Come i testi delle canzoni hanno raccontato il tema della primavera
Cosa lasciamo alle spalle dell’inverno? Cosa ci auguriamo per questa primavera?… Desiderare, ecco, poter dire “voglio ancora“!
Sembrerà strano, ma il pop può aiutarci anche stavolta, per esempio, con Orietta Berti quando canta “e la storia che si ripete è sempre quella. A voi russi o americani Io non delego il suo domani Su mio figlio non metterete le vostre mani. Voglio ancora una vita e un aquilone, Voglio ancora due sassi da buttare, Dire sì, dire no, dire amore E insegnarti che tu puoi volare (…) Siamo tutti un po’ responsabili Se la vita sarà impossibile, Non c’è un alibi che tenga alla follia” (Futuro). Un pezzo leggero in apparenza, in cui si leggono perfettamente aspetti della realtà internazionale attuale e si coglie la circolarità degli eventi storici, in senso lato. I “voglio ancora” della Berti esprimono il desiderio di libertà e di evasione, mentre ci insegnano che le narrazioni collettive necessitano di una prospettiva futura in grado di andare oltre le difficoltà e le brutture del presente.
Ci si salva, dunque, con i desideri; con quei “voglio ancora” che per Elodie diventano malattia e obiettivo futuro. Così, “voglio ancora ammalarmi d’amore io perché so che lo so fare febbre e brividi voglio ancora incontrarmi coi sogni miei sulla strada verso il sole lasciarli liberi con me (…) Eccomi qui sempre qui a guardare un orizzonte tutto quello che io voglio è arrivare lì” (La mia strada verso il sole).
Stare di fronte alla linea apparente, lungo la quale il cielo sembra toccarsi con la terra o il mare, vuol dire avere una consapevolezza tale da saper esaminare la complessità di una situazione, prendendo atto di come stiamo veramente dentro. Spezzata e spiazzata dall’amore, Mia Martini non può fare a meno di riconoscere comunque che “voglio te, occhi d’amore, anima chiara Perché sei tornato indietro e hai preso il mio cuore Senza paura mi hai fatto male Per cercare in me la verità Attraverso antiche piaghe di mille anni fa” (Voglio Te).
Quelle ferite sono fratture difficili da saldare e vuoti esistenziali, dai quali siamo chiamati a trovare il modo per far rifiorire la vita. E, in questo, anche la musica può essere un grande sostegno, per il potere di riportare a galla i sentimenti più profondi, che, in certi casi, seppelliamo con una persona cara che ci lascia. Trovare la forza di un “ti voglio ancora bene”, come fa GionnyScandal con la sua mamma, è anche il risultato di un grande scandaglio interiore in mezzo al travaglio del dolore e alla nostalgia per le abitudini di un tempo, ora ripetibili soltanto con la fantasia: “non è che se non ti cerco mai Vuol dire che non ti penso mai Passo una di ‘ste sere Tu mamma non temere Ti voglio ancora bene Ti voglio ancora bene Ti voglio ancora bene Mi cantavi ninnananna tutte le sere Adesso io ti canto: Mamma, ti voglio bene” (Ti voglio ancora bene).
Infine, non vanno trascurati tutti quei “voglio ancora” che danno mordente alla vita e ci portano nel vortice delle passioni. Li canta Vasco Rossi con “ma adesso spogliati Che voglio morderti Voglio sentire ancora il tuo piacere esplodere col mio”, e mentre lo fa ci regala una grande lezione di senso “domani sarà tardi per rimpiangere la realtà È meglio viverla È meglio viverla”(Gabri) … e noi vogliamo viverla!
Francesco Penta
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