A tu per tu con il cantautore napoletano, in uscita con il suo secondo album in studio intitolato “Femmena“
Tempo di nuova musica per Livio Cori (qui la nostra recente intervista), in uscita con il suo nuovo disco “Femmena”, composto da dieci tracce impreziosite dai featuring con Enzo Dong, Nicola Siciliano, Peppe Soks, Giaime e Sofi De La Torre. Un lavoro che unisce e amalgama l’approccio internazionale dell’R’n’B con l’istintività e la passionalità della canzone napoletana d’autore. Approfondiamo la sua conoscenza.
Ciao Livio, bentrovato. Partiamo da “Femmena”, come si è sviluppato il processo creativo di questo progetto?
«Il lavoro è cominciato a inizio anno, durante il lockdown ho cominciato a riordinare le idee. Il disco è nato come un concept, ho raccontato la mia vita sentimentale, parlando d’amore nel bene e nel male, ponendo la donna come unica musa ispiratrice».
Quali riflessioni e quali stati d’animo hanno accompagnato la fase di scrittura di questo lavoro?
«Non essendo propriamente un latin lover, molto probabilmente soffro più di quanto posso far soffrire (sorride, ndr), diciamo che a volte ci sto sotto parecchio. Quindi, il disco è carico di sentimenti anche abbastanza sofferenti, risultato di alcune relazioni che ho avuto. Neffa mi ripete spesso: “Quando gli artisti sono felici vanno a bere al bar, non si mettono a scrivere canzoni”. Ecco, io mi trovo completamente in accordo con lui».
Quali skills pensi di aver acquisito rispetto al tuo precedente disco d’esordio “Montecalvario” in questo ultimo anno e mezzo?
«Sicuramente arrivo molto più in alto con il falsetto (sorride, ndr), ho provato ad uscire dalla mia zona di comfort canora, dalle mie solite ottave, osando un po’ di più, concentrandomi, riassumendo a livello compositivo un determinato tipo di genere, asciugando un po’ di più rispetto al precedente disco. Ho sperimentato tanto, arrivando a smussare le linee e le curve per riuscire a concentrarmi su qualcosa di più definito».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?
«La musica ti toglie tanto, ma sempre per ridarti qualcosa. Fare il musicista è un grande sacrificio, soprattutto in Italia, dove o sei ricco o sei pazzo. Io non sono mai stato ricco (ride, ndr), ti lascio immaginare. Fare musica è una missione, negli anni ho imparato che è importante amare quello che fai, coltivare una passione è fondamentale nella vita, ti da una ragione e non ti porta a condurre una vita superficiale. La musica mi ha insegnato a vivere al massimo».
Intervista | Podcast
Nico Donvito
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