venerdì 22 Novembre 2024

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Marco Mengoni, l’eclissi di una voce di cui avremmo un disperato bisogno

Di una voce eclettica e fuori dagli schemi non ci rimane che il ricordo eppure sarebbe ora di tornare ad assaggiare un pizzico di follia

Ne sono passati di anni dal Re Matto, da quando Marco Mengoni sprizzava virtuosismi da tutti i pori e da quando il cantautore di Ronciglione giocava con efficacia e sagace istrionismo nei territori di un pop contaminato dal soul e dalla black music più libera che mai per comunicare disagio, irriverente malessere e continua capacità di reinventarsi sotto l’eclettica lente del trasformismo musicale. Oggi, la voce di ‘Ti ho voluto bene veramente’ o ‘Duemila volte’ preferisce apparire come un rassicurante porto sicuro del pop 2.0, prudenziale esecutore di una campagna di “normalizzazione” che ha basato tutto sul racconto del solito amore per mezzo di suoni più o meno condizionati dall’elettronica e di testi strizzanti l’occhio al linguaggio indie fatto di figure più che di astrazioni e concetti.

Ne è testimonianza diretta anche l’ultima ‘Venere e Marte’ (di cui qui la nostra recensione) realizzata con la compagnia di Frah Quintale per la produzione ultra-blasonata (e rassicurante) di Takagi & Ketra. Appunto, rassicurante. Oggi il Re Matto di dieci anni fa o poco più è diventato, ahinoi, rassicurante. O poco più.

Marco Mengoni Sanremo 2010

Sia chiaro, di fatto Marco Mengoni è, e rimane, uno degli artisti migliori che il nostro panorama pop può vantare ad oggi. La sua timbrica unica, la presenza scenica sempre magnetica e quella misura, anche mediatica, con cui si propone al pubblico ne fanno uno dei cantanti di maggior rilievo oltre che di successo.

Eppure nulla rimane di quella vocalità capace di esplorare vette altissime mettendo in campo un registro senza eguali. Nulla rimane di quella folle immagine capace di osare e stupire. Le camice bicolori, i trucchi e lo smalto nero sono clamorosamente sparite per dei più sobri completi, prima, ed ora per quei look anni ’80 e ’90 che paiono obbligatori per potersi amalgamare al mondo dell’urban-pop odierno. Nulla rimane di sound ricercati e coraggiose forme-canzoni capaci di andare dal pop al rock passando per il blues, per il soul, per la motown ecc… Se brani “estremi” come ‘Dall’inferno’ ‘Stanco (Deeper inside)’ mostravano un’artista capace di spaziare e sperimentare ultimamente oltre alle dark ballad condite di elettronica d’atmosfera poco altro si è sentito. Da ‘così, l’attesa su di me: silenzio immobile e adesso sono solo’ siamo passati a versi che recitano ‘ti prometto che inganneremo anche gli anni come polvere di stelle filanti’.

C’è stato un momento di svolta forse dovuto, è vero. Al Festival di Sanremo 2013 la strada de ‘L’essenziale’ e di un disco coerentemente cucito addosso a quel mondo più pulito ed edulcorato (ma comunque decisamente ancora più barocco, variegato ed estroso di quello che ne è seguito in una parabola discendente) era pressoché l’unica (e l’ultima) strada percorribile per risollevare una carriera che osando aveva, forse, rischiato un po’ troppo rivelandosi eccessivamente estrema per una buona fetta di quel pubblico televisivo che Mengoni lo aveva scoperto e lanciato discograficamente da X-Factor. Poi è arrivato il momento di consolidare e, poi ancora, quello di confermare eppure da allora sono passati ben 8 anni e del Re Matto non abbiamo più avuto modo di goderne per davvero: né dal vivo né, tantomeno, nei dischi incisi.

Eppure mai come in questi giorni avremmo tutti davvero bisogno di un artista capace di rispolverare e proporre una follia creativa, una strada alternativa, una ricetta musicale innovativa che sappia dare nuovamente valore alla tecnica vocale, allo spessore istrionico della sperimentazione senza regole, al dissidio interiore e al racconto di un pubblico, forse, meno “rassicurante” che non si può riconoscere più in una musica troppo prudente e cauta. Solo chi corre il rischio potrà permettersi di detenere il primato nella musica che verrà, chi ripete (se stesso o gli altri) rimarrà costantemente indietro almeno di una puntata.

Marco, pensaci, abbiamo bisogno di una rinascita. Abbiamo bisogno di una voce fuori dal coro. Abbiamo bisogno di una voce che ‘non segue le logiche’, giusto per citarti. Il successo è bellissimo, è vero, ed è facile perderlo cambiando strada ma è anche altrettanto facile perderlo rimanendo immobile. Il successo impone a chi ne gode anche il dovere di mantenerlo dimostrandosi costantemente all’altezza di ciò che si ha e quale modo migliore di essere artisti se non ricercando continuamente un’arte più “elevata”. Il pubblico, quando ama per davvero, non tarderà a seguire le nuove strade e a farsi guidare per mano dall’artista in quel percorso di ricerca che si intende tracciare. Marco, pensaci: ci hai rassicurati abbastanza!

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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.