domenica 24 Novembre 2024

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“Funky Maestro”, Pino D’Angiò raccontato da suo figlio Francesco – INTERVISTA

Disponibile l’Ep postumo “Funky Maestro” di Pino D’Angiò scomparso prematuramente lo scorso 6 luglio, un progetto arricchito dalla presenza di quattro brani inediti

Esce venerdì 13 settembre “Funky Maestro”, l’ultimo progetto inedito di Pino D’Angiò. L’Ep, distribuito da Artist First, che raccoglie gli ultimi quattro brani scritti e prodotti dall’artista prima della scomparsa. In questa intervista realizzata con suo figlio, Francesco Chierchia, ripercorriamo in breve la carriera di D’Angiò, considerato una vera e propria icona della musica degli anni ’80, ed esploriamo la lavorazione di questo suo ultimo progetto.

Partiamo dalle tappe di questo progetto, quando è partita la lavorazione e come si è sviluppato il processo creativo?

«È stato un processo davvero recente, nel senso che buona parte delle tracce, tre in particolare, sono nate nell’ultimo anno e mezzo, in un periodo abbastanza complesso, per la sua vita, sia per motivi di salute che per altre questioni. Come famiglia ci sembrava molto importante portare avanti questo ultimo pezzetto su cui lui aveva lavorato, che in realtà era in programma di essere pubblicato a fine giugno. Purtroppo poi le sue condizioni si sono aggravate e adesso è arrivato il momento per pubblicarlo. Credo che fosse la cosa giusta da fare».

Queste quatto tracce rappresentano un fedele riassunto nel mondo di Pino D’Angio, un mondo sonoro che è stato omaggiato, copiato, se vogliamo anche saccheggiato in questi decenni. Lui come lo definiva?

«In realtà non credo che papà si definisse con uno stile, la sua sperimentazione è stata molto trasversale, poi lo si associa spesso e volentieri, anche correttamente, al funky e alla disco perché sono i generi che ha percorso di più, però ha sperimentato tanto nel corso della sua carriera. Non amava definirsi in un modo, però è assolutamente corretto dire che si tratta di quattro pezzi riconoscibili e che rappresentano un fedele riassunto della sua musica».

Non ho avuto il piacere di conoscere tuo papà, ma me ne hanno parlato in tanti, come di una persona speciale, se vogliamo un antidivo. Come viveva questa dicotomia tra il personaggio pubblico e l’uomo riservato che non amava stare sotto le luci dei riflettori?

«Antidivo credo che sia una definizione molto corretta. Papà non ha mai bramato per stare sotto le luci dei riflettori, non si è mai messo nelle condizioni di dover a tutti i costi apparire. Ha sempre vissuto con naturalezza questa sua notorietà, che è nata appunto negli anni ’80 poi si è declinata nel corso degli anni, in particolare all’estero a un certo punto della sua storia e poi, piano piano, è rientrata anche a livello nazionale. L’ha sempre vissuta con estrema serenità e con estrema semplicità».

Credo che ricorderemo per molto tempo la sua partecipazione, lo scorso febbraio, al Festival di Sanremo, ospite nella serata delle cover con i bunker 44. Ci racconti come ha reagito alla chiamata di Amadeus e a questo omaggio che gli ha permesso di intercettare un nuovo pubblico?

«Sicuramente è stata una finestra molto importante per arrivare a un pubblico che ancora non lo conosceva. Sulla reazione c’è un aneddoto simpatico, per dare un po’ la misura di come si approcciava a questo tipo di situazioni In realtà, l’ipotesi di poter andare come ospite gliel’ho avanzata io, dopo essere stato chiamato da una persona che mi propose la cosa. Quando lo dissi a papà, lui mi rispose con una grande naturalezza: “non lo so tu che dici?”. Questa risposta restituisce un po’ la misura del tipo di personaggio e di carattere anche che aveva. Poi è andata benissimo, ‘è stata una grande intesa con i ragazzi, per cui assolutamente è stato un momento positivo. Però ecco, non è stata una chiamata che ha rivoluzionato il suo modo di essere».

In quel frangente, ma immagino anche nella lavorazione di questo EP, papà ha dimostrato di essere un leone, un esempio per tante persone che magari con dei problemi di salute si lasciano andare. Lui ha reagito decidendo di continuare a voler fare fino in fondo ciò che ama. Pensi che lo abbia salvato nei momenti difficili questo suo amore per la vita e per la musica?

«Assolutamente sì, l’amore per la musica ha caratterizzato la sua vita. La sua forza è sempre stata quella di non prendendosi troppo sul serio e, forse, a volte, andando anche a sminuire il lavoro che portava avanti. Questo, però, gli ha permesso di rimanere sempre con i piedi per terra e avere una grande percezione della realtà, quindi anche di rendersi conto della fortuna che nella sfortuna ha avuto. Perché, di fatto, sebbene gli ultimi anni siano stati molto complicati, ha vissuto anche momenti meravigliosi. Nonostante tutto, papà è sempre stato la persona più allegra in casa, quella che che ha dato forza agli altri».

Per concludere, quale l’eredita artistica pensi possa lasciare un EP come “Funky Maestro”?

«Credo che sia un EP in grado di smuovere alcune riflessioni e alcuni pensieri, soprattutto nei più giovani che sono sempre meno abituati a riflettere su chi sono. La domanda vera è “chi sei?”. E questa credo che sia una riflessione che magari si è stimolata anche con la musica possa risultare molto sana».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.