venerdì 22 Novembre 2024

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L’anatomia nei testi delle canzoni: mappa per un viaggio possibile attraverso di noi

Usiamo i testi delle canzoni per ricostruire un tema

Esiste una mappa anatomica nel pop? Come potremmo ricostruirla coi testi delle canzoni e a quali messaggi vengono legati gli organi del corpo umano? Per cercare risposte, partiamo da un’evidenza: siamo fatti di parti, interconnesse e viventi grazie a una fisiologia complessa, affascinante, tante volte poco pensata, che sta sotto il primo e più esteso organo: la pelle. Non partiamo dal cuore, dunque, ma da quell’involucro, sotto cui scorrono fitti reticoli di vasi, nervi, muscoli e ossa e sopra cui nascono peli e capelli, il nostro biglietto da visita.

Niccolò Fabi scrive un’intera canzone sui capelli, che “sono la parte di me che mi somiglia di più” e diventano “un segno di protesta” e “un nido per gli uccelli“, mentre il pelo tanto desiderato da Giorgio Gaber diventa il paradosso per la felicità: “Io per esempio, non ce l’ho, che a pensarci bene, un pelo mi sarebbe anche utile Bisogna che me lo procuri… Io devo avere un pelo!” che lo metta in pari con chi quel pelo possiede, perché “devo ammettere che un pelo, è un pelo, (…) a pensarci bene, un pelo mi sarebbe anche utile”. Si coglie il tempo” e la vita “che ti passa Te la senti sulla pelle” per dirla con Francesco Renga, “è un brivido veloce Ma quando te ne accorgi è già dietro alle tue spalle“.

Non il cuore ancora, ma le spalle, “al muro” per Renato Zero sono simbolo di “quando gli anni son fucili contro Qualche piega sulla pelle tua“; tanto larghe, che “agile la pioggia sopra le mie spalle nude” di Fiorella Mannoia, si trasformano in confine, tra ciò che è stato e quello che ancora non sappiamo, in Anna Tatangeloquando lasci il buio alle spalle La strada si fa strada da sé“.

Se è vero che nel viaggio della vita “non si vede bene che con il cuore“, come si legge ne “Il Piccolo Principe“, non è retorica dire che guardiamo il mondo prima di tutto con gli occhi e, anche se non sono sempre lo specchio dell’anima, sicuramente ci caratterizzano, ci definiscono e parlano di noi; così Loredana Errore è “questa ragazza occhi cielo” o quegli “occhi da orientale” di Daniele Silvestri, come in tante, anzi tantissime canzoni, generano poesia, “raccontano emozioni Sguardo limpido di aprile, di dolcissime illusioni“.

Raffinatissimo, Umberto Maria Giardini dipinge l’amore col sapore di un’impresa, pronto a scalare “mille montagne (…) Facendo tappa tra i tuoi nei e i dubbi miei Comincia pure tu e mi affiancherò Nel trionfo dei tuoi occhi verde mare“. Ancora Irama, “nella bocca una melodia Gli occhi che rincorrono Un bagliore in mezzo a una via“, lasciano trasparire visioni totalizzanti insieme ai “love me” di Dolcenera, che “è come (…) avere il cosmo dentro agli occhi guardare fuori da un oblò di uno spacecraft“.

Il “cosmo” indica l’intero Universo, compresa la Terra, un’iperbole che fa di un tutto, armonico e ordinato, l’antitesi del sentimento di coppia, dove il “sentire” di ognuno resta separato, distinto, parziale mentre spera una fusione perfetta. Lo sa molto bene Giordana Angi, “ma siccome sei corpo io sono la pelle Siccome sei bocca io sono innocente E lacrime a paure disegnate tra le linee delle mani (…) E siccome sei tutto io sono soltanto una parte di te“.

Finalmente il corpo in amore, consuma insaziabile il desiderio e chiede di essere esplorato “ancora“; così Mina, diretta e in prima persona, “io ti chiedo ancora il tuo corpo (…) Le tue braccia (…) la tua bocca (…) Le tue mani (…) sul mio collo (…) Perché ti amo ancora“. “Ancora“, ripetuto alla fine di ogni verso, è un’epistrofe che rinforza il concetto della passione, che si fa decisamente più spinta verso l’azione sessuale con Gianna Nanninise quando ci vediamo siamo due animali Non ci si prende per le mani“, una metafora del sesso orale, “e la tua lingua taglia il cielo Per le mie gambe aeroplani“.

In molti testi si ricorre a sostituzioni eufemistiche per fare riferimento alla genitalità: da Gianluca Grignaniti raserò l’aiuola” a Le Vibrazioniho troppe turbe nella mia povera testa Che se fosse un genitale la masturberei“. Un testo che, per similitudine, ricorda l'”uno, due, tre, alza Il volume nella testa È qui dentro la mia festa, baby” di Elodie. Passa attraverso il corpo anche l’attesa di una nuova vita, celebrata da Nek con l’uso del futuro, “dai tuoi seni berrà Con i pugni vicini“. Diversamente, sono speranza vana i “pugni chiusi” de I Ribelli e i loro “Occhi spenti Nel buio del mondo“; quei pugni, però, si fanno preghiera a “mani giunte” se “tu sei qui con me E abbraccio la vita Con te“.

Anche quando diventiamo separazione, assenza o fine, s’innesca “un dolore che sale“, come canta Arisa, “si ferma sulle ginocchia che tremano, (…) Ora è allo stomaco, fegato, vomito, fingo ma c’è (…) Arriva al cuore (…) Ed in un attimo esplode e mi scoppia la testa“. “Dalla mia testa parte E alla mia testa ritorna“, invece, ne La Rappresentante di ListaUna canzone che fa esplodere i denti E mentre rido dimentico di aver pianto E la mia lingua si muove da sola E canto“. Sempre loro, pongono il corpo al centro di una danza-provocazione, intrisa degli umori di questo momento storico, in cui nonostante la paura per un mondo che pare trovarsi alla fine come in “una giostra perfetta“, “mi scoppia nel cuore la voglia di festa“, così che “con le mani, (…) Con i piedi (…) E con la testa, con il petto, con il cuore (…) E con le gambe, con il culo, coi miei occhi Ciao (…) Buonanotte, è la fine, ti saluto Ciao ciao“.

E se, proprio c’è da ballare, Francesco Facchinetti ci suggerisce “mano in alto” e “muovi a tempo il bacino”. Cosa diventa il corpo nel rap? Sicuramente, con espressioni più audaci e senza troppi giri di parole, resta rappresentazione organica della società attuale. Così, se Fabri Fibra ci offre un vademecum contemporaneo per parlare di tendenze e mode, “non metterti orecchini vicino ai genitali (…) non prenderti le nike quando ti puzzano i piedi“, GionnyScandal si spinge oltre e “con la tua tipa ci faccio cunnilingus Tu sei un cretino, un Activia Bifidus perché fai quello che fa un intestino Senza censura, sto sulla luna (…) Lei vuol diventare famosa, quindi mi ha chiesto dimmi come faccio Io le ho risposto il tuo culo potrebbe fare un featuring con il mio cazzo“.

Chiudiamo la nostra esplorazione con l’ironia bizzarra e intelligente di Elio e le Storie Tese, che ci portano dove “sta svolgendosi nell’organismo Il congresso delle parti molli Un convegno che non mancherà di fare rumore. Tutti gli organi del corpo umano Sono pronti per la votazione: La mozione è la sostituzione della direzione. Sono presenti fra gli altri la milza, lo stomaco, Le reni, laringe, faringe, meningi, mammelle, Polmoni, polpacci, budelle E il buco del membro che sta parlando (…) Amico meato Ormai ti ho accettato E forse sei meglio tu dell’encefalo“. Un testo che ci permette ancora una riflessione: non sempre corpo e cuore sono allineati nei sentimenti; ciò che proviamo istintivamente attraverso alcuni organi non corrisponde necessariamente alle emozioni che si attivano né all’affettività. In questo scarto, possiamo decidere il nostro personale modo di vivere, secondo natura o secondo le consuetudini sociali più comuni. Oltre ogni scelta, il corpo in canto diventa una bussola utile a ritrovare la strada o a cercare nuove direzioni quando si fa alto il rischio di perderci.

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.