A tu per tu con la popolare cantante veneta che dal 13 novembre torna nelle librerie con “Sarà capitato anche a te”, opera in cui svela molti retroscena della sua vita.
Sette vite, proprio come quelle dei suoi amati gatti, così Ivana Spagna si mostra oggi, consapevole, determinata e con la forza di un felino. Nel suo nuovo libro raccoglie alcuni fenomeni inspiegabili, chiamiamoli pure eventi paranormali, che hanno contraddistinto la sua vita. Un volume che è balzato subito in cima alle classifiche di vendita, raggiungendo in pochi giorni il secondo posto dei Bestseller in Musica di Amazon. In occasione di questa pubblicazione, abbiamo incontrato l’artista che ha ripercorso con noi alcune tappe della sua straordinaria carriera.
Ciao Ivana, partiamo dal tuo libro “Sarà capitato anche a te”, in cui racconti alcuni episodi diciamo strani, che non hanno una spiegazione logica, che ti sono capitati in prima persona. Com’è nata l’idea per questo progetto?
«Era da tempo che avevo voglia di toccare determinati argomenti, sono cose che accadono a tutti e che spesso vengono taciute per paura di non essere compresi o, peggio ancora, etichettati come persone poco stabili mentalmente. Tutto è nato da una fotografia di una bambina che ho conosciuto in sogno e che ho scoperto essere una mia piccola fan, scomparsa prematuramente per un brutto male. Ho conosciuto la sua famiglia il giorno dopo averla sognata, mentre mi raccontavano di questa grave perdita ho ripensato alla bimba e ho cominciato a descriverla, la mamma mi ha mostrato una sua foto ed era identica al sogno. Si chiamava Pamela e grazie a lei ho trovato la forza per raccontare questi fenomeni che, da qualche tempo, accompagnano la mia vita».
Sicuramente si tratta di episodi comuni, che capitano a tante persone, ma è anche vero che nella società di oggi, paradossalmente molto più evoluta rispetto al passato, si ha quasi timore nell’affrontare certe tematiche. Dove hai trovato il coraggio per raccontare questi episodi sapendo di incontrare anche il parere degli scettici?
«Si ha paura perché vieni preso come una persona fuori di testa. Nella mia vita mi sarò vestita in maniera strana, avrò avuto delle acconciature particolari, credo di essere una persona con i piedi per terra e seria, conduco una vita normale e tranquilla, ma non posso negare di aver avuto dei sogni premonitori e di vedere delle entità, chiamiamoli pure fantasmi se vogliamo. Succede frequentemente a tante persone, in particolare ai bambini che conservano purezza e hanno ancora i ‘canali’ aperti, poi subentrano altre cose e veniamo travolti e offuscati dai mille problemi della vita quotidiana. Di base io non voglio inculcare dottrine a nessuno, ma semplicemente raccontare quello che mi è successo. Ho sempre avuto il dono dei sogni premonitori, in passato ho avvertito anche dei terremoti proprio come accade agli animali, ma tutti gli altri fenomeni inspiegabili sono successi da un certo momento in poi della mia vita».
Credi che siano delle attitudini che abbiamo tutti, a cui magari non prestiamo caso, o ti sei fatta un’idea diversa a riguardo?
«Credo che tutti abbiamo queste possibilità, ma siamo dotati di sensibilità diverse, come c’è chi ci crede ci sono tante persone che non ricordano nemmeno quello che sognano. Un’altra cosa strana che mi capita è che quando incontro qualcuno in sogno, mi si ferma l’orologio automatico che indosso sempre. Ecco, vorrei che qualcuno mi spiegasse questo fenomeno, mi piacerebbe sapere davvero cosa significa. Una volta ho sognato mio padre che mi ha fornito un indirizzo che non conoscevo, a distanza di ore ho scoperto che in quella via c’era la bocciofila che frequentava insieme ai suoi amici. Di questi episodi ce ne sarebbero tanti da raccontare, per alcuni possono sembrare delle casualità, ma se ci facciamo caso non lo sono affatto».
Nel libro parli di fenomeni diversi, tutti apparentemente inspiegabili, ma l’argomento forse più delicato e personale è quello legato ad episodi miracolosi e alla religione. Come vivi oggi il tuo rapporto con la spiritualità? E’ cambiato rispetto al passato?
Credere in qualcosa è più un atto di forza o una dichiarazione di debolezza?
«Oggi come oggi ci vuole coraggio ad esporsi su queste tematiche, mi spiace che molti non abbiano la gioia di credere in tutto questo, perché vivrebbero in maniera molto più serena. E’ cambiata anche la mia concezione della morte, a parte il dolore fisico, la mia unica paura è quella di lasciare le persone care e le mie creaturine pelose, abbandonare i miei gatti che adoro. Non ho più paura di scoprire cosa ci sarà dopo, non credo ci sia né il paradiso né l’inferno, quelli li abbiamo già in terra, ma sono convinta nell’esistenza di un’altra dimensione. Penso che la nostra energia, che se vogliamo possiamo chiamare anche anima, si liberi quando il nostro corpo smette di vivere e finisce da qualche altra parte. L’Università della Carolina sta approfondendo lo studio di queste dimensioni parallele che a volte possono entrare in contatto con la nostra e di questo io ne sono profondamente convinta».
Con l’inizio del nuovo millennio hai alternato la tua attività di cantautrice a quella di scrittrice, come coniughi queste due carriere parallele?
«Io seguo l’istinto e faccio quello che sento di dover fare in quel momento, senza troppi programmi. Erano anni che non scrivevo canzoni, l’attuale situazione discografica devo ammettere che mi ha molto demotivato, perché posso pure metterci il cuore e tutta la mia passione nel realizzare un disco, ma poi diventa difficile riuscire a farlo ascoltare al pubblico, questo ormai è il problema di tanti artisti, emergenti e non. Così mi sono dedicata alla scrittura di questo libro che, devo ammettere, mi ha sbloccato e mi ha fatto tornare la voglia di fare un album, dopo anni ho ritrovato la spinta giusta, senza pensare troppo alla promozione e alle mille complicazioni che ne seguiranno, ho proprio voglia di scrivere cose nuove e di emozionarmi con la musica, sperando di coinvolgere più persone possibili in questo caloroso abbraccio».
«A quell’immensa gioia che non avrei mai immaginato di provare. Per me il successo deve essere la conseguenza di lavoro fatto con amore e non l’obiettivo primario, questo dico sempre ai ragazzi quando mi chiedono il segreto per diventare famosi. ‘Easy lady’ ce la siamo finanziata da soli, con mio fratello e Larry Pignagnoli, perché nessuno voleva produrla, sacrifici che si sono trasformati in una grande soddisfazione dopo il grandissimo riscontro che ci ha travolti. Sono improvvisamente arrivate proposte di tutti i tipi, ho detto di no a Sanremo perché avrei dovuto cantare in italiano e in quel momento non volevo, poi avevo la fila di gente che voleva produrmi, gli stessi che mi avevano detto di no».
Seguono anni di successi con hit cantante in lingua inglese che ti portano a varcare i confini internazionali, poi la svolta: Elton John ti sceglie tra una vasta rosa di nomi per interpretare “Il cerchio della vita”, tema centrale della colonna sonora del capolavoro Disney “Il re leone”. Com’è stato cantare per la prima volta nella tua lingua?
«Avevo paura di misurarmi con l’italiano, un appuntamento che ho sempre in qualche modo rimandato. Poi è arrivata questa grande occasione, mandai il mio provino e dopo due giorni arrivò la risposta da Los Angeles e l’ok di Elton John, che aveva trovato in me la voce di madre natura che cercava. Io non ci credevo, sopratutto perché avevo sentito le versioni delle altre colleghe che avevano provinato il pezzo, ho promesso che se mi avessero preso non avrei mai rivelato i loro nomi e non l’ho mai fatto. Prestare la voce ad un cartoon come quello è stata un’emozione pazzesca».
L’anno seguente Pippo Baudo ti convince a prendere parte al Festival di Sanremo con “Gente come noi”. Com’è andata esattamente?
«Dopo il grande successo de ‘Il cerchio della vita’, Pippo mi ha voluto a tutti i costi a Sanremo, ma non avevo la canzone giusta. Mi avevano proposto un brano ma non lo sentivo mio, non era piaciuto neanche a Baudo, così mi sono messa a scrivere, avevamo pochi giorni a nostra disposizione ed era la prima volta che componevo in lingua italiana. In una sera è nata ‘Gente come noi’ e devo tutto a Pippo, perché è lui che mi ha spinto a scriverla».
Al Festival hai partecipato in gara in tutto cinque volte, ti piacerebbe tornarci in futuro, magari il prossimo anno?
Ricordo il tuo ultimo Sanremo come ospite di Loredana Bertè nel 2008, seguito dal vostro EP “Lola & Angiolina Project”, che vi ha permesso di vincere il Premio Lunezia. Una collaborazione che ho sempre visto come un forte segnale d’amicizia più che una trovata commerciale, per questo motivo mi ha sorpreso non aver letto il tuo nome tra le “amiche” coinvolte nei suoi ultimi positivi progetti discografici. Cosa è successo?
«Con Loredana ci siamo per qualche tempo un pochino allontanate per via dei caratteri diversi, ma le voglio davvero un gran bene. Ci siamo incrociate in aeroporto quest’estate in Sardegna e riabbracciarla è stata per me una gioia indescrivibile, ci eravamo un po’ perse ma provo grande affetto per lei, anche se a volte me ne ha dette di tutti i colori: io, da parte mia, ho incassato perché ho un carattere un po’ più mite del suo ma questo porta inevitabilmente ad un distacco, ma l’ammirazione che ho per lei è più forte di qualsiasi discussione o parola fuori posto. Questo lei lo sa e mi piacerebbe molto che le nostre strade in futuro si incontrassero nuovamente».
«Esatto, mi ricollego a quanto detto prima: faccio quello che sento di fare, seguo l’istinto, a volte indovino altre meno, ma uso a pieno questa vita che mi è stata regalata. Il risultato non so quale sia, perché quando non segui gli schemi corri il rischio di sbagliare, ma solo in questo modo mi sento davvero viva. Ho scritto il libro che avevo nel cuore da tempo e ho intenzione di continuare a sentirmi libera di esprimermi anche in musica, non so cosa ne verrà fuori ma quello che desidero è solo seguire la strada delle emozioni».
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, qual è il messaggio che vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica e anche questo tuo nuovo libro?
«Il rispetto, perché è l’unica chiave per condurre un’esistenza serena. Le cose che mi sono successe e che racconto in questo libro, mi hanno fatto davvero cambiare il mio modo di vivere, ma sono cosciente del fatto che chi non ha vissuto questi episodi non può credere, lo capisco, nemmeno io prima lo facevo ma, come si suol dire, bisogna aver pura dei vivi e non delle anime pure che ci proteggono».
Nico Donvito
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