Ivana Spagna a tutto tondo da Sanremo alle grandi dive passando per canzoni e segreti
E’ stata per tanti anni una delle voci di punta della musica italiana sia in patria che in tutt’Europa scalando le classifiche con dei brani rimasti nella memoria di ognuno. Dopo la nostra ultima chiacchierata che ha ricordato i 25 anni del suo debutto in italiano con l’album ‘Siamo in due’ (qui per rileggerla) abbiamo chiesto ad Ivana Spagna di tornare a chiacchierare di canzoni e di momenti di vita. Ne è uscita un altro bello scambio di ricordi che partono dai 20 anni dell’album ‘Domani’ ma che arrivano all’infanzia, alla lunga gavetta nelle discoteche, ai Festival di Sanremo vissuti, alle accuse di plagio, ai segreti tenuti per tutti questi anni e alle impressioni su alcune grandi colleghe che hanno fatto, con lei, la storia della musica italiana.
Ivana, in questo 2020 ricorreva il ventennale di ‘Con il tuo nome’, il brano che hai portato in gara al Festival di Sanremo nel 2000. Quale valore attribuisci oggi a questa canzone?
<<E’ una canzone che ancora oggi mi da un’emozione fortissima. La faccio sempre nei miei concerti perché mi piace molto l’atmosfera che si crea con quel brano. Tra l’altro, quando lo scrissi, lo pensai con il suono delle cornamuse poi, però, non l’ho mai pubblicato in quella versione>>.
Perché?
<<Qualche settimana prima che andassi a Sanremo uscì Hevia che ebbe un grandissimo successo mettendo in risalto anche le cornamuse nei suoi pezzi. Arrivavo da un paio di Festival in cui mi si accusava di aver copiato qualcun altro o, addirittura, me stessa e per evitare le stesse polemiche un’altra volta decisi di togliere le cornamuse dall’arrangiamento>>.
Anche la tua famosissima ‘Gente come noi’ è stata accusata di plagio
<<Si, dissero che l’avevo copiata da ‘Last Christmas’ e, invece, mi ero ispirata all’armonia di ‘Insensitive’ che ascoltai alla televisione durante una pubblicità>>.
Ricapitò anche per ‘E io penso a te’ nel successivo Sanremo
<<Certo! Scrissero che era uguale a ‘Gente come noi’. Capisci che non potevo sopportare che anche nel 2000 mi si accusasse di aver copiato Hevia e quindi, a malincuore, ho tolto le cornamuse da ‘Con il tuo nome’ che, invece, era nato proprio con quell’atmosfera irlandese. Mi piacerebbe riproporlo, prima o poi, con quei suoni originali. Prima o poi vorrei riprendere alcuni dei miei brani che, per un motivo o per un altro, sono usciti diversamente da come li avevo scritti e pensati: ‘Con il tuo nome’ ci sarebbe sicuramente>>.
Da pochi giorni, tra l’altro, hai festeggiato anche il tuo compleanno, un giorno che ha da sempre anche la funzione di suggerire dei bilanci. A che cosa hai pensato in quest’ultima ricorrenza?
<<Ai miei genitori che per la mia vita sono stati importantissimi>>.
Eri molto legata a papà?
<<Si, lo amavo follemente. Quando vedo qualcuno che gli assomiglia, che ha gli stessi occhi, rimango incantata a guardarlo ancora oggi. Mio padre era veramente un uomo geniale: una volta usando una scatola di detersivo costruì una cassa con dei bassi pazzeschi. E’ stato caporale in guerra e aveva il compito di portare i messaggi tra le varie linee mentre era in Russia. Mi raccontava spesso che riuscì a mettere insieme anche una radio per il suo colonnello che lo premiò regalandogli della cioccolata: peccato che tra uno spostamento e l’altro finì per sciogliersi tra le sue mani vista la tensione che aveva addosso>>.
Anche tua madre è stata molto importante per la tua carriera?
<<Si, a mia madre ho dedicato anche diverse canzoni. Di lei, come di mio padre, sono stata innamorata per tutta la vita: mi hanno insegnato tutto e in particolare il rispetto che è dovuto a tutti, uomini ed animali. Erano due buonissime persone. Una volta mi trovavo in via Mazzini a Verona con mia madre, ad un certo punto non l’ho più vista: si era fermata da un mendicante a cui aveva dato dei soldi ma da cui aspettava il resto perché non poteva permettersi di lasciarglieli tutti>>.
Riguardo alla musica che cosa ti hanno trasmesso i tuoi genitori?
<<Mio padre suonava da autodidatta tantissimi strumenti. Aveva imparato a suonare il violino, il pianoforte e anche la fisarmonica. Alla sera ci si metteva tutti insieme: mio padre suonava e mia madre cantava con una voce bellissima>>.
Tornando a quel Festival di Sanremo del 2000, Gino Castaldo scrisse su ‘La Repubblica’ che ti volevi ‘accreditare come una possibile Celine Dion all’italiana. Ma Sanremo non è il Titanic. E Spagna non è Celine Dion’. Un giudizio tagliente…
<<Beh è stato un bel complimento in realtà. Non credo di assomigliare a Celine Dion ma se qualcuno ci ha visto delle somiglianze non posso che esserne felice. In molti mi hanno sempre criticato per come scrivo ma la realtà è che ognuno scrive per quello che sente>>.
Hai ancora un sogno nel cassetto?
<<Vorrei scrivere una colonna sonora. Tra l’altro proprio ‘Con il tuo nome’ finì per assomigliare secondo alcuni alla colonna sonora di ‘Braveheart’. Peccato che io non l’avessi mai visto quel film e tantomeno ascoltato la colonna sonora. La verità è che la stampa mi ha sempre attaccato, fin dall’inizio>>.
Perché secondo te?
<<Non te lo so dire. Quando feci il mio primo successo con ‘Easy lady’ mi dissero che era stata solo fortuna ignorando, invece, che avevo alle spalle già dodici anni di gavetta nelle discoteche. Io e i miei cinque compagni di band ci siamo davvero fatti il mazzo per dodici anni: non come oggi che i ragazzi vanno in TV e in 3 mesi si costruiscono il successo. Noi caricavamo il furgone, montavano gli strumenti sul palco, suonavamo e tornavamo a casa. A volte mi capitava anche di saldare con lo stagno il jack degli strumenti. E le paghe a malapena bastavano per pagare le cambiali per il furgone e l’affitto. Durante la settimana, io e il mio primo compagno, mangiavamo l’insalata e le uova che ci passavano i suoi genitori e i mobili di casa li avevo fatti io prendendo il legno dalle cassette della frutta. Quando, dopo tanti anni, ‘Easy lady’ è arrivata in cima alle classifiche di mezza Europa sono stata molto criticata perché, anche se italiana, cantavo in inglese. Il fatto è che la stampa ignorava il fatto che io venissi da una gavetta così lunga in cui avevo sempre cantato in inglese e che, dunque, mi era venuto naturale scrivere in quella lingua>>.
Inglese e musica dance, nonostante tutto, hanno rappresentato la ricetta del tuo successo. Almeno inizialmente…
<<Si, certo. Ma io non ho fatto la musica dance in inglese perché così ero convinta che avrei avuto successo. Sono stata felice che poi sia arrivato ma non era la mia priorità. Che ci si creda o no io non ho mai pensato al successo. Quando, poi, è arrivato ne sono stata felice ma ancor prima che arrivasse ho rinunciato numerose volte ad andare in gara a Sanremo per sfondare. Mi ricordo ancora di quando mi proposero, in Capannina a Forte dei Marmi, di fare un disco in italiano con i migliori produttori dell’epoca. Se avessi cercato il successo avrei accettato di corsa proposte simili e, invece, sono sempre andata avanti per la mia strada>>.
Qual è stata la ricetta del tuo successo allora?
<<Il lavoro fatto con amore. Quando si cerca il successo a tutti i costi si può star tranquilli che non arriverà perché si finisce per perdersi ed accettare dei compromessi che sviano dalla reale passione che, invece, è quella che fa la differenza>>.
Da qualche giorno sono usciti i nomi per il prossimo Festival di Sanremo. Che ne pensi?
<<Non ne conosco molti ma vedremo le canzoni che proporranno. In questi ultimi mesi non immagini nemmeno quanti artisti mi abbiano chiamato per propormi canzoni e duetti per il Festival. Con tutti, però, ho declinato l’invito>>.
Perché? Non vorresti tornare in gara all’Ariston?
<<Certo che mi piacerebbe ma non ho voluto presentare nulla a Sanremo perché so che non mi avrebbero preso. La direzione scelta oramai è un’altra rispetto a quella che rappresento. Oggi per andare a Sanremo devi essere molto giovane, devi arrivare dai talent o proporre cose molto alternative e io non sono niente di tutto questo. L’alternativa sarebbe avere qualche santo in paradiso che, però, non ho. Tanto ormai non sono più le canzoni ad essere scelte: degli ultimi anni ricordo solo il bel pezzo con cui vinse Francesco Gabbani. Per il resto: il nulla. Questo è perché non vengono più scelte le canzoni ma i personaggi, i nomi nuovi o alla moda>>.
Nel cassetto hai qualche segreto da qualche anno. Il primo riguarda le tante artiste che con te provinarono ‘Il cerchio della vita’ nel 1994 e che furono escluse da Elthon John…
<<Non dirò mai chi erano. Un nome è già uscito in giro ma non l’ho mai svelato io. C’erano dei nomi che stavano davvero al top della musica italiana di allora ma, prima che mi prendessero, giurai che non avrei mai svelato chi erano le altre artiste che avevano sostenuto il provino>>.
C’è anche un altro segreto che ti avvolge. E’ vero che nel 1996 Ron scrisse per te ‘Vorrei incontrarti fra cent’anni’ con cui, poi, vinse il Festival di Sanremo insieme a Tosca?
<<Si, è vero. Ron mi invitò a casa sua attraverso il compagno che avevo allora con cui erano amici. Mi propose di duettare insieme su ‘Vorrei incontrarti fra cent’anni’: il pezzo mi piaceva tantissimo ma io avevo già presentato a Pippo Baudo ‘E io penso a te’ e quindi non se ne fece niente. Ma mi è ricapitato anche altre volte>>.
Davvero? Con chi?
<<Con Marco Masini. Mi chiamò per dirmi che avrebbe voluto parlarmi di una proposta. Io non l’ho più richiamato temendo di disturbarlo e aspettando che mi chiamasse lui. In realtà, poi, non ci siamo più sentiti e quando ci ritrovammo in un’occasione mi disse che avrebbe voluto propormi di duettare insieme su ‘L’uomo volante’ con cui vinse nel 2004>>.
La morale di tutto ciò?
<<Se qualcuno vuole vincere Sanremo basta che mi chiami per propormi qualcosa, io rifiuto e così vince (ride)>>.
Uno dei tuoi Festival di cui si racconta poco è quello del 2006 quando gareggiavi con ‘Noi non possiamo cambiare’…
<<Non era un pezzo scritto da me ma mi rispecchiava abbastanza in quel momento. Avevo solo un’indecisione nel cantare quella canzone: mi piaceva molto ma non aveva un inciso abbastanza forte e orecchiabile e questo, indubbiamente, l’ha penalizzata. Non aveva il vestito del successo commerciale, forse, ma era una bella canzone secondo me e sono stata felice di rischiare>>.
Ivana è inutile nascondere il fatto che sei stata indiscutibilmente una diva della canzone italiana. Gli anni ’90 e 2000 ne hanno regalate diverse oltre a te e, dunque, vorrei chiederti che cosa ne pensassi di alcune di loro. Per esempio, partiamo da Mia Martini
<<Io e Mimì abbiamo registrato ‘Papaveri e papere’ poche settimane prima che mancasse. In quell’occasione avevo notato in lei una tristezza infinita: era lì seduta durante le prove con una grande tristezza in volto. Di lei mi piace cantare da sempre ‘Almeno tu nell’universo’ e tutt’ora quando la sento cantata da lei rimango convinta che non ci sia, e non ci sia stata mai, un’interprete della sua levatura in Italia>>.
Un’altra grandissima che, purtroppo, non c’è più è stata Giuni Russo
<<Con lei non ci siamo mai incontrate ma è indiscutibile che lei avesse una vocalità notevole, molto molto rara. Giuni, però, era un’artista diversa da Mia: Mimì cantava con l’anima, Giuni era molto più tecnica nel suo modo perfetto di cantare>>.
A proposito di voce non possiamo non citare Mina
<<Lei è pazzesca perché la sua voce non è cambiata affatto in tutti questi anni. Nelle sue ultime cose, però, fatico a trovare la giusta emozione mentre canta. Forse mi sbaglio ma, malgrado rimanga una numero uno, faccio fatica ad emozionarmi quando la sento cantare ultimamente. Diversamente, invece, mi emoziono tantissimo sentendo Ornella Vanoni>>.
Una leonessa della musica con cui hai anche condiviso dei progetti è naturalmente Loredana Bertè
<<Loredana per me è il personaggio per antonomasia. Lei non tramonterà mai perché quando è sul palco rimane ancora oggi la più grande rockstar italiana: non ce n’è per nessuno. Per me è la più grande in assoluto: la sua grinta e la sua sicurezza fanno paura quando è sul palcoscenico>>.
Diversa ma attrattiva allo stesso modo è stata Anna Oxa
<<Un’altra numero uno. Lei è bravissima da sempre a gestirsi e proporsi: ecco, lei è davvero una diva ed è un’artista che è davvero brava a cantare oltre che a dire quello che pensa. Lasciami aggiungere una cosa, però>>.
Certo
<<Io non sono una diva. Non lo sono mai stata anche se riconosco che forse paga come atteggiamento perché il pubblico, in un certo modo, apprezza quel distacco. Io sono sempre rimasta uguale perché a me il divismo fa sorridere. Eppure riconosco che, alla fine, paga rispetto a chi non si dimostra così inarrivabile>>.
Ilario Luisetto
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