venerdì 22 Novembre 2024

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Osso: “Vorrei vivere di amore e musica” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore mantovano di origini marocchine, in uscita con il nuovo singolo intitolato “Habiba

Tempo di nuova musica per Ossama Addahre, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Osso, artista che ricordiamo per il duo con Mr Rain e che ritroviamo in occasione della pubblicazione di Habibaun’ammaliante poesia in musica che mette in luce l’eclettismo della sua arte e la trasversalità della sua penna.

Ciao Ossama, benvenuto. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Habiba“, cosa racconta?

«“Habiba” per me è sicuramente una scommessa. La voglia di esprimere l’amore senza barriere linguistiche o culturali unita alla voglia di raccontare una relazione in modo leggero e spensierato».

C’è un verso che, secondo te, rappresenta e sintetizza al meglio l’intero senso del brano?

«Il brano in sé è la sintesi dell’amore che in questo periodo ho voglia di raccontare, ma sicuramente l’inizio della prima strofa apre un mondo tutto suo. Un mondo pieno di profumi, ricordi e sensazioni: “ tu che sei bant bledi, mostrami quello che vedi”, ovvero “tu che sei figlia della mia terra, mostrami quello che vedi”. Con occhi puri, completamente diversi dai miei, ma che affondano radici e origini nello stesso luogo, vorrei farmi dire che senso ha amare».

A livello musicale, risalta la commistione di sonorità e di culture. Che tipo di lavoro c’è stato dietro la ricerca del sound?

«La mia ricerca, non lo nego, è stata dettata inizialmente anche da una scomoda sensazione di slegamento dalla mia terra d’origine. Io sono nato a Castiglione delle Stiviere da genitori marocchini ed ho imparato a parlare arabo e italiano contemporaneamente, ma nel corso degli anni ho notato sbiadirsi parte di quello che mi faceva sentire a casa, come il parlare arabo con i parenti. Ho deciso quindi di recuperare questa mia identità facendo quello che mi riesce meglio, ovvero scrivere canzoni».

Facciamo un breve salto indietro nel tempo, quando e come ti sei avvicinato alla musica?

«Avevo cinque o sei anni. Ricordo come fosse ieri il giorno in cui mio padre frenò la macchina d’improvviso per entrare in un negozio di musica. Pioveva. Ne uscì con una chitarra classica avvolta nella plastica. Mia madre, seduta sul sedile posteriore, non era molto contenta, ma erano troppi mesi che chiedevo di averne una. Non so minimamente il motivo per cui la volessi suonare, ma sapevo perfettamente che quello sarebbe stato un giorno speciale nella mia vita. Pochi anni dopo infatti, con qualche accordo in tasca, ho iniziato a cantarci sopra le prime canzoni che mi hanno portato qui oggi a parlare con voi».

Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato la tua crescita?

«Il primo artista in assoluto di cui scimmiottavo le parole quando ancora non sapevo parlare è stato Chab Khaled. Qualche anno dopo, quando accompagnato dalla chitarra ho iniziato a muovere le prime note con la voce, l’istinto mi ha portato ad ascoltare ed emulare artisti afroamericani RnB oltreoceano. Il primo del genere in assoluto credo sia stato Chris Brown. Da lì in poi è stata tutta una continua ricerca timbrica e tecnica. Pochi anni fa mi sono staccato da questa sana ossessione per avvicinarmi ad un’altra, la scrittura. In questo la musica indie italiana è stata per me una grandissima maestra. Cercavo e cerco tutt’ora di imparare molte cose dai dischi di molti artisti».

Cosa ti ha lasciato di concreto l’esperienza in duo con Mr.Rain?

«Mattia per me è stato prima di tutto un amico. Si è semplicemente creata una situazione per cui ho preferito proseguire il mio percorso artistico da solo. Porto con me molte esperienze e aneddoti che mi hanno fatto capire cosa significa seguire i propri sogni, nel bene e nel male. Per questo gli sono riconoscente».

Sogni e obiettivi nel cassetto per il futuro?

«Sicuramente il sogno più grande che ho in questo momento è arrivare a quanta più gente possibile con le mie canzoni ed incontrarli tutti quanti ai concerti nei palazzetti di tutta Italia. Vorrei vivere di amore e musica. Questo è il mio sogno».

Per concludere, qual è l’insegnamento più importante che pensi di aver appreso dalla musica fino ad oggi?

«L’insegnamento più grande che la musica mi ha dato credo sia quello di essere sincero con me stesso. Perché a quel punto tutto vien da sé, sia nel vivere la propria vita che nel disegnare parole su coreografie di note e melodie che poi diventano canzoni».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.