venerdì, Marzo 29, 2024

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Festival di Sanremo, ha ancora senso la categoria Nuove Proposte?

Analisi sul futuro della kermesse canora, dopo un’edizione profondamente segnata dal ricambio generazionale, il filo sottile tra giovani e big si è decisamente accorciato

In attesa di scoprire chi sarà il nuovo direttore artistico, salvo l’ipotesi di un inaspettato e più volte smentito Amadeus-ter, è tempo di riflettere a freddo su quelle che sono le maggiori criticità dell’attuale struttura del Festival di Sanremo. Dopo aver analizzato nel dettaglio l’ultima edizione, è arrivato il momento di guardare al futuro, pensando a quelle che potrebbero essere le poche, ma significative, implementazioni sul regolamento della manifestazione.

Di certo c’è che non serve alcuna rivoluzione, perchè la kermesse gode di grande popolarità e, di conseguenza, bisognerebbe battere la via della continuità, senza stravolgere un meccanismo rodato e funzionale. Ciò su cui servirebbe riflettere è il destino della categoria Nuove Proposte, nata da un’idea di Pippo Baudo e Gianni Ravera nel lontano 1984, per evitare la vittoria di sconosciuti e la conseguente disfatta delle star della canzone che, per qualche tempo, avevano deciso di disertare il Festival.

In trentasette anni, però, il mondo è totalmente cambiato, con l’avvento dello streaming e con la parallela crisi discografica è diventato pressoché impossibile poter definire il concetto di “big” e il concetto di “giovane”. Limitarsi ad un criterio puramente anagrafico? Impossibile, altrimenti quest’anno i Maneskin non avrebbero dovuto concorrere in prima categoria, essendo più piccoli di sette-otto anni di Gaudiano, vincitore del girone dedicato ai giovani. Più che riguardare l’età, il discorso è prettamente commerciale.

“Campioni” e “Nuove proposte”, il criterio di attribuzione

Da qualche anno a questa parte, sono le stesse etichette discografiche che propongono alla commissione un proprio artista in una o nell’altra categoria, basandosi su indagini di mercato e su valutazioni interne, spingendo su alcune proposte piuttosto che su altre, si spera, nell’interesse della loro carriera e del loro futuro. Nel senso che, a volte, si ha come l’impressione che si voglia bruciare troppo velocemente le tappe, passare allo step successivo, e questo non porta sempre risultati positivi.

Agli occhi del pubblico, dunque, più che in “Campioni” e “Nuove Proposte”, la selezione viene fatta in base “a chi vende” e “chi non vende”. Questo, lasciatemelo dire, è svilente… perchè chi vende continuerà probabilmente a vendere, chi non vende rimarrà nel suo dignitoso sottobosco. Perchè dare la possibilità ai giovani di cantare in apertura del Festival senza dare lo stesso trattamento e la stessa visibilità agli artisti di entrambe le categorie?

Farli cantare in prime time è pura ipocrisia, tanto sappiamo che i big hanno uno spazio diverso nei programmi e nelle radio della Rai stessa. Aveva ragione Pippo Baudo ad alternarle le esibizioni (tipo tre campioni e un giovane), ma il problema non è tanto l’orario di messa in onda della performance, bensì l’intera categoria che non avrebbe più senso di esistere dopo il profondo ricambio generazionale avvenuto soprattutto in questa ultima edizione.

Ipotesi e soluzioni per il futuro

Forse aveva visto lungo Claudio Baglioni ad abolire la sezione Nuove Proposte, unendo le due categorie in un’unica competizione, una mossa che non era stata capita fino in fondo. Potrebbe sembrare un paradosso ma, riflettendoci bene, probabilmente è il modo migliore per dare maggiore attenzione alle cosiddette nuove leve. Durante la stessa settimana è inevitabile che i giovani vengano letteralmente oscurati dai big, l’attenzione dei media e del pubblico non è di certo la stessa.

La soluzione? Organizzare un contest equivalente in due serate qualche mese prima del Festival, proprio come accadeva negli anni ’90, possibilmente non in seconda serata come accaduto con Ama-Sanremo. Un’altra ipotesi potrebbe riguardare l’introduzione di una terza categoria dedicata agli Emergenti, come accaduto soltanto una volta nella storia. Ricordate il 1989? Anno bistrattato a causa di un’imbarazzantissima conduzione a quattro, che messi insieme non ne facevano uno.

Ecco, fu l’unica edizione a vantare la presenza di tre gironi: “Campioni”, “Emergenti” e “Nuovi”. La differenza tra emergenti e nuovi? Semplice, i primi avevano già partecipato al Festival, realizzato progetti discografici e comparsate televisive, i secondi erano praticamente debuttanti. Pensateci un attimo, un artista che esce da un talent senza vincerlo, è un big o un giovane? Nè uno né l’altro in realtà, per cui una categoria come quella “Emergenti” potrebbe dare spazio e possibilità a tanti ragazzi.

Artisti che potrebbero giocare ad armi pari tra loro, senza patire da favoriti tra le “Nuove Proposte” o senza destare scandalo o giocare il ruolo di outsider tra i “Campioni”. Riproporre questo tipo di formula attualizzandola, potrebbe definire e risolvere al meglio il gap generazionale di cui parlavamo all’inizio, magari ristabilendo le eliminazioni che, checchè se ne dica o se ne scriva, rappresentano il sale e il pepe della gara.

Tendenzialmente, io sono più per unire piuttosto che dividere, altrimenti si potrebbe parlare di due categorie, una forte sul fisico e una forte sul digitale, ma non avrebbe senso perchè il futuro va in un’unica direzione. Gli artisti dovrebbero avere lo stesso trattamento, ad esempio si potrebbe fare come nel calcio, con la Serie B che non gioca negli stessi orari e nella stessa giornata della Serie A, perchè di questo stiamo parlando, di due campionati che non hanno oggettivamente lo stesso ranking.

Penso che questa sia l’unica anomalia del sistema su cui dover lavorare, un cortocircuito che bisogna cercare di risolvere prima di doversi ritrovare a domare l’incendio. D’altronde, il Festival di Sanremo ha tutte le possibilità per poter dettare nuove regole e stravolgere abitudini ormai desuete, anacronistiche se vogliamo. Il punto su cui riflettere in futuro sono i giovani, trovare il modo migliore per collocarli, donare loro il giusto risalto e far sì che le loro presenze non passino tristemente inosservate.

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Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Nico Donvito
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