Omaggio all’artista calabrese, interprete di indimenticati successi come “Italia” e “Avevo un cuore”
Un grande sorriso e una profonda umanità hanno da sempre contraddistinto la vita di Mino Reitano, cantautore che ci ha lasciato prematuramente il 27 gennaio del 2009. A dieci anni di distanza dalla sua scomparsa ci teniamo a mantenere vivo il suo ricordo, sempre presente nel cuore del pubblico ma poco celebrato dagli addetti ai lavori che, contrariamente a quanto si può pensare, hanno il compito di mantenere viva l’attenzione sui protagonisti della canzone di ieri. Purtroppo, il nostro è una Paese che tende a dimenticare facilmente la bellezza, la stessa da lui celebrata nel suo più grande successo “Italia”, ma andiamo con ordine.
Nato a Fiumara, in provincia di Reggio Calabria, il 7 dicembre del 1944, Beniamino si avvicina alla musica sin da bambino, con il padre ferroviere che per diletto suona il clarinetto nella banda del paese. Orfano di madre, morta quando lui aveva appena due anni, frequenta il Conservatorio studiando il pianoforte, il violino e la tromba, scoprendo una grande predisposizione per la musica classica per poi appassionarsi da adolescente al rock and roll. Con i fratelli Antonio, Gegè, Franco e Domenico crea il suo primo complesso, partecipando a varie manifestazioni canore regionali, per poi trasferirsi in Germania per esibirsi in vari club. In questo periodo incontra e suona ad Amburgo con i Beatles, all’epoca giovanissimi e non ancora famosi, racconti che Mino farà nel tempo a cui, un certo tipo di stampa, non presterà molta attenzione, etichettandoli tra le leggende metropolitane e gli aneddoti di fantasia, un po’ come il suo rifiuto ad andare negli Stati Uniti a cantare con Frank Sinatra e la sua profonda amicizia con Lucio Battisti. Tutti aneddoti realmente accaduti.
Tornato in patria, partecipa al Festival di Castrocaro, non vince ma ottiene un contratto discografico e la sua prima partecipazione al Festival di Sanremo nel 1966 con “Non prego per me“, canzone firmata dal prolifico duo Mogol-Battisti. Il grande successo arriva due anni più tardi con i 45 giri di “Avevo un cuore (che ti amava tanto)“ e “Una chitarra cento illusioni“. Nel ’68 scrive e compone per i Camaleonti il brano “Il diario di Anna Frank“, uno dei pezzi più belli firmati da Reitano che, casualmente, ci lascerà nel Giorno della Memoria in cui si commemorano le vittime dell’Olocausto. Torna al Festival nel 1969, abbinato insieme a Claudio Villa, con “Meglio una sera piangere da solo“ e nel 1974 con “Innamorati“.
Tra le canzoni più note ricordiamo “Una ragione di più“, realizzata in coppia con Franco Califano e portata al successo da Ornella Vanoni, “Perché l’hai fatto“ incisa da Paolo Mengoli, “Era il tempo delle more” (con cui si aggiudica nel ’71 l’ottava edizione di “Un disco per l’estate”) e la celeberrima “Italia“, suo indiscusso cavallo di battaglia composto da Umberto Balsamo, destinato inizialmente per Luciano Pavarotti, con cui torna a Sanremo nel 1988. Nello stesso anno si aggiudica la categoria Nuove Proposte come autore del brano “Canta con noi” dei Future.
Torna in riviera altre tre volte, nel 1990 con “Vorrei”, nel 1992 con “Ma ti sei chiesto mai” e nel 2002 con “La mia canzone”, tre validi pezzi che non ottengono i favori delle giurie ma che rappresentano al meglio la poetica dell’artista calabrese, quella passionale veemenza troppo spesso sbeffeggiata e considerata anacronisticamente macchiettistica. Critiche a cui Mino Reitano ha sempre risposto col suo immancabile sorriso, magari soffrendoci a telecamere spente, ma senza mai tradire la sua innata signorilità, positività che lo ha portato ad affrontare con coraggio e serenità la sua malattia. Ora me lo immagino lassù, a cantare con un coro di angeli la canzone dedicata alla sua amata terra, la stessa che non lo ricorda come dovrebbe.
https://www.youtube.com/watch?v=FCulxJ52wgI
Nico Donvito
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