A tu per tu con il chitarrista bolognese, in uscita con il singolo “Mi perdido amor” feat. Mietta e Massimo Tagliata
A un anno di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo Andrea Dessì per parlare del suo nuovo singolo “Mi perdido amor”, che si avvale del doppio featuring con il musicista Massimo Tagliata e la nota cantante Mietta. In occasione di questo lancio, abbiamo incontrato il chitarrista bolognese per approfondire la conoscenza della sua visione di vita e di musica
Ciao Andrea, bentrovato. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Mi perdido amor”, cosa racconta?
«È una canzone allegra e struggente e melanconica allo stesso tempo. Parla di una serata, un noche de fiesta, in cui vino e allegria fanno da sfondo a sentimenti più intensi, di un amore perduto che riaffiora con tristezza. Sono tutti allegri tranne la protagonista che ripensa a questo amore per cui prova ancora forti sentimenti e lo rimpiange: il clima festoso accentua la melanconia».
Che valore aggiunto hanno dato al brano le presenze Mietta e Massimo Tagliata?
«Mietta è una cantante eccezionale, lo sappiamo da tempo. Chi la conosce solo nel pop si perde la sua versatilità, che è davvero grande. La sua interpretazione del brano è stata forte e lavorando con lei da anni l’abbiamo lasciata libera, di chiudere le frasi da interpretare, anche alla fine, nella coda. Io da musicista e compositore del brano l’ho sentito come un contributo da performer importante e in questi casi si dà la firma del brano, è prassi.
Massimo Tagliata ha riassemblato magistralmente il brano che aveva varie versioni e ha aggiunto la parte elettronica, che in un brano così non è facile. In questi casi l’elettronica deve valorizzare il lavoro acustico e renderlo attuale e non ucciderlo. Non è così facile e per quanto mi riguarda l’ha fatto benissimo. Il resto del brano è stato arrangiato insieme. In generale siamo stati un’ottima squadra».
Quali sensazioni e quali stati d’animo ti hanno ispirato durante la fase di composizione del pezzo?
«Il brano è stato scritto nel 2009 più o meno. In realtà in quel periodo ero molto interessato al mondo compositivo di Mozart, ai suoi ideali massonici e spirituali ed al suo modo di esprimere tutto questo in musica. In effetti alcuni principi base li avevo compresi ed applicati in questo brano, nel riff principale che è anche la prima parte della strofa: un modo di scrivere che è in assoluto equilibrio fra musica, matematica e spiritualità. Il riff esprime “equilibrio” fra proposta e risposta.
Anche l’utilizzo di progressioni armoniche fa parte del linguaggio mozartiano, io semplicemente nel mio piccolo ho cercato di utilizzare questi principi di fondo con armonie jazz unite ad un carattere flamenco. Il ritmo del brano è una rumba, tipica danza flamenca. Così nasce Mi perdido amor, un brano di contaminazione che unisce stili apparentemente lontani».
Quanto conta la contaminazione nella tua musica?
«Non posso prescindere dalla contaminazione, mi considero un post moderno, dove la contaminazione e la citazione dell’arte passata è un must per cercare nuove strade. Inoltre lo trovo intellettualmente molto interessante per questa continua unione col passato che, rielaborato, crea un futuro. È una ricerca interessantissima, è la scusa costante per studiare cose bellissime».
A livello di ascolti, tendi a cibarti di un genere in particolare oppure ti reputi abbastanza onnivoro?
«Mi reputo abbastanza onnivoro anche se a periodi: in certi periodi ascolto più musica classica perché magari mi concentro su un autore, tipo Debussy. C’è tantissimo da ascoltare fra repertorio pianistico ed orchestrale. Altri periodi ascolto più il jazz, perché magari scopro un nuovo musicista pazzesco come é successo anni fa con Kamasi Washington che adoro. Oppure riscopro qualche grande del jazz come Coltrane. Oppure vedo un film con una colonna sonora bellissima e mi prende il periodo in cui mi dedico all’ascolto di colonne sonore. Fra tutti i compositori Ennio Morricone, che ha suonato in jazz tantissimo e che ci tengo a nominarlo proprio per la sua scomparsa. Musicista, davvero illuminato, pieno di sensibilità seppur semplice ed umile. Per finire ho anche i periodi rock ed altro ancora… di musica bella ce n’è tanta…».
Come valuti il tuo rapporto con le hit estive?
«Sereno, al contrario di quello che può sembrare non le cerco affatto. Per scrivere, come ho spiegato, seguo tutto un altro stato mentale e ben altri stimoli. Poi se qualcosa si esplicita adatto per l’estate allora poi ci si lavora senza problemi, anzi con entusiasmo, ma non è mai quella la mira. Semplicemente non funziona così la mia testa, scrivo seguendo l’ispirazione del momento e da lì si vede cosa porta. “Non vivo più senza te”, “Mi perdido amor”, “Ritmo Diablo” sono tutti brani che ho scritto pensando a tutt’altro e infatti tutti nella loro versione originale erano qualcosa d’altro».
Hai una canzone dell’estate preferita?
«L’estate è un bel momento perché dedico molto tempo all’ascolto di musica. In questo momento sto ascoltando Bach, Mozart e tanti chitarristi flamenco perché ho in mente un progetto ed ho necessità di riempire la mente di questi repertori. Purtroppo non sono la persona che si mette ad ascoltare hit estive, anche se per rimanere al passo con i tempi, anche col pop attuale, una carrellata dei brani che escono in estate la faccio sempre, per cui so cosa esce in radio, più o meno sempre, e come suona. Ma ascolto le sonorità, al resto non faccio molta attenzione. È una cosa che faccio per lavoro, non da ascoltatore. Se devo dire, un brano molto lontano da me che mi viene in mente e che mi piace ascoltatore è “Oh, Vita!” di Jovanotti… oppure una più vicina a me per genere “13 buone ragioni” di Zucchero… ma sono uscite d’estate? Non ci faccio caso!».
Come hai vissuto il lockdown e con quale spirito stai affrontando questa ripartenza?
«Sono docente di chitarra classica nelle Scuole Medie ad Indirizzo Musicale, con l’Orchestra, ecc. Quest’anno prima del lockdown stavo per partire con la mia scuola con un progetto molto bello, un brano originale che avevo scritto, cantato e suonato dagli alunni e con tematiche ambientali. L’obiettivo era una campagna di sensibilizzazione per l’opinione pubblica. Il testo in modo profetico parlava della terra malata, come se avesse un virus e qui si aprono temi complessi e vasti, la sovrappopolazione, gli stili di vita, una terra inquinata che soffre sempre più… Il testo è sempre scritto, proprio come per “Mi perdido amor”, da mio fratello Michele Dessì, che tra l’altro è uscito con un libro che sta piacendo molto alla critica, edito dalla Calamaro Edizioni, “Diario Metafisico di un Terrorista”, libro pacifista e pieno di ideali.
Tutto questo per dire che in questo periodo, nonostante il lockdown, con la scuola abbiamo fatto lo stesso il progetto con la didattica a distanza: è stata una fatica immane ma l’entusiasmo dei ragazzi ha reso almeno per me il periodo più leggero e sopportabile. Non mi sono visto il mondo crollare addosso come tanti, ma mi sono semplicemente rimboccato le maniche e ho lavorato più duramente di prima. Il brano si chiama “Canto per la Terra” ed é appena uscito con l’etichetta PMS Studio di Ravenna di Raffaele Montanari, che approfitto per ringraziare per il bel lavoro e la disponibilità con i ragazzi. Nostro partner di eccellenza per l’iniziativa è il WWF Bologna Metropolitana che ci hanno dato la spinta e il patrocinio e col quale continueremo questa avventura di divulgazione nelle scuole e altrove, speriamo per qualche anno».
Al netto dell’incertezza dovuta al particolare periodo storico, quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere?
«Gli stessi: non mollo, magari ci vorrà qualche mese o forse un anno in più ma vado dritto. Per ora ho in mente vari progetti: finire il disco con le collaborazioni, di cui fa parte anche Mietta con “Mi perfido amor”, e poi un progetto di forte commistione fra musica classica ed altro… vedremo cosa ne uscirà e anche i musicisti che riuscirò a coinvolgere».
Per concludere, qual è la lezione più importante che pensi di aver appreso dalla musica in questi anni di attività?
«La musica come l’arte in genere è un mondo di bellezza immenso. Va studiata e rispettata. L’arte è l’espressione di noi stessi, della nostra cultura, dei nostri ideali principali e anche della nostra spiritualità. Lo è stata in passato e lo è tutt’ora. L’arte pone riflessioni ed esempi, il fine ultimo non sono né i soldi né la vana gloria di qualche momento. Gli ideali di un tempo, il Rinascimento Italiano o l’illuminismo, il Romanticismo erano correnti che hanno migliorato e spronato l’uomo a crescere e a migliorare se stesso. Oggi il denaro e le comodità hanno appiattito tutto e non siamo più felici. Tra l’altro, quando avremo tutti il SUV e avremo bruciato tutti gli alberi sulla terra, voglio vedere come saremo felici».
© foto di Simona Zanicheli
Nico Donvito
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