sabato 23 Novembre 2024

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Napoleone: “Ho esplorato, suonato e scritto qualsiasi genere di musica” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore campano, in uscita con il nuovo singolo intitolato “Porta pacienza

Tempo di nuova musica per Davide Napoleone, meglio conosciuto semplicemente come Napoleone, che ricordiamo per aver composto brani per artisti del calibro di Michele Bravi, Gaia Gozzi e Chiara Galiazzo. Si intitola “Porta pacienza” il singolo che segna un nuovo tassello del suo percorso cantautorale, a pochi mesi di distanza dalla pubblicazione del precedente inedito Amalfi. Approfondiamo la sua conoscenza.

Ciao Davide, benvenuto. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Porta pacienza”, cosa racconta?

«Siamo alla fine della seconda guerra mondiale. Vito e Maddalena sono due ragazzi di Amalfi molto innamorati. Purtroppo però questo amore non è ben visto dalla famiglia di lei, quindi ogni volta devono inventarsi qualche scusa diversa per vedersi, ovviamente di nascosto. Vito ad un certo punto scopre che Maddalena è in partenza e decide di farsi coraggio e regalarle finalmente gli orecchini che ha comprato per lei mettendo da parte i primi soldi guadagnati suonando in giro con il suo complesso. Purtroppo però nella fretta di essere scoperti un orecchino si perde…»

Si tratta in qualche modo di un sequel del precedente capitolo intitolato “Amalfi”, chi è il protagonista di questa saga narrativa?

«Più che un sequel direi che è un prequel. Il protagonista è Vito Manzo: musicista/falegname amalfitano. Lui è stato ritrovato morto in circostanze misteriose il 4 marzo del 1957 sulla spiaggia del duoglio e “Amalfi” in realtà sarebbe il capitolo finale perché parla proprio della sua morte. Ho deciso di raccontare la sua storia perché sotto certi punti di vista è ancora molto attuale e non troppo diversa dalla mia». 

C’è una frase che, secondo te, rappresenta e sintetizza al meglio il significato di questo brano?

«Direi “Porta pacienza che vene dimane”, che nel contesto del brano si riferisce appunto alla loro impossibilità di stare insieme. “Porta pazienza, arriverà domani, riusciremo prima o poi un giorno a stare insieme”, ovviamente questa frase ha una valenza universale e direi soprattutto nel periodo assurdo che stiamo vivendo oggi non può che essere un augurio… arriverà domani».

Dal punto di vista narrativo, cosa aggiungono le immagini del videoclip diretto da Luca Cuomo?

«Nel videoclip diretto da Luca vediamo questi due attori (Maria Nolli e Orlando Buonocore) in un bellissimo giardino di limoni che stanno provando la “scena d’amore” per il loro spettacolo “Porta pacienza”. Più volte però vengono interrotti e richiamati dal regista (Rosario Fronda) che prova senza successo a correggere più volte l’impostazione degli attori. Finiscono per innervosirsi tutti e Maria, come Maddalena nella canzone, perde un orecchino che viene poi ritrovato da Orlando nel prato. Il risultato è frutto di un grande lavoro di squadra, oltre a Luca Cuomo alla regia è stato fondamentale anche il lavoro di Alessandro Cappai, Gianluigi Manzo, Carlo Manzo, Thomas Costa, Mercè Izquierdo, Andrea Campajola e Nicola Savo».

Facciamo un salto indietro nel tempo, come e quando hai compreso che tu e la musica eravate fatti l’uno per l’altra?

«Non siamo assolutamente fatti l’uno per l’altra, litighiamo sempre. Ho avuto la fortuna di far diventare la musica il mio lavoro, di certo ho capito che poteva essere effettivamente la mia strada quando ho avuto il primo contratto in Sony. Per il resto è un odi et amo continuo tra me e la musica, ma fa parte anche quello del processo creativo».

Quali ascolti hanno influenzato e accompagnato il tuo percorso?

«Sono cresciuto con la musica brit pop degli anni ’90, poi grazie a mio padre ho scoperto il cantautorato italiano. Per fortuna sono sempre stato uno curioso e negli anni ho esplorato, suonato e scritto qualsiasi genere di musica». 

Sei riconosciuto anche come autore, tra i pezzi che hai composto figurano “Solo per un po’” di Michele Bravi, “Mi ricordo un po’ di me” di Gaia Gozzi e “Ci siamo persi” per Chiara Galiazzo. Com’è stato collaborare con questi tre artisti?

«Uno degli aspetti più stimolanti del mestiere dell’autore è proprio quello di poter entrare in contatto e lavorare con realtà artistiche sempre nuove e molto diverse tra di loro. Ognuno di questi artisti che hai citato mi ha lasciato qualcosa che ha arricchito il mio bagaglio artistico, spero di aver fatto altrettanto con loro».

Hai un featuring dei sogni? Un artista con cui ti piacerebbe duettare o scrivere?

«Mi piacerebbe scrivere con Samuele Bersani. Anzi, mi basterebbe stare in un angolo dello studio a guardare. Il duetto che sogno è con Peppino Di Capri».

Dopo “Amalfi” e “Porta pacienza”, cosa dobbiamo aspettarci dalla tua nuova musica?

«Andrò avanti a raccontare la storia. Non faccio spoiler ma posso dirvi che ho intenzione di chiudere quanto prima tutte le canzoni, pubblicare un disco e partire con i concerti. Covid permettendo».

Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

«L’intenzione ovviamente è quella di arrivare a più persone possibili. Non mi piace assolutamente etichettare la musica. Noto con molto piacere che le mie canzoni non sono solo entrate a far parte del circuito cosiddetto “indie” ma stanno avendo una vita propria anche grazie ad altri canali».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.