A tu per tu con il cantautore, in occasione dell’uscita del suo ultimo singolo intitolato “Boh“
Tempo di nuova musica per Fulvio Zangirolami, in arte Fulvio Effe, che abbiamo incontrato in occasione dell’uscita del suo nuovo singolo “Boh“. Approfondiamo la sua conoscenza.
Ciao Fulvio, benvenuto. Partiamo da “Boh”, un titolo che è già tutto un programma. Cosa racconta?
«”Boh” racconta di un viaggio, il viaggio della nostra vita (che nel video ho voluto raffigurare come una “pedalata su un risciò”), e che succede durante un viaggio? Incontriamo tante persone che, per un motivo o per l’altro, si fermano, salgono e poi… e poi inevitabilmente scendono, lasciandoci però sempre qualcosa, e questa credo sia la cosa che alla fine conta di più».
C’è una frase che, secondo te, rappresenta e sintetizza al meglio il senso dell’intera canzone?
«“Un successo non vale una sconfitta e, come sabbia tra le mani scivola”, penso sia qualcosa di estremamente vero, la competitività della società moderna ci porta sempre a “spingere al massimo” e siamo talmente concentrati nel “cercare il meglio” che non riusciamo a godere più dei piccoli successi quotidiani che, sono tanti, tantissimi! Ma, alla prima sconfitta… beh il peso ci sembra poi nettamente diverso».
A livello musicale, che tipo di sonorità hai voluto abbracciare?
«Ho cercato qualcosa di fresco, di estivo: se si analizza il testo senza ascoltare la musica, in realtà, non è dei più allegri, ho un modo di scrivere piuttosto “malinconico”, ma ci tenevo a creare questo contrasto, un po’ come nella pittura “i contrasti” sono fondamentali nella musica e non solo nella musica».
Dal punto di vista narrativo, cosa aggiungono le immagini del videoclip da te diretto?
«L’idea era quella di un piano sequenza che vede susseguirsi una serie di personaggi, personaggi che raffigurano un po’ tutte quelle persone che vanno e vengono, che forse non restano più fisicamente accanto a noi, con le quali magari non abbiamo più nulla a che fare ma che, inevitabilmente, ci hanno lasciato qualcosa, e quel qualcosa fa parte della nostra quotidianità, insomma credo che ogni volta che “viviamo” una persona, inevitabilmente, noi diventiamo un po’ quella persona, vi ricordate Highlander? Qualcosa del genere, senza dover però tagliare nessuna testa».
Facciamo un breve salto indietro nel tempo, come e quando hai scoperto la tua passione per la musica?
«Nel lontano 2001, vent’anni or sono, ero in un profondo stato depressivo causato da forti attacchi di panico, cercavo qualcosa che permettesse di “sfogare” ciò che avevo dentro ma che non sapevo come tirar fuori: la chitarra fu la via vera prima medicina».
Quali ascolti hanno influenzato e accompagnato la tua crescita?
«Parto dal primo, colui che mi ha indubbiamente folgorato: Bruce Springsteen, e ringrazio mamma per questo, fu lei a tramandarmi la passione per il Boss, poi ovviamente crescendo gli ascolti sono stati moltissimi, da Lucio Dalla a Francesco De Gregori, Vasco Rossi, Coldplay, Queen… insomma tantissimi altri».
A che punto del tuo percorso senti di essere arrivato?
«Non ne ho la più pallida idea, anche perché sono una persona che segue molto il proprio istinto, non mi piace pormi dei limiti o darmi dei traguardi, finché sentirò la necessità di comunicare lo farò, che sia per un anno o altri cento».
Per concludere, quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere? Cosa aspettarci in futuro dalla tua musica?
«Ho scritto tantissimi nuovi brani, quindi sicuramente pubblicherò un secondo album nel giro dei prossimi mesi, sarà un disco piuttosto variegato, difficile trovare un comun denominatore nelle cose che faccio, adoro creare e poi cambiare tutto e ricominciare da capo, e il disco sarà proprio questo: un concentrato di tutto quello che mi passa e mi è passato per la testa».
Nico Donvito
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