A tu per tu con il cantautore toscano, in uscita con il suo primo album da solista intitolato “L’America“
Tempo di nuova musica per Gionata Rossi, meglio noto semplicemente come Gionata, artista che ricordiamo per la sua militanza nel gruppo dei Violacida. Si intitola “L’America”, l’album che segna il suo debutto solista, prodotto da Jesse Germanò e contenente dieci brani inediti. Approfondiamo la sua conoscenza.
Ciao Giovanata, “L’America” è il titolo del tuo album d’esordio, cosa racconta?
«“L’America” parla di storie autobiografiche in cui la mia generazione si può ritrovare, perché sono storie che trattano temi e vicende tipici dell’età che va dai 20 ai 30 anni. Amori, litigi, serate, sogni, paure, speranze».
Chi ha lavorato con te a questo progetto?
«Jesse Germanò ha prodotto il disco al Jedi Sound Studio di Leo Pari e Filippo Strang ha curato il master al VDSS Recording Studio. Francesco Aprili ha suonato la batteria, il resto l’ho fatto io. Adesso sto lavorando alla promozione del disco con Siddarta, Phonarchia e Orchidea, rispettivamente il mio press/management, la mia etichetta e il mio booking».
C’è un filo conduttore comune che unisce le dieci tracce?
«Il filo conduttore è il mio modo di vedere il mondo che determina la mia scrittura, il mio stile. Ho notato che quando racconto qualcosa, anche se è una cosa bella, c’è sempre un lato amaro che impedisce un finale a lieto fine. Una malinconia che mi porto dietro e che colora ogni storia».
A livello musicale, quali sonorità hai voluto abbracciare?
«Ho preferito allontanarmi dal sound italiano per guardare oltreoceano: MGMT, Gorillaz, Mac DeMarco, Beck, Tame Impala, Boy Pablo sono solo alcuni dei nomi a cui mi sono ispirato per la definizione del sound».
Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?
«In terza media, mi ero appena trasferito, non conoscevo nessuno. Feci amicizia con l’elemento più strambo della classe e, grazie a una passione comune per Final Fantasy, iniziai a creare un legame con lui. Suo padre era ed è tutt’ora un musicista e quando vidi la sua chitarra per la prima volta in casa sua, un po’ per caso, gli chiesi di darmi lezioni. Ho iniziato a suonare le prime canzoni, ho formato band, ho suonato nei locali e alle feste liceali. Ho preso anche lezioni di pianoforte nel frattempo. È stato un percorso graduale che mi ha permesso una crescita costruttiva».
Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato la tua crescita?
«C’è stata una prima fase con i Doors per poi passare ai Pantera e al metal. Mi sono spostato sul grunge in piena adolescenza ascoltando soprattutto Nirvana e Pixies, poi ho conosciuto Syd Barrett e mi sono avvicinato ai Beatles, che prima di allora non avevo mai considerato. Per il momento, sono loro i miei punti fermi. Non so come abbiano influenzato gli ascolti della mia vita sulla mia personalità ma sicuramente hanno maturato la mia sensibilità artistica e musicale».
Con quale spirito ti affacci al mercato e come valuti l’attuale scenario discografico?
«Cerco di essere sempre me stesso, di non piegarmi troppo a strategie commerciali. Se devo dire una cosa la voglio dire perché mi va di farlo, per il resto sono le mie canzoni a parlare al posto mio. Mi piace coinvolgere il mio pubblico con idee e iniziative sui social, ma non voglio parlare del niente o creare contenuti che non esistono solo per fare engagement. Il mercato discografico è, appunto, un mercato, come quello vicino a casa mia dove prendo da mangiare: di solito mi affaccio interessato perché sto cercando qualcosa, valuto cosa mi serve e scelgo la verdura o la frutta in condizioni migliori. Se il mercante è educato e simpatico ci torno pure. Questa metafora per spiegare che per far diventare la musica un lavoro ci vuole anzitutto un messaggio di qualità, educazione e simpatia».
Qual è la tua personale America? Quali sono i tuoi prossimi obiettivi professionali e/o sogni nel cassetto?
«La mia America è vivere di musica, circondandomi di belle persone con cui condividere la mia vita. I miei prossimi obiettivi sono far conoscere il mio disco, appena uscito, e suonare ovunque ci sia voglia di ascoltarmi».
Per concludere, dove e a chi desideri arrivare con la tua musica?
«Voglio arrivare a più persone possibili e rimanere per quelli che amano la mia musica e sono interessati a ciò che ho da dire».
© foto di Sara Rinaldi
Nico Donvito
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