Omaggio all’indimenticata artista siciliana, voce unica e anima dotata di rara ed estrema sensibilità, a vent’anni dalla sua prematura scomparsa
Cantautrice di indubbio e trasversale talento, questo e molto altro ancora è e resterà per sempre Giuseppa Romeo, in arte Giuni Russo, approdata giovanissima al successo, ma che è riuscita a crescere notevolmente a livello artistico, alternando episodi commercialmente più scanzonati ad influenze classiche, jazz ed elettroniche, collaborando con autori e musicisti del calibro di Franco Battiato, Al Bano Carrisi, Cristiano Malgioglio, Vince Tempera, Umberto Napolitano, Donatella Rettore e molti altri. Vocalità incredibile e potente, mediante la sua straordinaria estensione è riuscita a cambiare più volte registro, dimostrandosi estremamente versatile e capace di evolversi di continuo.
Nata a Palermo il 7 settembre del 1951, ha cominciato a respirare musica sin dai primi vagiti, data la grande passione della sua famiglia nei confronti della lirica, sviluppando sin da bambina la propria attitudine al canto. Nel 1967, a soli sedici anni, si è aggiudicata la vittoria del Festival di Castrocaro interpretando “A chi” di Fausto Leali. Visto il successo, l’anno seguente ha debuttato con lo pseudonimo di Giusy Romeo al Festival di Sanremo, in abbinamento con il francese Sacha Distel con il brano “No amore”. Nonostante il testo scritto da Vito Pallavicini e la musica firmata da Paolo Conte, Enrico Intra e Mansueto Deponti, il pezzo non ebbe accesso alla serata finale, riscuotendo scarso successo a livello di vendite, così come i successivi “Amerai”, “L’onda” e “I primi minuti”.
Nel 1969 ha poi incontrato la scrittrice Maria Antonietta Sisini, che è diventata la sua storica co-autrice e produttrice, con cui ha realizzato tutti i suoi più grandi successi, fino al secondo importante e decisivo incontro della sua carriera, vale a dire quello con Franco Battiato. Giuni trova finalmente la sua giusta dimensione artistica, affiancata da un team che comprende anche i nomi del compositore Giusto Pio e del chitarrista Alberto Radius. A metà del 1982 incide “Un’estate al mare“, sicuramente la sua canzone più nota a livello popolare, divenuta una delle poche hit estive a tematica balneare in grado di resistere nel tempo, al punto da essere annualmente riproposta a ben trentasette anni dalla sua prima pubblicazione.
Sono seguiti anni importanti, canzoni che ottengono un buon riscontro commerciale, grazie alle molteplici partecipazioni a programma televisivi come il Festivalbar, Vota la voce, Azzurro e Un disco per l’estate. Tra i pezzi che hanno raggiunto positivi piazzamenti in classifica, ricordiamo: “Una vipera sarò”, “Mediterranea”, “Limonata cha cha cha” ed “Alghero”, altro suo indiscusso cavallo di battaglia. L’artista ha tentato di tornare più volte a Sanremo, arrivandoci sempre piuttosto vicina, collezionando diverse esclusioni in extremis, tra cui nel 1984 (candidatura sostituita dalla sua casa discografica in favore di Patty Pravo), nel 1994 bocciando “La sua figura” (un autentico capolavoro) e nel 1997 con “Morirò d’amore”, canzone che è stata poi accettata sei anni più tardi, nel 2003, quando ha calcato per la prima volta il palco dell’Ariston a ben trentacinque anni di distanza dal suo debutto al Casinò. Canzone poi ripresa nell’album di cover di Tiziano Ferro.
Al Festival 2003 Giuni è classificata al settimo posto, ottenendo il premio come miglior arrangiamento, dimostrando ancora una volta tutta la sua classe. Ci ha lasciato prematuramente un anno e mezzo dopo, a soli cinquantatré anni, stroncata da un cancro contro il quale combatteva da tempo. Durante il suo percorso umano e artistico ha incluso un’importante svolta spirituale, dando voce alle parole di San Giovanni Della Croce e di Santa Teresa D’Avila, abbattendo qualsiasi distanza tra musica sacra e musica leggera. Elevatezza e sperimentazione, questi i due elementi che hanno contraddistinto gran parte della vita di Giuni Russo, eclettica e raffinata cantautrice in grado di raggiungere i vertici delle classifiche mantenendo la sua innata eleganza, oltre che la grande capacità di utilizzare la voce come un vero e proprio strumento. Di lei ci restano momenti ed episodi di considerevole valore artistico, a noi il compito di tramandarli alle future generazioni, per non far sì che cotanta poesia si possa disperdere inutilmente nell’aria e che “la presenza della sua figura” non sia stata vana.
Nico Donvito
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