Cercavo di realizzare quest’intervista da mesi ma il talentuoso e bravissimo Roberto Casalino, autore di successi colossali della musica italiana degli ultimi 10 anni, era sempre impegnato a registrare nuove cose. Finalmente, con l’uscita del suo nuovo singolo inedito l’occasione si è presentata e insieme abbiamo realizzato una di quelle chiacchierate che amo particolarmente fare come se dall’altra parte dello schermo ci fosse un amico di vecchia data che, insieme a me, sorseggia un buon vino rosso raccontando qualcuna delle sue ultime novità facendo una battuta qua e là. Roberto è così come lo si vede (qui è disponibile anche l’intera chiacchierata in formato video): un ragazzo che sogna ad occhi aperti, che sa raccontare l’emozione che vive costantemente, una persona tanto fragile quanto forte allo stesso tempo. Un’anima bella. Non mi dilungo troppo, anche perché di materiale ce n’è abbastanza di seguito, e vi lascio alla lettura di una delle più belle interviste che io abbia mai avuto la fortuna e l’onore di realizzare:
Allora Roberto, per preparare quest’intervista sono stato leggermente in difficoltà perché la aspettavo da mesi e nel frattempo ho collezionato così tante domande che potrei tenerti qui per almeno 12 ore che diventano 24 se dimentico di fare il giornalista e faccio uscire il fan che è in me. Partiamo, comunque, da “Errori di felicità”, il tuo nuovissimo singolo inedito, pubblicato venerdì e che sta collezionando moltissimi consensi tra il pubblico e tra i colleghi che lo condividono entusiasti. Che cosa sono questi errori di felicità di cui parli?
<<La parola errore sta, in questo caso, per “tentativi”. Ho voluto raccontare come nella vita si proceda per tentativi per cercare di raggiungere qualcosa di effimero quanto ambito come la felicità. I tentativi, però, presuppongono anche degli errori: soltanto quanto si accetta con serenità il fatto che i tentativi fanno parte della vita si riesce a non vivere ogni errore come un fallimento. Questo vale nella vita professionale ma, anche, in quella sentimentale dei rapporti a due>>.
È una canzone che arriva dopo un tuo percorso che ti ha visto diviso tra la tua attività autorale per altri artisti e un tuo cammino cantautorale che hai, comunque, sempre portato avanti nel corso degli anni. Come riesci a trovare il giusto equilibrio tra le due figure?
<<Personalmente nasco come cantautore e l’aspetto autorale è nato un po’ più tardi e quasi per caso quando, nel 2008, ho scritto il mio primo grande successo per Giusy Ferreri, “Non ti scordar mai di me”. L’equilibrio tra i miei due ruoli è sottile quanto in armonia perché quando scrivo lo faccio per me raccontando qualcosa di mio, non penso mai che la canzone che sto scrivendo debba per forza essere destinata ad un artista. Solo in un secondo momento la canzone viene veicolata verso qualcun altro anche se, in alcuni casi, alcune rimangono nel mio cassetto. Nel caso di “Errori di felicità” posso dire di averla scritta appositamente per il mio progetto: quando lo scorso anno ho iniziato a scriverla mi son reso conto che era quello il percorso che volevo dare a questo nuovo album>>.
Sostanzialmente non c’è niente dunque che caratterizza una canzone che tieni per te e una che di a qualcun altro? È un caso che tu abbia dato a Giusy “Non ti scordar mai di me” e che, invece, abbia tenuto per te “Errori di felicità”?
<<A volte si, è un po’ il caso, le sensazioni. “Non ti scordar mai di me”, lo dico spesso, è stata scritta nel 2005 ed è stata pubblicata tre anni dopo: io, però, non l’avevo mai suonata nemmeno con la mia band perché l’avevo lasciata totalmente da parte. Era una canzone che raccontava di un periodo di un periodo della mia vita e non mi andava di cantarla, non perché non mi piacesse ma semplicemente perché, con il tempo, mi ero anche quasi dimenticato di averla nel cassetto. In altri casi, come ad esempio per “Errori di felicità”, mi piaceva talmente tanto il concetto, il modo in cui riuscivo a trasmettere io quella visceralità che mi sta tanto a cuore che non l’ho nemmeno fatta ascoltare ai miei editori, l’ho tenuta per me>>.
A proposito di questa visceralità a cui hai accennato, so che hai letto la mia recensione (la ritrovate qui) del tuo singolo visto che l’hai condivisa ovunque…
<<Grazie! Le cose belle si condividono, anche le critiche costruttiva, però quando arriva una recensione così… Pensa che l’ho incorniciata così la mattina, quando sono giù di morale, leggo quella recensione così la mia autostima aumenta>>.
Troppo buono! È la verità comunque, o meglio, è ciò che penso davvero. Comunque, ti ritrovi un po’ nel fatto che questa grinta e visceralità sia inedita per quanto riguarda il tuo percorso?
<<Si mi ci ritrovo. È un qualcosa che mi è sempre appartenuto perché, in realtà, è la mia modalità di cantare era quella principalmente. Poi, certo, nel corso degli anni ho pulito un po’ il mio timbro per una visione comune condivisa con vari produttori. In questo caso ho completamente auto-prodotto questo progetto e l’ho fatto per tornare a quella mia anima reale che volge lo sguardo al pop-rock degli anni ’90. Ho deciso semplicemente di liberarmi per mostrarmi come sono senza filtri e non perché in passato non l’avessi fatto ma perché sento che ora questo è ciò che più mi rappresenta. Riconosco questa rabbia (positiva) che anche tu individui: è un modo inedito per me di interpretare ma non sono arrabbiato con il mondo, anzi>>.
Pensa che quando ho ascoltato il brano inizialmente non riuscivo a capire se fossi davvero tu a cantare. Mi spiego meglio: per un paio di giorni l’ho ascoltato ininterrottamente per capire chi mi ricordasse questa nuova attitudine vocale. Personalmente ho trovato che in alcuni momenti (soprattutto nell’apertura) la tua voce richiamasse molto quella di Morgan. Non so perché ma forse proprio per queste sfumature anni ’90 in cui il Morgan più centrato ha detto molto, musicalmente parlando.
<<Di Morgan conosco le prime cose e, ammetto, che non è stato mai il mio punto di riferimento anche se ho apprezzato moltissimo il suo percorso e, soprattutto, il suo desiderio di sperimentare: piace molto anche a me essere eclettico, anche nella scrittura. Nel caso di questo progetto ho avuto la fortuna di avere al mio fianco Marta Venturini, che si è occupata di produrre il brano e di mettere a fuoco la direzione del disco che ripropone, sonoricamente parlando, quel suonare tutti gli strumenti che si sentono nel pezzo. Un po’ in controtendenza a quanto suona al momento nelle radio grazie all’elettronica>>.
A tal proposito mi sorge una domanda: considerando questo brano ma anche quelle canzoni da te scritte per altri, anche se poi sappiamo bene essere il produttore a determinare i suoni e non direttamente l’autore, si nota, in alcuni casi, proprio questa divergenza tra il tuo modo di far musica e quello che le radio propongono al momento. Stranamente non sono due mondi in contrapposizione: cioè, continui a sformare dischi di platino facendo suonare il tuo “pop analogico” malgrado la tendenza sia quello dell’elettronica, dei sintetizzatori, delle tastiere. Qual è il segreto di questa “contemporaneità falsata”, chiamiamola così?
<<Cerco sempre di stare attento a ciò che funziona ma senza snaturare ciò che sono. La mia natura è la melodia, la canzone italiana melodica e cercare di trovare nuova linfa vitale in quella che è la vera musica indie. Io vado continuamente a nutrirmi di ciò che non ha a che fare con la radiofonicità: canzoni che durano 6 minuti, testi pieni di immagini o incomprensibili. Questo mi dà sempre emozioni inedite che, poi, io cerco di tradurre nel mio linguaggio. Penso sia solo questa la differenza con molti miei colleghi rispetto ai quali non sono così presente: scrivo un po’ meno ma lo faccio solo quando ne sento l’urgenza anche perché, per me, l’aspetto del testo è davvero importante e non si può pensare che un bel testo lo si possa avere in un lampo. Devo avere il tempo di vivere e guardarmi intorno>>.
A proposito del testo, questa tua “contemporaneità falsata” si riflette costantemente anche nelle parole che usi: analizzando ciò che scrivi si nota che c’è una continua ricerca di immagini concrete, reali, della vita di tutti i giorni. È una tua caratteristica anche questa in qualche modo?
<<Si, sicuramente anche questa è una mia caratteristica e, come fa ogni autore, ne ho fatto il mio marchio di fabbrica, il mio essere sempre riconoscibile. Amo le canzoni astratte ma le amo fino ad un certo punto: i testi con immagini astratte devono essere ben dosate altrimenti si rischia di non fare arrivare completamente il messaggio. Penso che la lingua italiana permetta davvero tanti incastri bellissime e con un buon vocabolario è possibile esprimere un sentimento universale come l’amore in un modo sempre inedito lasciando all’ascoltatore la possibilità di avere una fotografia nella testa. Devo dire anche che mi piace molto come suonano le parole quindi, a volte, tendo ad allontanarmi dalla rima per giocare sulla fonetica e questo, in italiano, risulta molto bene (il caso di “Fa talmente male”)>>.
Parlando, invece, dei tuoi tempi di scrittura c’è stato un periodo, e mi riferisco al 2010-2011-2012, in cui eri, invece, molto presente, poi è arrivata la vittoria a Sanremo con “L’essenziale” (Marco Mengoni) e, in qualche modo, è cambiato qualcosa. Hai dosato le energie centellinando le collaborazioni oppure, più semplicemente, precedentemente avevi così tanti brani accumulati negli anni che, non appena hai avuto la possibilità, li hai pubblicati?
<<In realtà a volte capita di aver scritto delle canzoni in passato che vengono riproposte in un determinato momento e questa cosa, per quanto mi riguarda, mi è successa più volte. Sicuramente sono cambiate le aspettative nei miei confronti dopo “L’essenziale” perché tutti si aspettavano da me quel tipo di canzone e questo mi ha fatto sentire le spalle abbastanza pesanti. Poi, in realtà, in modo quasi del tutto naturale, ho iniziato a dosare le energie scrivendo, forse, un po’ meno ma con una lucidità maggiore. C’è da dire, però, che in questo lavoro si va anche molto per mode: c’è stato il periodo in cui si sentiva parlare tantissimo di Federica Camba, quello in cui lo si faceva per Fortunato Zampaglione e quello attuale in cui lo si fa per Tommaso Paradiso. È normale, ci sono dei cicli. La cosa importante, secondo me, è mantenere sempre un livello alto per quanto riguarda l’autore stesso: io voglio che ciò che scrivo soddisfi me stesso in primis altrimenti non voglio che vada in giro>>.
Volevo, per un momento, tornare a parlare del tuo progetto: so che il tuo nuovo album è già stato pressoché terminato. Quando potremmo ascoltarlo per intero?
<<Si, è concluso ma per ora non posso ancora dire nulla. Diciamo che io e Marta Venturini ce la siamo presa con moltissima calma: abbiamo iniziato i lavori ad ottobre dello scorso anno e abbiamo concluso il disco qualche mese fa. L’album è ben rappresentato da “Errori di felicità” anche se ci sarà qualcosa anche di diverso. Il minimo comun denominatore, oltre alla mia vocalità e al mio modo di scrivere, è il fatto che è un album completamente e totalmente suonato. È davvero stato bello registrarlo e sentire l’umanità del musicista suonare>>.
Per tornare, nuovamente, a questa famosa recensione, ho scritto “Dategli il palco di Sanremo perché faccia lo stesso percorso di Ermal Meta”. Ora, quando l’ho scritto sono andato a controllare su Wikipedia la tua data di nascita e mi sono accorto che qualche annetto in più c’è (non per darti del vecchio logicamente) e questo impedisce l’approdo tra le Nuove Proposte. In ogni caso, ci pensi mai al Festival?
<<Io ci penso da tanti anni: quello è un palco che mi ha sempre attratto e penso che sia una bellissima vetrina per presentare il proprio progetto come è stato, infatti, anche per Ermal Meta. Nel mio caso è ovviamente un po’ più complicato perché ho 38 anni quindi o si punta ai big, ma è un’impresa molto molto difficile, oppure occorre trovare altre strade che, per ora, non sono in programma. Indipendentemente da questo spero comunque di avere altre possibilità e tutto l’appoggio possibile per promuovere questo progetto>>.
Ma scusa, un duetto con Carmen Consoli? Lanciamo un appello
<<Ma magari! Carmen, ti prego, facciamo un duetto insieme. Beh io la adoro quindi…>>.
Parlando di Sanremo hai all’attivo una striscia impressionante di partecipazioni consecutive: da ben 6 anni ci sei sempre in gara…
<<Si, infatti, mi sa che l’anno prossimo non ci sto (ride)>>.
Eh, no, non vale… ora dovevi dirmi, in realtà, con chi ci sarai…
<<No, non lo so. Non ho ancora nulla in ballo e può anche darsi che dopo sei anni consecutivi in cui sono stato presente a Sanremo, anche con più canzoni contemporaneamente, questa vota non ci sia. Di canzoni da parte che io ritengo belle ne ho anche se, poi, deve crearsi una sinergia con gli artisti che partecipano e con quello che scrivono gli altri perché, logicamente, non esisto solo io>>.
Per concludere volevo fare una piccola carellata di tuoi successi come autore provando a svelare qualche retroscena particolare: so che è difficile perché di alcuni si è detto di tutto a partire da “Non ti scordar mai di me”, di cui parlavamo prima, rimasta nel cassetto per tre anni e poi, improvvisamente, proposta
<<Si, in realtà, io inizialmente non volevo scrivere per altri, mi ero sempre rifiutato di fare l’autore. Poi mi sono davvero innamorato della voce di Giusy Ferreri ad X-Factor e quando mi è stato chiesto un inedito per lei io ho proposto questa canzone registrata su una di quelle cassetine che, i vecchi come me, usavano per registrare le lezioni all’università>>.
No, no. Oggi si usa l’iPhone… Riguardo a “Diamante lei e luce lui”, invece?
<<E’ una di quelle canzoni che è stata scritta qualche anno prima rispetto all’uscita (2001): l’ho scritta addirittura nel 2007 per il compleanno della mia migliore amica. E’ stato il mio regalo di compleanno: lei mi chiamava “luce” e io la chiamavo “diamante”. Anche, in questo caso, ho voluto fortemente che fosse per Annalisa di cui mi ero innamorato della sua vocalità fin dalle selezioni di Amici>>.
Che poi, lasciatelo dire scherzosamente, porti iella
<<Oddio, perché?>>.
Come perché? Scrivi per Giusy e arriva seconda, scrivi per Annalisa e ancora seconda…
<<Eh no, Francesca Michielin con “Distratto” è riuscita a vincere. Però non è tanto iella alla fine dei conti: sia Giusy che Annalisa dopo il talent sono state le rivelazioni e coloro che hanno venduto di più. Non porto tanta sfida alla fine. E’ merito di tutti comunque: di chi scrive e di chi canta>>.
Venendo proprio a “Distratto” ricordo che tu raccontasti come ti fosse arrivato questo provino di Elisa su cui scrivere un testo
<<Si, fu un incontro virtuale e mediato dai miei editori nel senso che io, prima di allora, non avevo mai avuto contatti con lei malgrado la stimassi e la seguissi da anni: posso dire di non aver mai perso un suo tour live. Ricordo che mi arrivò questo provino per il quale dovevo scrivere il testo abbastanza di corsa: per me è impossibile scrivere su commissione e ricordo che ho avuto paura che la situazione mi sfuggisse di mano. Invece, fortunatamente, la melodia mi ha ispirato il testo in appena due o tre ore al quale poi, anche Elisa, ha contribuito mettendoci del suo>>.
Duo che con Elisa si è ripetuto poi anche per “Sola”, sempre di Francesca, e ultimamente per “Se ancora c’è”, per Federica. Ecco, questa è una canzone scritta in quel periodo di “frequentazione” oppure no?
<<No, “Se ancora c’è” l’ho scritta poco prima che Federica concludesse il percorso ad Amici. Non so quando Elisa l’avesse scritta e cantata originalmente>>.
Di “Per sempre” di Nina Zilli, invece, cosa mi dici?
<<L’aneddoto che ti posso raccontare di quella canzone è che quel brano è nato di getto, come molti altri, ma senza lo special. Sentivo che mancava qualcosa e una notte, mentre ero in hotel a Milano perché il giorno dopo dovevo andare in studio, mi sono svegliato alle 4 del mattino ed ho “vomitato” parole e musica di quello special che è la parte che io adoro di più>>.
E veniamo a “L’essenziale” che arrivò a Sanremo l’anno successivo. Te l’aspettavi la vittoria?
<<No, anche perché quello era il primo dei due anni in cui sono state le due canzoni per ogni artista e io me la vedevo con un pezzo di Gianna Nannini e di Pacifico, due grandi artisti che stimo ma di cui non avevo ancora ascoltato la canzone. Quando ho ascoltato il pezzo la prima serata ho pensato subito “ok, me ne vado a casa” e già il fatto che sia stata poi scelta “L’essenziale” tra le due per me è stata una vittoria. Tant’è che io sono rimasto tutta la settimana a Roma e sono andato a Sanremo solo il sabato mattina perché i miei editori mi hanno chiamato dicendomi di andare perché, almeno secondo i pronostici, la canzone era almeno sul podio. E’ stata una delle notti più belle della mia vita>>.
L’anno dopo, però, ci torni con Francesco Renga e Giusy Ferreri ed il meccanismo ti va contro stavolta nel senso che, nel caso di Renga, il tuo pezzo viene eliminato da quello di Elisa. Una coppia che funziona e a volte no…
<<Eh si ma con Giusy sono stato più furbo: erano miei tutti e due i pezzi quindi lì è andata bene>>.
Parere mio personale: “Ti porto a cena con me” non era addirittura meglio de “L’essenziale”?
<<Sono due canzoni molto molto diverse anche da un punto di vista emotivo: io sono molto legato a “Ti porto a cena con me” e ogni volta che l’ascolto mi commuove. “L’essenziale” ha una visione molto più universale dell’amore, lascia una più ampia interpretazione a proposito anche dei valori della vita non a caso, in quel periodo, veniva ripresa anche nelle omelie. “Ti porto a cena con me”, invece, è la classica canzone d’amore strappalacrime>>.
Io son convinto che, senza nulla togliere a Giusy che, però, in quel periodo arrivava da una lunga parentesi di stop musicale, se quella canzone fosse stata cantata da qualcuno più popolare in quel momento storico, forse, avresti bissato la vittoria.
<<Grazie. In realtà se sapessimo quale fosse la sorte di una canzone sarebbe tutto più facile. Io ricordo che quando Giusy ha fatto il primo provino di quel pezzo io veramente iniziai a piangere: indipendentemente da come è andata la gara io sono davvero felice che l’abbia cantata lei. E’ proprio questa, forse, la cosa bella del mio lavoro: subentrano sempre diversi fattori oltre alla bellezza per far funzionare una canzone>>.
Ecco, a tal proposito, è interessante come a volte succede che le canzoni, nate magari da qualcun altro e in un momento diverso, sposino alle perfezione il momento della vita dell’artista che le propone. E’, ad esempio, il caso di “Cercavo amore”, caduta a fagiolo nel momento in cui Emma viveva un periodo difficile della sua vita privata, o proprio de “L’essenziale”, che rappresenta alla perfezione il nuovo essere di Marco Mengoni
<<Si, è vero. Nel caso di Marco tutti si ricordavano il suo cantato come pieno di virtuosismi mentre, invece, quel brano per la prima volta lo proponeva molto preciso e lineare. E’ stata veramente una sorpresa per tutti ma io ho sempre puntato molto su di lui e su quella canzone>>.
Anche se poi, non hai più scritto per lui se ben ricordo. Paura di non riuscire a ripetere un successo così clamoroso oppure semplice casualità?
<<Gli ho proposto altre canzoni successivamente ma non sono andate a finire nel disco. Però sai, scrivere per un artista che scrive anche da sé le proprie emozioni deve, come giustamente dicevi prima, far combaciare l’uomo e la canzone: non è detto che questa unione di anime avvenga sempre. Io, ovviamente, sono molto contento di collaborare nuovamente con Marco. Una cosa che proprio mi manca è, invece, la paura di ripetermi: difficilmente faccio la copia di qualcosa che ho già fatto, sarebbe impossibile ripetermi>>.
Volevo chiudere questa carrellata con la già citata “Sul ciglio senza far rumore” che arrivò ai vertici delle classifiche ancor prima di essere estratto come singolo radiofonico.
<<Si, è stata una canzone che è piaciuta da subito moltissimo alle persone che, solo con un passaggio televisivo di sottofondo, è arrivata al numero 5 di iTunes. Esattamente un anno fa Alessandra era in concerto qui a Roma e ricordo la folla che cantava il brano a squarciagola>>.
Tornando al discorso che facevamo prima riguardo alla “contemporaneità falsata”: Alessandra nell’ultimo progetto ha notevolmente cambiato i piani del suo essere artista ma questa canzone, in qualche modo, rappresentava un anello di congiunzione tra il suo passato e il suo futuro
<<Io penso che sicuramente è una canzone molto melodica, e che quindi potesse adattarsi al percorso di Alessandra alla perfezione, ma sono sempre stato convinto che fosse una ballad super moderna pur senza sacrificare la nostra tradizione melodica. Evidentemente tra melodia, testo e la sua interpretazione è scattata quella magia unica di cui parlo>>.
Da fan di entrambi non posso non pregarti di scrivere tutto il suo prossimo album: aspettavo da tempo questo connubio che, secondo me, è davvero perfetto.
<<Oddio, sai che noia per voi. Io spero davvero di continuare a collaborare con lei perché una ragazza straordinaria. In realtà pochi sanno…>>
La so! “X ora x un po’”, nel 2009
<<Bravo! Son passati sette anni proprio perché le cose vanno per come devono andare>>.
Ilario Luisetto
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