A tu per tu con una degli otto protagonisti dei giovani di Sanremo 2018, in gara con “Specchi rotti”
«Mi piace essere una tela bianca su cui ognuno possa vedere il quadro che desidera», così ama descriversi Alice Caioli, giovane cantante siciliana che conosceremo meglio sul palco del Teatro Ariston di Sanremo, a partire dal prossimo 6 febbraio. “Specchi rotti” è il suo biglietto da visita, il brano che ha convinto la commissione presieduta dal direttore artistico Claudio Baglioni, un pezzo che parla di lei e che si rivolge alle nuove generazioni. Vincitrice insieme a Leonardo Monteiro di Area Sanremo, l’artista si era già fatta notare in passato in altre esperienze mediatico-musicali, nel 2010 con “Io Canto” e nel 2013 con X Factor, arrivando fino alla fase Boot Camp. Scopriamo insieme quali sono le sensazioni e il suo stato d’animo alla vigilia dell’inizio della kermesse.
Ciao Alice, partiamo dalla tua “Specchi rotti”, com’è nata e cosa rappresenta per te questa canzone?
«E’ nata due anni fa e rappresenta un percorso della mia vita, il mancato rapporto con mio padre, soprattutto in un periodo delicato come quello dell’adolescenza, questo mi ha fatto molto soffrire e ho rischiato di prendere strade sbagliate. La mia famiglia e la musica mi hanno salvato, con questa canzone vorrei portare alla riflessione tutte i ragazzi che affrontano un momento difficile, invitandoli a cercare di volersi più bene possibile per intraprendere il giusto percorso».
Come ti sei trovata a collaborare con Paolo Muscolino? Quale apporto ha dato al brano?
«Devo essere sincera? Ma sì, io lo sono sempre, non posso fare altrimenti. Non mi sono trovata bene, infatti ho cambiato produttore e attualmente ho la fortuna di lavorare con Davide Maggioni. A Paolo riconosco comunque il merito di aver fatto un buon arrangiamento».
Com’è nata l’idea di mescolare la melodia, una delle peculiarità made in Italy, a sonorità elettroniche ed r’n’b?
«Personalmente avrei voluto farla ancora più innovativa, ma a volte osare troppo non serve, il palco dell’Ariston ha bisogno sia di rinnovamento che di tradizione, anche se alla fine l’ho scelta più per il messaggio testuale che per motivi musicali. Ho voluto che ci fossero influenze elettroniche per rendere il brano più fresco, alla portata di tutti».
Sei una dei due vincitori di Area Sanremo, insieme a Leonardo Monteiro, cosa ti ha lasciato questa esperienza?
«Tanto, anzi tantissimo. Nel corso delle settimane, tappa dopo tappa, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare tanti addetti ai lavori, oltre che approfondire la conoscenza tra noi ragazzi, scambiarci consigli e instaurare anche rapporti umani. Oltre che Leonardo, ho conosciuto Andrea Maestrelli che sarà co-autore con me nell’album, insieme a Francesco Guasti che ha fatto Sanremo lo scorso anno».
In gara a Sanremo 2018 ci sono ben ventiquattro canzoni su ventotto scritte dagli stessi artisti che poi le interpreteranno sul palco dell’Ariston. Come vivi da autrice questa scelta?
«Sono felicissima di questa scelta artistica. Sono arrivata alla conclusione che nel mondo della musica ci siano molti interpreti e pochi cantautori, lo trovo un peccato e uno svantaggio, perché in occasioni importanti come questa è necessario tirare fuori le proprie capacità e far emergere se stessi. Sapere che quest’anno c’è questa sorta di controtendenza è molto appagante, non poteva essere altrimenti con un direttore artistico come Claudio Baglioni, trovo che abbia fatto un gran lavoro e sono convinta che sarà un bellissimo Festival».
Quanto è importante la credibilità per un’artista? Soprattutto per chi comincia a muovere i suoi primi passi in questo mondo?
«E’ fondamentale, quando si sale su di un palco non bisogna avere paura di mostrare se stessi, l’angoscia e l’ansia ci stanno perché ti danno adrenalina, ma la paura di apparire per come sei realmente può solo rappresentare un ostacolo alla tua credibilità. Non basta avere una bella voce se indossi una maschera ed instauri un muro con il pubblico, sarai un bravo cantante ma non un artista, che è diverso».
Riguardo al videoclip, online da pochissime ore, cosa avete voluto esprimere attraverso quelle immagini?
«Abbiamo scelto come location un albergo di Castel di Tusa, che contiene ventidue stanze d’arte, tutte arredate da architetti diversi. La maggior parte delle scene sono state girate nella camera della Torre di Sigismondo, con ha una finestra sul tetto che ti permette di guardare le stelle di notte, aspetto che richiama il concetto dell’intera canzone».
Come ti stai preparando per il Festival? Quali sono le tue aspettative?
«Nel modo più semplice possibile, senza troppi pensieri. Non ho aspettative, perché ogni qualvolta che mi aspetto un qualcosa ottengo l’effetto contrario, che non è mai positivo (ride, ndr). Vivo questa attesa con tranquillità e con il desiderio di fare bene».
Facciamo un salto indietro nel tempo, qual è il tuo primo ricordo con la musica?
«Avevo cinque anni, ascoltavo e cantavo continuamente in macchina ‘Left outside alone’ di Anastacia, assillando mia madre. In quel momento ha iniziato a capire che per me non era un gioco e, piano piano, ho intrapreso il percorso che desideravo, ma credo sia partito tutto da quel fotogramma che ho in mente».
Ti faccio la domanda più semplice ma anche la più complessa del mondo: chi è Alice Caioli?
«Mi reputo una ragazza semplicissima, mi basta un niente per essere ‘felice’. Sono una persona spontanea, a volte anche troppo e ne pago sempre le conseguenze, sincera e impulsiva, in una sola parola: vera. Sono quella che vedrete al Festival, niente di più e niente di meno».
Sono curioso di approfondire con te questa tua curiosa passione nei confronti dei pipistrelli, com’è nata?
«Guarda, quando ero piccina e i miei genitori stavano ancora insieme, mi hanno regalato un peluche di un pipistrello bianco, si chiamava Bartok ed era un personaggio del cartone animato Anastasia. Da quel momento sono rimasta affascinata da questi soggetti, sono consapevole del fatto che siano bruttini e possano fare anche ribrezzo, ma io sono fatta al contrario, li trovo carini e mi piacerebbe tanto accarezzarne uno vero. A Sanremo non avrò portafortuna perché non sono scaramantica, ma il pipistrello sarà la mia mascotte».
Tornando a Sanremo, hai già fatto le prove con l’orchestra? Come sono andate?
«Si, mi manca soltanto la prova generale che faremo pochi giorni prima dell’inizio del Festival. E’ andata abbastanza bene, anche se vocalmente in questo mese sono stata male, ho avuto una tracheite pazzesca, ma mi sto rimettendo. Salire sul palco dell’Ariston è stato emozionante, ho percepito la tensione che avvertirò tra due settimane quando il teatro sarà pienissimo e la gente sarà sintonizzata da casa per ascoltarci. Il mio direttore d’orchestra Massimo Morini è una persona meravigliosa, la sua presenza sarà fondamentale per mettermi completamente a mio agio».
Non ti chiederò chi tra le altre Nuove Proposte ti ha colpito di più, ma mi incuriosiva sapere chi tra i Big in gara non vedi l’ora di incontrare, di stringere la mano, di chiedere un autografo, di farti un selfie?
«Reputo Fabrizio Moro uno degli autori più bravi degli ultimi anni, poi amo moltissimo Noemi, la seguo sin dai tempi di X Factor. Poi sono contenta che ci saranno molte quote siciliane come me, da Diodato a Roy Paci, da Giovanni Caccamo a Mario Biondi, una voce unica».
Cosa puoi anticiparci del tuo nuovo album in lavorazione?
«Uscirà subito dopo Sanremo e sarà un po’ borderline, nel senso positivo della parola. Racconterà dei miei sbalzi d’umore e, attraverso tutte le dodici tracce, verrà fuori la mia natura e il mio carattere. I testi sono scritti principalmente da me, come ti anticipavo con l’aiuto di Andrea Maestrelli e Francesco Guasti, e l’intero progetto sarà prodotto da Davide Maggioni. Ci saranno l’ r’n’b, sonorità un po’ anni ’80, sfumature rap e, ti anticipo, anche qualcosa di siciliano…».
Al Festival mancano esattamente 10 giorni, 250 ore, 15.000 minuti e 900.000 secondi. Hai ansia?
«Nooooo! Assolutamente! Vuoi la verità? Per me mancano sempre cinquanta giorni al Festival, sono rimasta ferma alla serata di Sarà Sanremo! Tra gli impegni e il trambusto non mi sono resa conto del tempo che passa e, forse, è meglio così».
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?
«Il messaggio è che bisogna sempre volersi bene, avere speranza anche quando vedi tutto nero e non riesci a tirarti fuori dai guai, in realtà, c’è sempre il modo per farlo. Spesso i ragazzi si lasciano trascinare dalle cattive compagnie in scelte sbagliatissime, ci sono passata anche io e ce la possono fare davvero tutti. Bisogna tornare a credere in se stessi e avere un briciolo di autostima, ecco questo vorrei arrivasse a tutti coloro che ascoltano la mia musica».
Nico Donvito
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