A tu per tu con il gruppo toscano, fuori con il loro “MTV Unplugged” disponibile dallo scorso 26 novembre
Il rock è uno stile di vita, un’attitudine che i Negrita hanno da sempre portato con loro sul palco. Il nuovo progetto “MTV Unplugged“ non fa che fotografare venticinque anni di successi rivisitati in un’inedita chiave acustica. Paolo “Pau” Bruni, Enrico “Drigo” Salvi e Cesare “Mac” Petricich, si raccontano ai nostri microfoni in una piacevole videointersta, realizzata in occasione di questa nuova imperdibile pubblicazione.
Ciao ragazzi, benvenuti. Partiamo da “Negrita MTV Unplugged”, com’è nata l’idea e come vi siete approcciati a questo progetto?
«L’idea è venuta in modo semplice, poiché ci trovavamo in giro per festeggiare i nostri venticinque anni di carriera con un tour acustico dalla forte impronta teatrale. In mezzo del cammin di nostra vita è arrivata la proposta di MTV, che ha trovato nel nostro live qualcosa di adatto allo storico format che ha sempre contraddistinto negli anni l’emittente. E’ andata benissimo, ci siamo limitati a selezionare alcune canzoni dalle nostre due ore di live, scegliendo le proposte puramente unplugged, lasciando fuori le tracce più elettriche. Per non farci mancare nulla, sempre lo scorso 26 novembre, è uscito un cd con il concerto integrale. Ci siamo ritrovati ad affrontare questo progetto così, in maniera piuttosto naturale».
Quali sono gli elementi che più vi affascinano della dimensione live e che, di conseguenza, vi sono più mancati durante questo periodo di stop forzato?
«Senza ombra di dubbio, ci è mancato vedere la gente ammassata sotto il palco. Un elemento imprescindibile in qualsiasi concerto rock. In linea generale, i live ti consentono di vivere una vita avventurosa, perché una tournée ti porta a viaggiare e a conoscere posti nuovi. Siamo da sempre appassionati di geografie musicali, ci affascina ed entusiasma questo tipo di narrazione. Il fatto di essere rimasti fermi durante la pandemia, naturalmente, ha le conseguenze che sappiamo, però poi ce l’abbiamo fatta a tornare in scena. Durante il lockdown non abbiamo voluto fare concerti da remoto, era più forte la voglia di ritrovare il pubblico in presenza e, alla fine, abbiamo coronato il tutto con un documento che resterà per sempre nella nostra memoria e in quella dei nostri fan».
Tre gli ospiti presenti nel disco spicca il nome di Manuel Agnelli, in una bellissima versione di “Non è per sempre”, come avete selezionato questo pezzo?
«All’inizio non sapevamo bene come affrontare la cosa, con Manuel ci conosciamo da sempre, ma non ci siamo mai frequentati tantissimo. Ci siamo sentiti al telefono, lui ci ha proposto alcuni titoli e noi abbiamo insistito per fare “Non è per sempre”, uno dei pezzi degli Afterhours che avremmo voluto scrivere noi. Nella versione integrale del concerto, c’è anche la cover di “Sympathy for the devil” dei Rolling Stones che Manuel aveva il desiderio di incidere da tempo, quale miglior occasione se non con i Negrita? Diciamo pure che ci siamo trovati a metà strada, un pezzo lo abbiamo scelto noi, l’altro lui».
Poi c’è Piero Pelù, altro amico di vecchia data. Come mai la scelta è ricaduta proprio su “El diablo”?
«Piero ha spinto molto per fare questo pezzo, a noi andava bene qualsiasi brano del suo primissimo repertorio. Siamo cresciuti con la musica dei Litfiba, vicinissimi a livello territoriale e coraggiosissimi a livello ispirativo. Sono stati i primi in Italia ad essere usciti, mentalmente e fisicamente, dai confini nazionali per mettere nella propria musica elementi contaminanti, non a caso con loro si è coniato il termine “rock mediterraneo”. Per noi sono stati importantissimi, li consideriamo in qualche modo i nostri padrini artistici. Siamo contenti del risultato, perché abbiamo masticato “El Diablo” e lo abbiamo riproposto a modo nostro».
Ultimo ospite in scaletta è Rkomi, com’è nato questo incontro artistico?
«E’ nato sotto il suggerimento della nostra etichetta discografica, noi lo abbiamo accettato di buongrado perchè tra le nuove leve è quello che più si lega ai nostri gusti. Ci colpì molto quando realizzò una versione del suo disco suonata da musicisti con strumenti veri. Ci è sembrato un ragazzo con la mentalità giusta e che, in futuro, potrebbe riservarci delle belle sorprese».
Per concludere, qual è l’insegnamento più importante che sentite di aver appreso dalla musica fino ad oggi?
«La musica ci ha salvato, ci ha insegnato a non finire dentro strade sbagliate e ci ha fatto capire come si deve stare al mondo, soprattutto, senza discriminare nessuno. L’arte è inclusione, ci ha portato a spasso per il mondo, ci ha fatto toccare con mano le diversità e questo è tutto per noi. La musica non la vedi, ma è l’unica forma d’arte che ti può raggiungere in qualsiasi momento, che tu sia in macchina o al supermercato, ti accompagna ovunque, quando meno te l’aspetti».
Nico Donvito
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