andrea Guarinoni, ci ha invitato nel suo piccolo studio immerso nel bosco. Lì abbiamo passato una settimana a suonare e a scrivere insieme. Il giorno in cui abbiamo scritto “Regina”, non riuscivamo a smettere di ascoltarla. Ad un certo punto io ho esclamato: “raga ma ve la immaginate a Sanremo!”.
Da li é partito tutto. Due anni più tardi ci serviva la persona giusta per poter vestire questo brano da serata di gala, e Tommaso Colliva é arrivato con estrema umiltà, ma con un’esperienza ed un gusto incredibili. Originariamente la produzione era mia, in collaborazione con i ragazzi della band e Tommaso si é dimostrato umile e molto rispettoso, molto attento a non snaturare il pezzo nel processo di rimetterlo in piedi. É riuscito addirittura a solidificarne lo spirito. La prima session per la sezione ritmica é avvenuta in remoto poco dopo la fine del lockdown, con me in connessione zoom da Londra, Davide Savarese ed Emanuele Triglia a Roma, al Jedi Sound Studio sotto la direzione di Tommaso.
Claudio Guarcello prontissimo a Palermo nel registrare le tastiere guida lo stesso giorno per poi recarsi qualche settimana dopo a Milano per le take definitive. Un altro fratello acquisito, Alessandro Donadei (chitarrista Barese) ha registrato da remoto delle chitarre a dir poco perfette. Ad Agosto mi sono ritrovato in un vero e proprio tour de force, per le prime date dopo mesi di fermo, da Londra a Torino, poi a Palermo, passando per Milano, Bari e di nuovo Palermo (in qui mi sono finalmente fermato per una piccola vacanza).
In quella tappa a Milano sono riuscito ad andare da Tommaso per registrare le voci definitive, quasi stremato dai viaggi, ma con una voglia matta di spaccare il microfono. L’energia di Tommaso e del suo studio é stata davvero determinate (vedere il suo Grammy sulla mensola e gli innumerevoli dischi d’oro e di platino mi ha fatto un certo effetto). Infine Tommi ha affidato l’arrangiamento degli archi al talentuosissimo maestro Carmelo Patti, che ha messo davvero la ciliegina sulla torta. Come mi sono trovato? Penso sia ovvio! Mi sento davvero fortunato a poter raccontare questa storia».
Facciamo un breve salto indietro nel tempo, quando e come ti sei avvicinato alla musica?
«Ho sempre avuto un pianoforte a casa, che per me era una calamita.Pian piano mi sono reso conto che cantare era proprio un bisogno e che prima o poi lo avrei voluto fare sul serio. Mio zio suonava la chitarra e il piano, ogni volta che andavo a casa sua, mi sembrava un parco giochi! Poi ad circa 11 anni ho conosciuto il rap. Grazie ad un amico iniziai ad ascoltare Tupac, Eminem, e da li cominciai a improvvisare le prime rime ed andai alla ricerca di un programma per farmi le basi da solo».
Quali artisti e quali generi hanno accompagnato e influenzato la tua crescita?
«Tantissimi. Tra quelli più contemporanei adoro, Kendrick Lamar, J Cole, Robert Glasper ed Anderson.Paak. Nel corso degli anni ho ascoltato tantissimo Jazz: Chet Baker, John Coltrane, Miles Davis, la voce di Nat King Cole. Per non parlare del soul di Marvin Gaye, o del grande Bob Marley. O del suono di J Dilla, degli A Tribe Called Quest, ma per quanto riguarda l’Italia anche Neffa, Tormento fino ad arrivare a Madbuddy e Ghemon. A casa si ascoltava tanto cantautorato Italiano, da Lucio Battisti a Fabio Concato, i classici del rock, dai Led Zeppelin ai Pink Floyd, ma ammetto che l’hip hop sia Italiano che Americano sono stati fondamentali perché, grazie ai campioni contenuti nelle basi, ho potuto conoscere la storia di musica meravigliosa e successivamente ho potuto soddisfare il mio bisogno di giocare con le parole».
Nel 2015 partecipi alla nona edizione di X Factor, classificandoti al terzo posto. Cosa ti ha lasciato quell’esperienza?
«Mi ha lasciato tante belle amicizie che coltivo ancora, ma anche una bella batosta. Quando vai in televisione e sei così esposto, alcune delle persone a te più vicine cambiano radicalmente atteggiamento nei tuoi confronti. Molti invece, persone che non ti avrebbero mai dato un centesimo, cominciano a dire “l’abbiamo sempre saputo!”. L’esperienza in sé é stata molto positiva, ma il dopo mi ha proprio stroncato. Pian piano ho capito chi e cosa non volevo essere, ma soprattutto che l’amor proprio é fondamentale per star bene nel mondo. Il contraccolpo e la risonanza che quel mondo mi ha dato é stata un’arma a doppio taglio, quindi mi ci é voluto un po’ per riprendermi. Ho combattuto per tanti mesi con la depressione, ma tutto ciò mi é servito per essere la persona che sono oggi, quindi non posso che essere grato per tutto, nel bene e nel male».
Quali skills pensi di aver acquisito trasferendoti in una metropoli artistica e ispirata come Londra?
«Sono sempre stato molto testardo, ma dovermi confrontare con un ambiente dove il livello é così alto mi ha sbattuto in faccia mille volte i miei limiti e mi ha forzato a superarli più volte. Il non sentirsi abbastanza e la sofferenza di essere lontano dalla mia zona di confort é stata la chiave per la mia crescita umana ed artistica».
Al netto dell’attuale incertezza dovuta al momento, quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere? Cosa dobbiamo aspettarci in futuro dalla musica di Davide Shorty?
«Sto ultimando il mio prossimo album da solista, e sto pazientemente aspettando il momento di poter tornare sul palco più forte di prima. Poterci riabbracciare varrà tutta l’attesa, nel frattempo non voglio smettere di studiare la musica e la vita, per essere la migliore versione di me stesso».
Per concludere, al di là del passaggio e della conseguente possibilità di calcare l’ambito palco dell’Ariston, quale sarebbe per te il riconoscimento più importante, il vero traguardo personale di questo tuo Sanremo Giovani?
«Aver portato non soltanto un pezzo di me e della mia vita in TV, al grande pubblico, ma soprattutto un genere musicale che in Italia fa tanta fatica ad emergere, e che finalmente sta iniziando a lasciare il segno. Tutto questo senza il minimo compromesso e lavorando con le persone a cui voglio bene. Questo é sicuramente il più grande traguardo».
© foto di Ambra Parola
Nico Donvito
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