A tu per tu con Francesco Motta in occasione dell’uscita di “Suona! Vol. 1”, il suo nuovo progetto discografico fuori da venerdì 11 ottobre. Ecco la nostra intervista
Si intitola “Suona! Vol. 1” il nuova album di Motta, pubblicato dall’etichetta indipendente Sona Music Records e distribuito da ADA Music Italy a partire dallo scorso 11 ottobre. In questa intervista,il cantautore ci racconta di questo suo progetto libero, psichedelico, dall’attitudine punk, in cui la dimensione del live e dello studio di registrazione si fondono l’una con l’altra. Motta Intervista
L’idea alla base è stata quella di scardinare la verticalità di alcuni brani editi che hanno fatto parte della sua carriera, sia solista che con i Criminal Jokers, modificando arrangiamenti e armonie. Il tutto inserito all’interno di un flusso creativo che ha avuto come finalità il piacere di fare musica. All’interno del disco è presente un solo inedito che, riprendendo il titolo del progetto, ne è diventato il manifesto. Motta Intervista
“Suona! Vol. 1” sarà accompagnato da quattro unici e intimi appuntamenti live previsti a novembre. Sul palco con Motta ci saranno Cesare Petulicchio, Giorgio Maria Condemi e Roberta Sammarelli, in collaborazione con Dr. Martens: il 7 e l’8 novembre all’Hacienda di Roma e il 27 e il 28 novembre al Base di Milano. Motta Intervista
Motta, la nostra intervista
Hai descritto “Suona! Vol. 1” come un progetto libero, psichedelico e dall’attitudine punk. Cosa ti ha spinto a scegliere questa direzione per nella realizzazione di questo album?
«La scelta è stata influenzata da ciò che è successo durante i miei concerti dal vivo. Volevo rigenerare le canzoni, senza forzare cambiamenti che le rendessero “moderne”. Ho sempre apprezzato le versioni originali, ma c’era voglia di divertirsi e di esplorare nuove sonorità. Ho lavorato con persone con cui suono da anni, come Giorgio, Maria e Cesare, e l’obiettivo era capire come alcuni testi potessero mutare, mantenendo le stesse parole. Questo approccio ha portato a un’atmosfera di sperimentazione e libertà che sento caratterizzi il disco».
L’intento era quello di fondere la dimensione live con quella dello studio. Come sei riuscito a ricreare l’atmosfera e l’energia di un concerto in un ambiente di registrazione?
«Per ricreare l’atmosfera di un concerto in studio, abbiamo adottato un approccio molto diretto. Di solito, quando si suona dal vivo, c’è una sorta di urgenza a non fermarsi mai. Questo ci ha spinto a esplorare momenti strumentali prolungati, dando vita a una spontaneità che raramente riesco a catturare in studio. A volte, si tende a fare un passo indietro per mantenere la sintesi, ma in questo caso ho voluto premere sull’acceleratore, permettendo che l’energia dal vivo si riversasse nelle tracce. Questo ha conferito al disco una freschezza e un’immediatezza che spero siano evidenti all’ascolto».
Ci sono brani nel disco che sono stati completamente riarrangiati rispetto alle versioni precedenti. Qual è stata la traccia più “difficile” da riaprire, quella che ti ha portato via maggior tempo?
«Senza dubbio, il brano che ha richiesto più impegno è stato l’inedito “Suona”. Per me, scrivere testi è sempre una sfida, e questo pezzo ha richiesto una riflessione profonda. Ho dovuto confrontarmi con il mio modo di scrivere, ma è stato anche liberatorio, perché mi ha portato a esplorare nuove immagini e significati. A differenza di altre canzoni, che potevano avere un significato più chiaro, ho voluto che “Suona” avesse un’interpretazione più aperta, permettendo all’ascoltatore di trovare la propria connessione. Alla fine, è stato quasi come tornare a una versione originale, un ritorno alle radici che mi ha reso felice».
Infatti, l’unico inedito del disco è “Suona”, puoi raccontarci di più su questo brano e sulla scelta di selezionarlo rispetto per questo progetto?
«“Suona” rappresenta la conclusione di un processo evolutivo che ho vissuto mentre lavoravo a questo album. Ho scritto molte canzoni, ma questo inedito sembrava racchiudere l’essenza del progetto. Ho scelto “Suona” perché è l’ultima cosa che ho scritto e riflette perfettamente la coerenza narrativa che cercavo. La sua genesi è stata il risultato di un percorso creativo che mi ha portato a esplorare nuove idee, e sentivo che, per questo progetto, doveva essere l’elemento centrale. In questo senso, ha una connotazione di freschezza e contemporaneità che lo rende particolarmente significativo».
“Suona! Vol. 1” è il primo album pubblicato dalla tua etichetta, Sona Music Records. Mi incuriosisce chiederti come cambia e se influenza in qualche modo il duplice ruolo di artista e di produttore dello stesso progetto?
«Assumere il duplice ruolo di artista e produttore ha arricchito notevolmente la mia esperienza creativa. Lavorare con professionisti esperti, come quelli di Sugar, mi ha insegnato molto e mi ha dato la libertà di sperimentare. La mia etichetta, Sona Music Records, mi ha permesso di esplorare un’idea discografica chiara, con un occhio al passato, rielaborando brani della mia vecchia band, i Criminal Jokers. Questo mi ha dato la possibilità di destrutturare il mio passato e vedere le cose da una nuova prospettiva. Sono davvero entusiasta di questa libertà creativa e delle opportunità che offre per progetti futuri».
A novembre ci saranno quattro date uniche a Roma e Milano. Ti chiedo cosa può aspettarsi il pubblico da questi concerti in calendario e, qualche piccolo spoiler sulla scaletta, se ci saranno altri pezzi riarrangiati in questa chiave e che magari saranno contenuti in un volume 2?
«Nei concerti di novembre, il pubblico può aspettarsi un’esperienza molto interattiva e coinvolgente. Non ci sarà il palco nel mezzo come in un concerto tradizionale, il che renderà tutto molto più intimo e unico. Presenteremo gli arrangiamenti del disco, ma sono certo che durante i concerti ci sarà ancora spazio per improvvisazioni e cambiamenti, rendendo ogni esibizione diversa dall’altra. Per quanto riguarda un volume 2, al momento non ci ho ancora pensato, ma ci sono molte idee che potrebbero prendere forma, e sarebbe bello continuare su questa strada».
Per concludere, come si è evoluto nel tempo il tuo modo di concepire la musica sia in studio che sul palco? Cosa è cambiato e cosa è rimasto immutato?
«Il mio approccio alla musica è cambiato in vari aspetti, ma la passione per ciò che faccio è rimasta invariata. La voglia di creare e di esprimermi è sempre presente, ma le influenze musicali e le mie preferenze sono in continua evoluzione. Negli ultimi anni, ho sentito un forte bisogno di tornare indietro e rivedere alcuni brani del passato con una nuova prospettiva. Collaborare con la mia band attuale mi ha fatto sentire più protetto e supportato nelle mie scelte artistiche, permettendomi di esplorare territori musicali che prima avrei evitato. In questo senso, mi sento più libero e unito alle persone con cui lavoro, e questa connessione arricchisce ogni progetto a cui mi dedico». Motta Intervista
Nico Donvito
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