A tu per tu con il cantautore catanese, al suo esordio discografico con l’EP d’esordio intitolato “Inno“
In attesa di ascoltare il suo nuovo singolo “Latte di mandorla” in uscita il prossimo 12 luglio, abbiamo raggiunto telefonicamente Mario Castiglione, in arte Mameli, per parlare della sua percorso ad “Amici” e della sua prossima tournée che partirà il 2 dicembre dal Locomotiv di Bologna, per poi proseguire il 4 dicembre dal Teatro Principe di Milano, il 10 dicembre dal Viper Theatre di Firenze e il 2 dicembre dal Largo Venue di Roma, dopo un’estate trascorsa sui palchi dei festival più importanti, come il Collisioni Festival di Barolo (CN) il prossimo 10 luglio, l’Indimenticabile Festival di Bologna il 13 luglio e l’Home Venice di Venezia il 14 luglio.
Ciao Mario, partiamo da questo bel momento, come lo stai vivendo?
«Molto bene, sono tranquillo, mi sto dedicando completamente alla musica, sto pensando molto a lei, perché è giusto così. Abbiamo appena finito gli instore e ci stiamo preparando ai vari festival, durante l’estate suoneremo in posti molto fighi, in più ci saranno a breve altre pubblicazioni, abbiamo cose nuove da far sentire».
“Inno” è il titolo del tuo primo EP, quali tematiche e quali sonorità hai voluto abbracciare?
«Non ci sono tematiche particolari, se non quelle che riguardano la mia vita vissuta concretamente e, non sono bravo a scrivere le cose che non ho vissuto realmente. Parla delle cose che fanno le persone normali, a cui chiunque può sentirsi accomunato. Le sonorità sono piuttosto cantautorali ci sono alcuni artisti che mi piacciono e da cui sicuramente ho attinto anche a livello di produzione. È un disco che definirei semplice e personale».
In un’epoca in cui si tende a lavorare in team e si rischia l’effetto “catena di montaggio”, tornare a scrivere, musicare e produrre i propri brani può rappresentare un valore aggiunto? Un tratto distintivo?
«Secondo me sì, perché il risultato è sicuramente molto personale, anche se nell’ultimo periodo sto collaborando anche con altre persone per allargare i miei orizzonti. Se da una parte, come dici tu, in un team si rischia l’effetto catena di montaggio, fare tutto da soli ti porta a restare fermo sulle tue posizioni e conoscenze, rischiando di rendere il risultato finale un filino amatoriale. Più che per quanto riguardala la scrittura mi riferisco alla produzione e alla fase di registrazione, mi sto facendo aiutare da una serie di musicisti e professionisti che lavorano con me, instaurando una sorta di scambio di esperienze e di idee».
Qual è l’aspetto che più ti affascina nella fase di composizione di una canzone?
«In assoluto la scrittura del testo e la scelta delle parole, ancor di più della parte legata al suono. Mi piace molto anche l’aspetto di produzione, la ricerca del beat, ma ciò che alla fine arriva alle persone sono le cose che dici».
Credi di aver raggiunto la tua identità artistica o ne sei ancora alla ricerca?
«Penso di averla raggiunta, anche se nella vita bisogna sempre cercare di migliorarsi. La mia identità è questa, lo ribadirò con le mie prossime pubblicazioni, proseguendo sulla scia di quello che ho già fatto. Sicuramente il riscontro positivo della gente mi ha dato un tantino in più di sicurezza».
Sei soddisfatto del tuo percorso ad “Amici”?
«Assolutamente sì, sono riuscito a fare ciò che volevo, ho instaurato buoni rapporti con la maggior parte dei ragazzi e delle persone che lavorano dietro le quinte della trasmissione, in più il pubblico ha reagito bene, posso ritenermi soddisfatto. Sai, in realtà sono partito senza aspettative perché non avevo mai visto “Amici” nelle precedenti edizioni, quindi ho vissuto questa avventura in maniera del tutto inconsapevole e, alla fine, è andata bene. Sono abbastanza contento del risultato, anche se ho avuto discussioni con alcuni, lo considero un percorso autentico. Di carattere sono un tipo che non molla mai, anche davanti alle critiche, le vivo come uno stimolo a tirare fuori ancora di più il meglio da me stesso».
Come valuti l’attuale scenario discografico italiano?
«Lo valuto positivamente, penso che la discografia sia in crescita, non tanto nel numero di album venduti e nel riscontro commerciale delle persone, ma nella quantità di proposte di buon livello che vengono prodotte negli ultimi anni. Fino a poco tempo fa venivano lanciati molti meno progetti e tutti ascoltavano quelli, oggi con lo streaming è diverso, questo fa sì che anche le etichette si siano interessate a generi che prima non consideravano, perché hanno scoperto che la gente li ascolta. E’ un buon momento secondo me, se hai delle buone idee puoi farle venire fuori».
Quale significato attribuisci oggi alla parola “indie”?
«L’indipendenza, la libertà di fare quello che vuoi, esprimere te stesso attraverso la musica in maniera naturale, per il desiderio di mostrare te stesso e non per essere a tutti i costi alternativo. Faccio quello che mi interessa, non per distaccarmi da qualcosa in particolare, ma perché penso che sia più credibile fare quello in cui credi, piuttosto che seguire le tendenze del momento, senza schemi o qualcuno che ti dica cosa devi o non devi fare».
Per concludere, dove e a chi desideri arrivare con la tua musica?
«Dove: direi che l’Italia va bene, non punto ad affermarmi all’estero, non mi interessa, sarei folle se ti rispondessi in tutto il mondo. A chi: ti direi a tutti, c’è ancora tanta gente che non mi conosce e voglio lavorare per arrivare a quante più persone possibili, a poco a poco vorrei cercare di raggiungere un pubblico sempre più trasversale».
Nico Donvito
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