E’ una Emma quella che si presenta con una enigmatica e delicata “L’isola“
Era un ritorno atteso quello di Emma. Uno di quei ritorni che mette davanti ad una biforcazione netta artista e pubblico giunti entrambi ad un incrocio con due alternative ben distinte e inconciliabili dopo aver condiviso gran parte del viaggio insieme lungo una larga e comoda autostrada a tre corsie. La salentina arriva a L’isola, questo il titolo del suo nuovo singolo, divisa tra l’opportunità di proseguire lungo la strada maestra seguita fino ad ora ma con l’inevitabile rischio di vederla consumata, sgretolata e completamente sdoganata, oppure di scegliere un’alternativa più tortuosa, intricata ed ignota ma nuova e piena di nuove possibilità. Ecco, Emma per anticipare l’uscita di Essere qui, il suo sesto album d’inediti ha scelto quest’ultima alternativa, ha scelto di rischiare di non sembrare più la stessa scontentando, forse, una parte del pubblico più tradizionalista che le era rimasto legato dopo successi nazional-popolari come Amani o Cercavo amore.
Per L’isola Emma ritrova quel Roberto Angelini che per lei scrisse Calore, il suo primo successo discografico quando ancora vestiva la tutina bianca da Amici di Maria De Filippi, e che poi con assai poca frequenza ha scritto per qualcun altro. Insieme a lui ci sono anche Gigi Canu e Marco Baroni, rispettivamente chitarrista e tastierista dei Planet Funk. Il risultato è il brano che non ti aspetti, quell’evoluzione innaturale della musica di una ragazza che ha sempre amato il rock, l’energia, la voce piena e che qui, invece, si impone di essere delicata, evocativa e leggera per mettersi al servizio di una canzone diversa.
La produzione di Luca Mattioni e della stessa Emma vede un proseguimento di quelle sonorità elettroniche già sperimentate in Adesso che, però, si fanno più acute ed evolute. Si scelgono i synth e le tastiere, certo, ma l’amalgama e l’evoluzione non è di quelle prevedibili già dall’apertura o, perlomeno, se fanno pensare ad una probabile direzione sono, poi, capaci di smentire nel secondo successivo.“E tutti restavano senza parole” canta giustamente la salentina nel durante di quello che, non senza difficoltà teoriche, dovrebbe fungere da inciso di questo brano. Eh si, senza parole perché, in realtà, l’inciso si rivela assente perlomeno nelle sue forme tradizionali: non c’è il consueto insieme di versi destinato a ripetersi poggiandosi su di un’importante esplosione sonora per una crescita melodica. Emma sceglie per la prima volta la forma della non-canzone prendendo d’esempio gli ultimi episodi dei Negramaro o di Cesare Cremonini: poco le importa di trovare il brano da cantare a squarciagola tra un coro da stadio, le interessa molto di più creare qualcosa di diverso, mettersi alla prova con una canzone che non ha l’obiettivo di restare in testa perché martellante ma perché diversa e inconsueta.
È, forse, verso questa nuova struttura e queste sonorità viaggianti tra il pop, l’elettronica ed il funk che la nuova avventura di Emma ha scelto di direzionarsi questa volta sorprendendo quanti si aspettavano di ritrovare l’energia aggressiva e a tratti anche un po’ grezza che da sempre ha contraddistinto almeno una parte del suo repertorio e del suo modo d’interpretare. L’isola, invece, la rende più nuova che mai, aperta ad un’evoluzione e ad una maturazione artistica non scontata e, per questo, lodevole. Non si urlerà forse in coro allo stadio ma è un brano che, comunque, ha tutte le carte in regola per piacere e funzionare dimostrando di essere quanto mai al passo con i tempi.
Ilario Luisetto
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