Un brano che parla alla memoria con dolcezza e forza
Ci sono canzoni che emozionano perchè sono oggettivamente bellissime, perchè sono cantate da voci soavi e riconoscibili, perchè sono scritte magistralmente. Poi ci sono quelle canzoni che emozionano per ciò che dicono, per quel pugno allo stomaco contemporaneo alla carezza sul viso che donano a chi le sa cogliere forse per esperienze di vita comuni. Ecco, Nonno Hollywood di Enrico Nigiotti è una di quelle canzoni. Uno di quei pezzi che deve essere catalogato nel ripiano di “storie/canzoni vere”.
A parlare è un uomo, un ragazzo, un nipote che con verità si rivolge al proprio nonno, alla propria guida, all’esempio che ciascuno trae dal proprio progenitore, a volte persino di più che dal proprio padre. E fa piacere che a parlare, e a scrivere, sia solo Enrico. Vedere un unico autore per un pezzo così importante e personale lo fa odorare ancor più di verità, di un’autentica partecipazione.
Dentro questo pezzo c’è tutto quello che deve esserci: la delicatezza di una voce graffiata dall’esperienza della vita più difficile, i ricordi di “ogni volta che ridevi”, la riflessione su di una società che pare fin troppo distante da quanto si ama e si apprezza. C’è spazio per la malinconia, per “la Livorno che sai raccontare”, per i ricordi che affollano la mente anche di notte. C’è spazio per le cose concrete e di tutti i giorni come la campagna, il vino e le donne, raccontate con quella semplicità che la canzone, e la vita nel suo aspetto generale, invita a cogliere e far propria. C’è spazio, però, soprattutto per la vita. Quella vita che viene dipinta poeticamente come “un ponte che ci può crollare”: un’immagine che sapientemente racchiude tutte le dicotomie dell’oggi fatto di apparenze, instabilità e mancanze.
C’è da lottare, da provare a non cadere e, semmai, ricordarsi sempre che una volta caduti “sono cazzi nostri” anche perchè viviamo circondati da “una generazione che non so sentire” e che si ritrova a vivere dentro ad “un mondo a pile” in cui la batteria può esaurirsi da un momento all’altro. Malgrado tutto, però, c’è da ricordare, come dice Enrico nell’ultimo special finale, che “infondo siamo storie con mille dettagli, fragili e bellissimi tra i nostri sbagli”. Sbagli che raccontano di carezze e pugni allo stomaco. Proprio come questa canzone sui nonni e i nipoti, sull’oggi e ieri, sulla vita.
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Ilario Luisetto
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