A tu per tu con i Fast Animals and Slow Kids, in occasione dell’uscita del nuovo album “Hotel esistenza”. La nostra intervista alla band perugina
Tempo di nuova musica per i Fast Animals and Slow Kids, fuori con l’album “Hotel esistenza”, disponibile per Woodworm in licenza esclusiva M.A.S.T./Believe dallo scorso venerdì 25 ottobre.
Tre anni di lavoro per un disco che racconta di vita, affrontando temi come il cambiamento, la fuga e il ritorno a casa. Un progetto fatto di canzoni, che sorreggono come pilastri l’intero ascolto, trasportandoci nella profondità dei nostri pensieri.
Si tratta del settimo album di studio per la band perugina composta da Aimone Romizi (voce, chitarra), Alessio Mingoli (batteria, seconda voce), Jacopo Gigliotti (basso) e Alessandro Guercini (chitarre). Ecco cosa ci hanno raccontato.
I Fast Animals and Slow Kids presentano “Hodel esistenza”, l’intervista
“Hotel esistenza” è il titolo del vostro nuovo album, che descrivete come un riflesso degli ultimi tre anni della vostra vita, tra novità e continuità. Quali sono i cambiamenti più significativi che avete vissuto e come si riflettono nel disco?
«Bella domanda, perché ogni singola canzone può rimandare a un momento specifico. Il cambiamento è sempre difficile da individuare, specie se parliamo di un lasso di tempo come tre anni. Di fatto c’è, perché sono le stesse esperienze che ci hanno cambiato. Siamo partiti da 42 canzoni, quindi abbiamo scritto tantissimo. Quindi già il disco è una grande scrematura tra canzoni che magari parlavano della stessa cosa. In questi anni abbiamo fatto di tutto, siamo stati in tour in Europa e abbiamo visto l’Europa andando in giro in furgone come quando avevamo vent’anni. Poi, nel frattempo, abbiamo fatto una roba pazzesca suonando con un’orchestra in giro per i teatri. Tutto questo mentre, nel frattempo, viviamo le nostre vite».
Parlate dell’album come se fosse un hotel, con stanze arredate in modo diverso, ma con una visione comune. Per proseguire con la vostra metafora, vi chiederei di parlarci del processo creativo partendo dalle fondamenta…
«È stato sicuramente un lungo e intenso lavoro. All’inizio ci stavamo semplicemente muovendo senza pensare troppo a ciò che sarebbe venuto fuori. Nel tempo l’abbiamo provate tante, però ultimamente diciamo che partiamo un po’ da quello che potrebbe essere un giro armonico, qualcosa che ci piace. Su quello andiamo a costruire una forma canzone, qualcosa che ci piace e su questo andiamo a stendere un testo che parte magari da delle idee, delle immagini che abbiamo preso in giro, viaggiando».
C’è un tema ricorrente di fuga e di ritorno a casa nel disco. Che significato attribuite alla “fuga” e qual è la vostra idea di “casa” oggi?
«Beh, sicuramente avere vissuto, continuare a vivere a Perugia ci rende la visione ben chiara, l’idea di casa insomma. Nonostante abbiamo viaggiato molto nella nostra vita, Perugia è sempre rimasta la nostra roccaforte, un posto sicuro dove tornare. E forse in noi è radicata questa idea, proprio perché abbiamo avuto la possibilità di viaggiare. Di staccarci spesso, per approfondirne la bellezza e, se vogliamo, anche i limiti. Il senso di fuga, invece, ha a che vedere con le esplorazioni di noi stessi e la scoperta. Fuggire serve anche per allontanarsi da quelle che sono le zone di comfort, musicalmente è fondamentale, se ti concentri sempre sulla roba a un certo punto diventa un rimpasto di cose già fatte e già dette. Invece andando in giro scopri che c’è un mondo. Il nostro castello di sabbia lo costruiamo e lo distruggiamo alla fine di ogni percorso e ne facciamo uno nuovo, che non è detto sia meno bello del precedente. Questa è la nostra filosofia».
Per concludere, quali elementi e quali caratteristiche vi rendono orgogliosi di un disco come “Hotel esistenza”?
«Forse la sincerità, il modo che ha questo disco di comunicare e di portare avanti certe tematiche, anche certi aspetti delle nostre vite. È un lavoro che comunque riesce a riunire le nostre anime e questo è un riassunto completo. Musicale parlando lo consideriamo molto attuale, proprio perchè contiene all’interno una sua personalità e una sua integrità. C’è tanta roba e ci sono tanti aspetti di noi, gli stessi che prima magari guardavamo soltanto da un lato o ne predavamo soltanto uno per poi approfondirlo in modo verticale. In “Hotel esistenza”, invece, c’è una certa espansione, ci sembra un disco abbastanza espanso che parla di molte cose e lo fa con attenzione e questo è anche perché, secondo no, c’è stato il tempo di farlo, ci siamo dati il tempo di farlo. È una cosa che non bisogna dimenticare, perché questi tempi ci portano a spingere come dei draghi e ad andare a gran velocità. In realtà, la musica ha bisogno di tempo».
I Fast Animals and Slow Kids presentano “Hodel esistenza”, l’intervista
“Hotel esistenza” è il titolo del vostro nuovo album, che descrivete come un riflesso degli ultimi tre anni della vostra vita, tra novità e continuità. Quali sono i cambiamenti più significativi che avete vissuto e come si riflettono nel disco?
«Bella domanda, perché ogni singola canzone può rimandare a un momento specifico. Il cambiamento è sempre difficile da individuare, specie se parliamo di un lasso di tempo come tre anni. Di fatto c’è, perché sono le stesse esperienze che ci hanno cambiato. Siamo partiti da 42 canzoni, quindi abbiamo scritto tantissimo. Quindi già il disco è una grande scrematura tra canzoni che magari parlavano della stessa cosa. In questi anni abbiamo fatto di tutto, siamo stati in tour in Europa e abbiamo visto l’Europa andando in giro in furgone come quando avevamo vent’anni. Poi, nel frattempo, abbiamo fatto una roba pazzesca suonando con un’orchestra in giro per i teatri. Tutto questo mentre, nel frattempo, viviamo le nostre vite».
Parlate dell’album come se fosse un hotel, con stanze arredate in modo diverso, ma con una visione comune. Per proseguire con la vostra metafora, vi chiederei di parlarci del processo creativo partendo dalle fondamenta…
«È stato sicuramente un lungo e intenso lavoro. All’inizio ci stavamo semplicemente muovendo senza pensare troppo a ciò che sarebbe venuto fuori. Nel tempo l’abbiamo provate tante, però ultimamente diciamo che partiamo un po’ da quello che potrebbe essere un giro armonico, qualcosa che ci piace. Su quello andiamo a costruire una forma canzone, qualcosa che ci piace e su questo andiamo a stendere un testo che parte magari da delle idee, delle immagini che abbiamo preso in giro, viaggiando».
C’è un tema ricorrente di fuga e di ritorno a casa nel disco. Che significato attribuite alla “fuga” e qual è la vostra idea di “casa” oggi?
«Beh, sicuramente avere vissuto, continuare a vivere a Perugia ci rende la visione ben chiara, l’idea di casa insomma. Nonostante abbiamo viaggiato molto nella nostra vita, Perugia è sempre rimasta la nostra roccaforte, un posto sicuro dove tornare. E forse in noi è radicata questa idea, proprio perché abbiamo avuto la possibilità di viaggiare. Di staccarci spesso, per approfondirne la bellezza e, se vogliamo, anche i limiti. Il senso di fuga, invece, ha a che vedere con le esplorazioni di noi stessi e la scoperta. Fuggire serve anche per allontanarsi da quelle che sono le zone di comfort, musicalmente è fondamentale, se ti concentri sempre sulla roba a un certo punto diventa un rimpasto di cose già fatte e già dette. Invece andando in giro scopri che c’è un mondo. Il nostro castello di sabbia lo costruiamo e lo distruggiamo alla fine di ogni percorso e ne facciamo uno nuovo, che non è detto sia meno bello del precedente. Questa è la nostra filosofia».
Per concludere, quali elementi e quali caratteristiche vi rendono orgogliosi di un disco come “Hotel esistenza”?
«Forse la sincerità, il modo che ha questo disco di comunicare e di portare avanti certe tematiche, anche certi aspetti delle nostre vite. È un lavoro che comunque riesce a riunire le nostre anime e questo è un riassunto completo. Musicale parlando lo consideriamo molto attuale, proprio perchè contiene all’interno una sua personalità e una sua integrità. C’è tanta roba e ci sono tanti aspetti di noi, gli stessi che prima magari guardavamo soltanto da un lato o ne predavamo soltanto uno per poi approfondirlo in modo verticale. In “Hotel esistenza”, invece, c’è una certa espansione, ci sembra un disco abbastanza espanso che parla di molte cose e lo fa con attenzione e questo è anche perché, secondo no, c’è stato il tempo di farlo, ci siamo dati il tempo di farlo. È una cosa che non bisogna dimenticare, perché questi tempi ci portano a spingere come dei draghi e ad andare a gran velocità. In realtà, la musica ha bisogno di tempo».
Nico Donvito
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