A tu per tu con il giovane artista milanese, fuori con il singolo “Sguardi” che anticipa il nuovo album
Arriverà sul mercato il prossimo 15 novembre “Battito di mano”, il progetto che segna il ritorno discografico di Simone Frulio (qui la nostra precedente intervista), che ricordiamo per la sua partecipazione al programma musicale “Io canto” e, successivamente, per aver calcato il palco della settima edizione di X Factor, come membro dei Freeboys. Si intitola “Sguardi” l’inedito che anticipa questo nuovo lavoro prodotto da Paolo Paltrinieri, un disco che mette in risalto le poliedricità del giovane talento classe ’97.
Ciao Simone bentrovato. “Sguardi” è il titolo del tuo nuovo singolo, un brano con una storia particolare, ce la racconti?
«E’ un brano scritto tanti anni fa da Paolo Paltrinieri, la persona che ha curato il mio disco di prossima uscita. Un pezzo che era stato scritto per Alex Baroni, rimasto nel cassetto per tanti anni, nel donarmelo non poteva farmi regalo più grande perché lo considero una perla tenuta per troppo tempo nascosta, che andava assolutamente tirata fuori. Ogni volta che lo canto, per me, è sempre un colpo al cuore fortissimo».
La voce di Alex Baroni è da considerarsi una delle voci più belle di sempre. A parte questa canzone, cosa ti lega a lui e al suo modo di accarezzare la musica?
«L’ho sempre apprezzato per il suo timbro, per i virtuosismi e i tecnicismi che mi hanno affascinato ed interessato moltissimo, per cui l’ho preso come un vero e propio punto di riferimento. Per me il suo capolavoro è “Cambiare”, in più mi ha sempre colpito la sua storia d’amore con Giorgia, anche lei è un’artista che stimo tantissimo. Sono contento del risultato di questo pezzo, che è stato ascoltato ed apprezzato anche dalla madre di Alex, per cui sono davvero felice».
Come definiresti il tuo rapporto con Paolo Paltrinieri? Il tuo nuovo produttore, un musicista che ha suonato nelle orchestre più prestigiose sia a livello nazionale che internazionale?
«Paolo l’ho conosciuto quando ero piccolino ai tempi di “Io canto”, lui era direttore musicale di RTI, da lì è nato un rapporto di stima e di amicizia, così nel tempo gli ho mandato alcuni miei pezzi, a lui sono piaciuti e abbiamo cominciato a lavorarci insieme. Da un paio di anni è iniziato questo progetto, con lui mi trovo molto bene, è severo ma giusto, mi insegna tante cose e ci troviamo d’accordo su tanti punti perché abbiamo diversi gusti in comune. Mi dà tanti consigli e aiuti di cui necessito, è bello lavorare con persone così».
Se dovessimo definire “Sguardi” con un’emozione, uno stato d’animo, quale sceglieresti?
«Forse la malinconia, un’emozione che mi contraddistingue da sempre, perché sono parecchio malinconico e nostalgico, i miei amici mi prendono spesso in giro per questo, ma sono fatto così. La canzone parla di una storie d’amore finita, lui si immagina gli occhi di lei e rivive in qualche modo ciò che è stato, per cui il tema del ricordo è il fil rouge del brano in sé».
Facciamo un salto indietro nel tempo, nel 2010 e nel 2011 hai partecipato a due stagioni di “Io canto”, poi sei stato tra i protagonisti della settima edizione di X Factor. Cosa ti hanno lasciato di concreto queste due esperienze?
«Quando ho partecipato a “Io canto” ero molto piccolo, ho vissuto quell’esperienza come un gioco, anche se mi ha permesso di duettare con grandissimi personaggi come Renato Zero, Michele Zarrillo e Claudio Baglioni. E’ un’esperienza che mi ha lasciato tante belle amicizie, da Benedetta Caretta ad Alessandro Casillo, quando ci vediamo è sempre bello cantare e condividere con loro i nostri piccoli traguardi che piano piano raggiungiamo. X Factor l’ho vissuta in maniera diversa, anche se avevo comunque sedici anni, ho iniziato a viverla in maniera più seria e a capire che avrei potuto fare il cantante nella vita. Ho avuto modo di conoscere e lavorare con professionisti del calibro di Luca Tommassini, Paola Folli e Simona Ventura».
Che idea ti sei fatto dell’attuale scenario discografico? Cosa ti piace e cosa no?
«Ascolto tanta musica, un po’ di tutto, vado dalla melodica italiana al rap. Adoro Ultimo, chi mi segue sui social lo sa perché posto continuamente le sue canzoni (sorride, ndr), di recente sono stato al concerto di Coez, il suo nuovo disco mi piace moltissimo. Credo che ultimamente ci sia un sacco di carne sul fuoco, da un lato come cantante potrei dirti che è sempre più faticoso, ma come ascoltatore devo ammettere che mi piace avere tutta questa scelta, stili diversi da cui posso attingere e farmi influenzare anche per la mia musica. Tra le cose che non mi piacciono, invece, ci sono dei generi che ovviamente non ascolto, tra cui la trap, perché ha dei testi troppo violenti e lontani dal mio modo di essere».
Nonostante la tua giovanissima età, si percepisce dai tuoi ascolti e dal tipo di musica che proponi, oltre che una buona preparazione che è giusto sottolineare, anche tanta conoscenza della musica del passato, una caratteristica che, oggi come oggi, nei tuoi coetanei non è così scontata. Quanto è importante, secondo te, approfondire la conoscenza del nostro passato per poter comprendere al meglio l’attuale situazione musicale?
«Direi fondamentale, l’esperienza di “Io canto” mi ha sicuramente aiutato moltissimo, perché a dodici anni mi sono ritrovato a mettermi alla prova con cover di pezzi degli anni ’60, ’70, ’80 e ’90, una bella scuola. Mi ha molto aiutato entrare a far parte di una compagnia di musical, dove anche lì facevamo molto revival, per cui penso davvero sia importante avere un bagaglio per fare musica oggi, anche per rinnovarsi e provare a fare qualcosa di nuovo, bisogna conoscere e partire da ciò che c’è stato in passato, senza delle basi è sicuramente più difficile».
“Sguardi” anticipa l’uscita dell’album atteso per il prossimo 15 novembre, che tipo di disco dobbiamo aspettarci?
«Questo disco per me rappresenta un viaggio, un racconto di quelli che sono stati questi ultimi anni, dalla fine del liceo ad oggi. In questo lasso di tempo ho vissuto come tutti i ragazzi della mia età molte esperienze, da storie d’amore iniziate e finite, amicizie nate e poi perse, quindi ho voluto raccontare tutte queste cose attraverso i testi, mentre a livello musicale con Paolo abbiamo sperimentato parecchio. Siamo partiti da pezzi più tradizionali e classici, come appunto “Sguardi”, per poi lanciarci su cose più elettroniche e contemporanee, ci piaceva l’idea di realizzare una specie di mix, anche perché il mio modo di cantare mescola un po’ il parlato più moderno al classico bel canto».
Per concludere, dove e a chi ti piacerebbe arrivare attraverso la tua musica?
«Attraverso la mia musica mi piacerebbe arrivare alle persone più sensibili, quelle che sanno andare oltre al semplice brano che passa per radio o che ascolti distrattamente in giro. Persone che sappiano ascoltare e focalizzarsi su un determinato testo, conoscere la mia storia e allo stesso tempo immedesimarsi in ciò che ho scritto, adattare quelle parole alla propria vita. Infine, non ti nego, vorrei che questo disco arrivasse a persone che ci sono state fino ad ora e che non ci sono più, sono sicuro che stiano leggendo questa intervista, sono certo che capiranno e sapranno che questo disco è indirizzato anche a loro».
Nico Donvito
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