domenica 24 Novembre 2024

ULTIMI ARTICOLI

SUGGERITI

Seba Damico: “Non c’è nulla di male nel cantare i sentimenti” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore siciliano, in radio dal 15 giugno con il singolo “Irraggiungibile”

 Seba Damico IrraggiungibileLo abbiamo già conosciuto in occasione della pubblicazione del suo primo EP Sono un alieno, abbiamo il piacere di incontrarlo nuovamente per parlare del lancio del suo nuovo singolo “Irraggiungibile”, stiamo parlando di Seba Damico, artista siciliano che ci racconta il suo essere cantautore oggi.

Ciao Sebastiano, ben ritrovato. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Irraggiungibile”, com’è nata questa canzone?

«E’ nata in una serata d’inverno, al contrario di “Sono un alieno”, che invece l’ho composta d’estate. L’ho buttata giù in macchina, in genere mi succede sempre in luoghi stranissimi, non ho mai scritto nulla comodamente a casa, sono fatto così (ride, ndr). Solitamente compongo quando sono triste, credo sia la mia prerogativa. La musica mi ha aiutato a superare i momenti difficili che, per carità, tutti abbiamo. Nel dettaglio, questa canzone parla di un sentimento che provavo per una mia amica, che ho covato senza mai rivelarmi, forse per paura di rovinare il rapporto o, più semplicemente, per timore di un suo rifiuto».

E poi com’è andata finire? 

«In realtà non è nemmeno mai partita, ci siamo persi un po’ di vista, tuttora non sa nemmeno che ho scritto questo pezzo pensando a lei. Chissà, forse poteva andare diversamente, ma non mi rammarico troppo, di positivo è rimasta questa canzone. Oggi mi è passata, anche perchè sono trascorsi tre anni, ma quando la riascolto mi immedesimo in quei momenti, questa trovo sia la vera magia della musica, riuscire a farti rivivere un ricordo, bello o brutto che sia. Sai, non sono un tipo che esterna facilmente le proprie emozioni, sicuramente se vuoi capire qualcosa in più di me devi ascoltare i miei pezzi».

Una bella canzone d’amore, uscita in estate. Non trovi che sia un po’ una controtendenza parlare in questo periodo di sentimenti e non di selfie in riva al mare? 

«Inizialmente ho pensato che non fosse adatta alla stagione, poi mi sono detto “ma chissenefrega”. Al di là dell’estate, credo ci sia un po’ una tendenza generale nel considerare fuori dall’ordinario parlare di sentimenti, per me è banale chi vuole cercare di non esserlo, snaturando se stesso, costruendo a tavolino le proprie canzoni, una pratica ormai diffusa che si distingue subito dal primo ascolto. Per questo motivo, continuo ad apprezzare Vasco e Ligabue, l’autenticità e la sensibilità dei grandi cantautori».

Il tuo brano mi ha molto colpito per la sua verve sentimentale, rivendichi con orgoglio l’appartenenza al club degli inguaribili romantici?

«Assolutamente si! Oggi essere romantici è démodé, sembra quasi che ci si debba vergognare a provare dei sentimenti, o perlomeno nel raccontare di provarli. Non c’è nulla di male, anzi fanno parte della nostra quotidianità, oltre che del nostro DNA. Faccio parte della generazione di coloro che davanti ad un tramonto si emozionano ancora e magari ci scrivono pure una canzone, mentre al giorno d’oggi non lo si osserva nemmeno, si scatta una foto e la si posta su Instagram».

C’è una veste precisa che hai voluto dare al pezzo, sia dal punto di vista della sonorità che del testo? 

«Sicuramente le sonorità sono pop-rock, un po’ melodico perché è una ballad romantica. Il testo è arrivato in un secondo momento rispetto alla musica, ho cercato di lasciarmi ispirare dalla melodia, non so spiegarti bene, ma le parole sono arrivate quasi da sole, in maniera molto spontanea».

Come valuti l’attuale scenario discografico?

«Ormai oggi il mondo della musica sta prendendo una piega che non mi piace affatto, nelle mie canzoni c’è sempre un filo conduttore tra i testi, non sono uno che va a ricercare chissà quali parole, ma trovo che manchi molto la melodia. Sono rimasto legato all’armonia degli anni ’90, anche se riconosco alcune eccezioni come, ad esempio, Tiziano Ferro e Coez, tra i pochi in grado di scrivere cose davvero meravigliose».

Personalmente, ti collochi in un genere particolare?

«Sicuramente il rock e le chitarre sono la mia passione, ma non mi faccio troppi preconcetti. Io vorrei comunque avere un’impronta e una personalità, oggigiorno c’è molta confusione, soprattutto per chi esce dai talent, almeno per la maggior parte. Secondo me,  personalità e credibilità sono fondamentali per un cantautore. Bisogna mantenere il proprio stile, sempre e comunque».

Qual è la lezione più grande che hai appreso dalla musica? L’insegnamento più importante che ti porti dietro?

«Essere se stessi, sempre. Fingere non ti porta mai nulla di buono, prima o poi, inevitabilmente, viene fuori chi sei veramente. Siamo tutti diversi, è inutile far finta di essere diverso dalla tua natura, uniformarsi per compiacere gli altri. Fondamentalmente sono una persona insicura, ma non per questo mi nascondo e mi comporto diversamente, la trasparenza è tutto».

C’è un momento o un incontro che reputi fondamentale per la tua carriera?

«Sicuramente l’incontro con Music Ahead e con Giuliano Bousier. Sin da piccolo covavo il sogno di fare musica, ma mai avrei pensato di realizzare canzoni mie. Lui mi ha spronato a scrivere e a tirare fuori quello che avevo dentro di me, mi ha insegnato tanto riguardo la stesura dei testi, per migliorarli ma senza snaturarmi, questo lo trovo fondamentale perché in molti tendono a plasmarti a loro immagine e somiglianza…». 

Il brano che hai scritto e che ti rappresenta di più?

«Guarda, “Sono un alieno” mi rappresenta come modo di essere, mentre la mia parte romantica è inserita in “Irraggiungibile” e in tutte le altre tracce. Sai, nelle canzoni metto sempre una parte di me. Se proprio devo sceglierne una, dico “Tutto ciò che vorrei”, perché è la prima che ho scritto, forse un po’ ingenuamente ma, per questo motivo, è la più spontanea e anche quella più rock».

Il pezzo che “ruberesti” ad un altro artista nel vasto panorama della musica italiana?

«Ma, guarda, sicuramente una qualunque di Vasco Rossi, forse “Vita spericolata” è quella che rappresenta al meglio la mia filosofia di vita, mi ci rivedo molto in lui e in quelle parole, lo trovo un gran bel pezzo, lo considero davvero immortale».

Ti tocca andare a vivere su un altro pianeta e nel bagaglio hai spazio per un solo disco, quale porteresti con te?

«Ti direi il mio EP “Sono un alieno”, ma non per egocentrismo, piuttosto perché ascolto spesso le mie cose per migliorarmi. Ma sulla luna sarei da solo? Beh allora no, a questo punto mi porterei “Buon compleanno Elvis” di Ligabue, così mi fa compagnia come ha fatto nel corso della mia adolescenza».

Archiviata l’era di “Sono un alieno”, toccherà concentrarti nella lavorazione del tuo secondo disco, la vera prova del nove per un artista emergente. Come ti stai preparando?

«Devo essere onesto, sicuramente ho una grande voglia di pubblicare cose nuove, ma non sono entrato ancora nel mood giusto, ho la testa ancora nel mio primo disco. Non so bene cosa farò, se usciranno singoli, un EP oppure un album, io butto giù le canzoni senza pensare in quale formato usciranno, quello che posso dirti è che non ho alcuna voglia di fermarmi, perché trovo necessario avere una continuità, ma non mi sono dato scadenze, la musica è spontaneità e le canzoni vengono da sé».

Un aspetto positivo e uno negativo del fare musica oggi?

«Parto dal negativo, sono fatto così, secondo me il vero problema è stato l’avvento del web, sui social si tende a criticare e a giudicare sempre tutto, a volte anche senza conoscere troppo. Non amo i leoni da tastiera, su questo la società è davvero peggiorata. L’aspetto positivo, invece, è che attraverso questo mestiere conosci tante belle persone, in genere gli artisti hanno tutti una grande sensibilità, quindi ti ritrovi ad avere a che fare con personalità affini alla tua».

Se ti guardi allo specchio quale immagine vedi?

«Onestamente sempre la stessa, mi sento ancora un bambino. Crescere è una forzatura dell’essere umano, personalmente a 36 anni ho lo stesso spirito di quando ne avevo 20, certo sono cresciuto e migliorato, ma il mio modo di vivere è rimasto lo stesso. L’età non è un’imposizione, bisogna fare quello che ci si sente non quello che ti viene imposto dai cliché dell’attuale società».

Per concludere Seba, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?

«Con questa ultima canzone vorrei semplicemente dare un messaggio positivo: torniamo ad esternare i nostri sentimenti senza avere vergogna di esprimerli, freghiamocene del parere degli altri e tiriamo fuori il meglio da noi stessi».

The following two tabs change content below.

Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.