A tu per tu con il rapper romano classe ’93, in uscita con il suo nuovo disco intitolato “In prima persona“
Un album di transizione e di apertura, potremmo definire così “In prima persona“, il nuovo progetto discografico di Giulio Elia Sabatello, meglio conosciuto con lo pseudonimo di LowLow. Otto tracce in scaletta, impreziosite di featuring con J-Ax, Ghemon e Briga, otto canzoni che mettono in primo piano l’impronta e l’identità dell’artista.
Ciao Giulio, benvenuto. “In prima persona” è il tuo nuovo disco, il cui titolo è già tutto un programma, perchè descrive chi sei e quelle che sono le intenzioni delle tracce contenute al suo interno. Come si è svolto il processo creativo di questo progetto?
«Siamo partiti da quello che avevamo, cioè una riconoscibilità della mia penna e della mia scrittura. Insieme al mio nuovo team abbiamo fatto un ragionamento su dove e cosa ci interessava comunicare. Trovo sia fondamentale trasmettere al pubblico contenuti che siano coerenti e corrispondenti alla mia vera personalità. Forse, fino ad oggi non avevo mai avuto il coraggio e la tranquillità di raccontarmi, ero sempre molto preoccupato ad incanalare ogni emozione e far confluire ogni sensazione negativa nella rabbia, come risposta immediata alla paura. Grazie ad un grande lavoro di squadra, ci siamo resi conto che c’era molto altro da tirare fuori, andando a trattare anche argomenti che non ho ancora risolto del tutto. Ci vuole coraggio per fare un viaggio del genere, credo si debba partire sempre da una maggiore serenità interna, una serenità personale che nel mio caso va di pari passo con l’aspetto lavorativo».
La scrittura è uno dei tuoi tratti distintivi, nonché l’aspetto più riconoscibile anche in questo lavoro. Diciamo che la tua penna è punto fermo, ma quali sono le skills che pensi di aver maturato durante la lavorazione di questo disco?
«La scrittura è sicuramente sempre ricercata, però le strofe sono in discesa dal momento che devo scriverle. Sento di avere tantissimo lavoro da fare dal punto di vista musicale, questa impellenza si avverte proprio con questo disco, perchè si tratta sicuramente del progetto più vario realizzato fino ad oggi. In termini pratici, per quanto mi riguarda il lavoro più grosso è stato fatto sui ritornelli, ribaltando il processo e arrivando a scrivere anche in maniera opposta rispetto al passato».
A livello musicale, hai lavorato con vari producer: da Big Fish ai Daddy’s Groove, passando per Carlo Ciao, Cosmophonix, i DFO, Marvely e Leo. Che tipo di apporto ha dato a questo progetto il contributo di professionisti stilisticamente diversi tra loro?
«Questa è stata la giusta intuizione suggerita dal mio manager: aprirmi a producer diversi e lavorare con più gente possibile. Sia per far vedere quanto valgo e cosa so fare, ma anche per sorprendere parte della scena, dimostrando di essere uno capace e mettersi in discussione interfacciandosi con gli altri. Ogni singola esperienza in studio è stata importante e speciale».
Per concludere, quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di questo album?
«La crescita personale accompagnata dalla crescita artistica, l’evoluzione e il coronamento della mia idea identitaria di arte. Cresco per crescere con la musica, l’unico motivo valido che ho trovato per cambiare era cercare di migliorarmi il più possibile, per creare pezzi sempre più efficaci e in grado di arrivare a più persone. Questo disco mi ha permesso di dare un valore al lavoro per diventare una persona migliore, di questo non posso che ringraziare la musica».
© foto di Giulia Bellone
Nico Donvito
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