A tu per tu con il noto cantautore pugliese, in uscita con il nuovo album intitolato “Franco… è il nome“
“Respiro”, “Cara droga”, “Tentazione”, “A quest’ora”, “Gocce”, “Tu per me” e “Ancora lei”, queste sono soltanto alcune delle canzoni più belle di Franco Simone, che abbiamo il piacere di ritrovare in occasione dell’uscita di “Franco… è il nome”, raccolta impreziosita da due inediti composti a quattro mani con il Maestro Andrea Morricone, vale a dire i singoli “Azzurri gli oceani” e “Cambia la città”. Abbiamo avuto il piacere di ospitarlo sui nostri canali, in una lunga ma interessante video intervista via Skype, volta ad approfondire la sua ispirata visione di vita e di musica.
Ciao Franco, benvenuto. Partiamo da “Azzurri gli oceani”, brano composto con Andrea Morricone. Ci racconti come sono nati questo pezzo e questo incontro?
«Ho conosciuto Andrea tempo fa, durante un programma televisivo di cui mi sono occupato, dove ho avuto la fortuna di ospitare grandi registi e musicisti. Abbiamo legato abbastanza, instaurando subito un buon feeling, per poi perderci di vista. Recentemente mi ha contattato per propormi delle musiche, il suo entusiasmo mi ha messo nelle condizioni di lavorare bene e di scrivere “Azzurri gli oceani”. Devo dire che questo è un periodo particolarmente ispirato, l’obiettivo è quello di non mettere mai una parola di troppo, di trovare il termine giusto per quello che voglio dire, senza forzare mai la mano».
Lo scorso 5 febbraio hai pubblicato l’album “Franco… è il nome”, che contiene sia inediti che alcuni tuoi vecchi successi rivisitati. In un momento particolare come questo, hai avvertito l’esigenza di mettere ordine nel tuo passato e di arricchire il presente di nuove pagine?
«Accanto alla preoccupazione che abbiamo tutti, se preso bene, questo periodo può averci anche insegnato delle cose. In questo disco ho messo tutta la mia vita, sono sedici brani, tra cui due inediti firmati insieme ad Andrea, la già citata “Azzurri gli oceani” e “Cambia la città”. Le altre tracce sono canzoni a cui sono sempre stato legato, riarrangiate in modo straordinario da Alex Zuccaro, che mi ha dato una grandissima spinta emotiva. In più ci sono due duetti speciali con Paolo Belli e Rita Pavone. Si tratta di un primo capitolo di una trilogia volta a mettere ordine nel mio repertorio, impreziosendolo di nuovi brani e di nuovi incontri».
L’anno prossimo festeggerai cinquant’anni di carriera, più precisamente dalla vittoria del Festival di Castrocaro. Qual è il tuo personale bilancio di queste imminenti nozze d’oro con la musica?
«Sai, cerco di vivere sia ignorando che tenendo ben presente il mio passato, ma non sono un tipo nostalgico, amo molto il presente. Tutto sommato ho un buon rapporto con il tempo che passa, quindi, il bilancio non può che essere positivo, sono molto soddisfatto di quello che ho realizzato negli anni. Il vero riconoscimento è da parte del pubblico, della gente che si riconosce nella mia musica e non mi fa sentire mai solo».
Negli anni hai ottenuto e mantenuto grande successo su scala internazionale, in modo particolare in America Latina. Ti sei mai sentito “nemo propheta in patria“?
«Questa cosa la sento dire spesso a sproposito, soprattutto dagli addetti ai lavori, forse perchè sono scomodo e non sanno dove inquadrarmi: faccio canzoni d’amore ma in maniera non disimpegnata, passo da musica commerciale all’opera sinfonica Stabat Mater in latino. Con il pubblico in generale non ho mai avuto problemi, mi sono sempre sentito molto amato, anche in patria. Con il pubblico sudamericano, invece, si tratta di una lunga ininterrotta storia d’amore che va avanti da ben quarantadue anni».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver imparato dalla musica fino ad oggi?
«La musica è un farmaco, la cosa più consolatoria, che allevia e colora positivamente la nostra vita, anche nei momenti di dolore. La musica è una magia a cui non potremo mai abituarci, che ci rende entusiasti giorno dopo giorno».
Nico Donvito
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