Viaggio nella storia e nell’evoluzione dell’hip hop italiano, tra derive, evoluzioni e sottogeneri. A cura di Mattia Cantarutti
Nato nei ghetti d’America come espressione di ribellione e rivalsa sociale, l’hip hop ha attraversato l’oceano per piantare le sue radici anche in Italia. Quello che inizialmente era visto come un fenomeno d’importazione, con il tempo è stato assorbito e trasformato, diventando qualcosa di profondamente nostro. Rap Italy pionieri
Dalle rime grezze dei pionieri fino alla conquista delle classifiche, il rap italiano ha saputo imporsi come una nuova forma di cantautorato contemporaneo, capace di raccontare le sfide e i sogni di un’intera generazione. In questa rubrica, Mattia Cantarutti ci guiderà attraverso la storia e l’evoluzione di un genere che, da sottocultura, è diventato parte integrante della nostra identità musicale.
Rap Italy, i pionieri della scena: da Jovanotti ai primi veri rapper
Tra i primi nomi che portano in alto il genere in Italia nella prima frase embrionale, troviamo le figure di: Ice One, Kaos, Sean, Dj Skizo, Dj Gruff e Dj Enzo. Il rap tricolore si diffonde a fine anni ’80 nei centri occupati e nei centri sociali, portando di conseguenza nel tempo a vedere nascere forti scene e tematiche di stampo politico. Per quanto riguarda gli approcci più mainstream, Jovanotti porta in radio i pezzi più in voga dall’America.
Dobbiamo aspettare il 1990 per incidere il primo disco in vinile di rap italiano, nato dalle menti del collettivo romano Onda Rossa Posse. Il singolo più citato del progetto è “Batti il tuo tempo”, brano aperto con il campionamento da “C’era una volta in America” del Maestro Ennio Morricone. La scena romana trova negli Assalti Frontali uno dei gruppi più forti del periodo ed esce nel 1992 anche il loro album: “Terra di nessuno”.
Meritevole di citazione, è l’arrivo nella scena di Space One, conosciuto oggi come membro della Spaghetti Funk, dell’Accademia delle teste dure e hype man di J-Ax. Il rapper di Milano esordisce con canzoni in inglese all’inizio degli anni novanta con dei brani come “African Business- in Zaire” (1990) e “4 Peace 4 Unity” (1991).
Il già citato Jovanotti comincia ad affiancare in radio, oltre ai pezzi dance e rap americani, dei brani suoi e pubblica nel 1988 l’album “Jovanotti for President”. Anche all’interno di questo progetto sono presenti strofe rap in inglese. La figura del popolarissimo cantante è molto controversa all’interno della scena italiana, considerata da alcuni troppo mainstream e costruita a tavolino. Sarebbe bene ricordarsi però, che senza il suo intervento nella cultura popolare forse tante altre figure emerse negli anni successivi non si sarebbero mai avvicinate al genere, non portando paradossalmente dei prodotti decisamente più accettati all’interno del movimento e soprattutto amati dal pubblico.
Veniamo quindi alla conclusione di questo breve riassunto sui primi passi dell’hip-hop in Italia chiudendo “sul più bello”: la golden age del rap italiano. I semi piantati nel corso degli anni ’80 e dei primissimi ’90 portano alla comparsa di tanti nomi che traineranno nell’olimpo il genere e inizieranno una seconda scalata che, molto lentamente, arriverà al dominio attuale.
Se nel 1993, Frankie hi- nrg mc realizza il primo disco rap distribuito da una major (il classico “Verba Manent”), abbiamo tre anni dopo l’attuale unico disco di diamante del rap italiano con “Così com’è” degli Articolo 31 nel 1996 (aspettando la prossima certificazione di Lazza con il disco “Sirio”, attualmente il disco più streammato del rap italiano).
Tra i nomi impossibili da non citare troviamo i classici Sangue Misto, Colle der Fomento, Bassi Maestro, Sottotono e Joe Cassano. Ovviamente sono solo alcune delle figure che si possono citare di quel periodo e se l’argomento vi interessa, porteremo sicuramente un approfondimento più ampio su questo periodo storico e tutto quello che ne seguì negli anni dopo.
Mattia Cantarutti
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