venerdì 22 Novembre 2024

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Egreen: “Sbagliando e rappando si impara” – INTERVISTA

A tu per tu con Nicholas Fantini, rapper in uscita con il suo nuovo disco intitolato “Fine primo tempo

Tempo di nuova musica per Nicholas Fantini, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Egreen, rapper classe ’84 in uscita con il disco “Fine primo tempo”, disponibile nei negozi tradizionali e negli store digitali dal 21 febbraio. Anticipato dal singolo “Raddoppio”, l’album contiene tutto il passato e il presente dell’artista, lasciando intravedere anche alcuni aspetti del futuro, la voglia di mettersi in gioco che ha contraddistinto tutta la sua carriera, iniziata diciotto anno fa, quando l’hip hop in Italia era davvero tutta campagna. Approfondiamo la sua conoscenza.

Ciao Nicholas, benvenuto. “Fine primo tempo” è il titolo del tuo nuovo disco, cosa raccoglie?

«Raccoglie quindici pezzi di musica rap, una bella presa di conoscenza inerente rispetto a quello che possiamo definire il mio primo tempo artistico. Sai, faccio musica da molti anni, il rap fa parte della mia vita in maniera abbastanza intensa, di conseguenza è stato inevitabile per me includere aspetti anche abbastanza personali».

Un lavoro che racconta anche ciò che sei diventato oggi, anticipando probabilmente anche ciò sarà parte del tuo secondo tempo. Mi riferisco in particolare al tuo ultimo singolo “Raddoppio”. lo consideri in qualche modo l’inizio di un nuovo percorso?

«Sì, indubbiamente. Mi piace e mi diverto ad utilizzare sonorità diverse, mi sento a mio agio. Per quanto mi riguarda non è forzato, per cui sono molto tranquillo e contento, ho voglia di provare a fare nuove cose, ancora più diverse. Non la considero una svolta, preferisco parlare di suono, sono arrivato ad una specie di momento di rottura in cui ho avvertito questo tipo di esigenza».

Molto bello il videoclip di “Raddoppio” diretto da Nicola Bussei, nell’inquadratura appari dall’inizio alla fine, questo a voler sottolineare il carattere e la personalità che da sempre metti nella tua musica?

«No, è voler sottolineare un video low budget (ride, ndr), scherzo. Ovviamente, in realtà sì, è assolutamente così, sono molto felice del risultato di questo video, ringrazio il regista e tutti i ragazzi che hanno contribuito a realizzarlo».

Hai cominciato nel 2002, diciotto anni di carriera, la tua musica diventa maggiorenne, quindi è tempo di bilanci: con quale risultato torni negli spogliatoi alla fine di questo tuo primo tempo?

«Beh, torno con un bel 5 a 1 per la vita, Vita 5 – Nicolas 1. Adesso, però, nel secondo tempo cercheremo di mettere a posto un po’ le cose. Quel mio goal rappresenta comunque tanto per me, traguardi ed obiettivi che sono un dato di fatto, dal quale poter ripartire, non sarà così facile rimontare, ma con la squadra giusta e la giusta motivazione sicuramente mi porterà quantomeno a giocarmelo questo secondo tempo».

Sempre proseguendo la metafora calcistico-sportiva, ti chiedo: qual è il tuo obiettivo stagionale per il futuro? 

«Sì, porsi degli obiettivi è fondamentale. Ora che si è conclusa la parte legata alla produzione, al buttar fuori questo prodotto, sono molto concentrato sull’aspetto live, dove riesco ad esprimermi al meglio. Voglio fare bene dal vivo, fare in modo che si creino delle possibilità affinché possa portare il più possibile questo disco in giro».

In passato non hai mai nascosto la tua predilezione verso il rap di matrice statunitense. La tua percezione verso la scena italiana, invece, col tempo è cambiata o non si è spostata di una virgola?

«Avendo la fortuna di parlare e capire molto bene l’inglese, al pari dell’italiano, la mia prima scelta sarà sempre il genere hip hop che proviene dagli Stati Uniti, è inutile girarci intorno, semplicemente perché è quello il vero rap. Quello che viene proposto qua, dall’underground al mainstream, attinge da qualcosa che non sarà mai come l’originale. Non mi sento imparziale a parlarne per quanto io faccia parte del rap italiano, senza investirmi di autorità che non ho, credo che ci saranno sempre persone di enorme talento, ma mi rapporterò inevitabilmente con ciò che accade oltre oceano. Cerco di guardare molto poco quello che accade da noi, ma ascolto e mi tengo aggiornato su tutto».

Per concludere, sui social hai scritto di recente: “Ho qualche rimorso, avrei potuto prendere qualche decisione diversamente, ma ho dato davvero tutto. Sempre”. Col senno di poi, avendone la possibilità, tornano indietro agiresti in maniera diversa?

«Sì sì, moltissime volte, ho fatto tante minchiate, mi sono comportato male, mi sono autoconvito di una serie infinita di cose che poi si sono rivelate non essere. Insomma, si cresce, sbagliando s’impara, la cosa più importante per me è essere qui a parlare di un disco, di qualcosa di concreto che esiste, lascio parlare la mia musica. Indubbiamente esisto anche grazie ai miei errori, se non fossi stato così coglione in passato, magari avrei smesso di rappare e non avrei avuto così tante cose da dire».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.