A tu per tu con il cantautore calabrese, fuori dallo scorso 4 giugno con il suo nuovo album “Bomboniere“
A due anni di distanza dalla nostra precedente intervista, ritroviamo con piacere Domenico Scardamaglio, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Scarda, artista classe ’86 in uscita con il suo terzo album intitolato “Bomboniere“. Approfondiamone tutti i dettagli con il diretto protagonista.
Ciao Domenico, bentrovato. Partiamo da “Bomboniere”, come si è svolto il processo creativo di questo lavoro?
«E’ stato un processo creativo che come al solito è partito dalla scrittura delle canzoni, alcune sono state concepite anni fa, alcune molto più di recente, alla base di questa fase c’è l’impulso, la cosa che vedi, che senti, che ti fa scattare la molla, la voglia di scrivere. La fase successiva di questo processo è stata la modifica delle varie strutture, è avvenuta a Milano, insieme al produttore, Gianmarco Manilardi, che ne ha composto anche un vestito provvisorio, un provino avanzato.
Poi è arrivata la fase della registrazione e delle limature finali. Tutto ciò potrebbe accadere anche in poco tempo, ma con una pandemia in mezzo che rende poco agevole spostarsi tra una regione e l’altra, che ti mette in pausa perché sai che è meglio non avere fretta e fiutare l’aria che tira, i tempi si sono dilatati. Tant’è che ho scritto nuove canzoni e tre di queste sono entrate nell’album all’ultimo momento».
Quali skills pensi di aver acquisito rispetto ai tuoi precedenti progetti?
«Riesco a scrivere anche senza rima baciata, ho più esperienza addosso, quindi anche più vita vissuta, credo che la scrittura sia maturata, Grazie ad Artist First, che ha supportato Bianca Dischi, c’è stato più budget per fare questo disco, quindi strumentazione migliore e figure di cui prima non potevo disporre».
A livello musicale, che tipo di sonorità hai scelto di abbracciare?
«Sonorità pop, ma non commerciali, volevo che rimanesse la poesia, ma una poesia che si potesse cantare. C’è meno chitarra acustica, molto più sintetizzatore, tanta batteria vera, ma anche quella elettronica, tanto basso suonato, ma anche arpeggiator e bassi elettronici, ogni canzone poi segue un mood diverso, non c’è stata una sola linea direttrice, ogni scelta musicale si è basata principalmente sul testo specifico delle canzone, sul suo contenuto».
Dal punto di vista testuale, l’amore è il tema centrale di questo disco, in che modo l’hai voluto raffigurare?
«In vari modi. L’amore che fa bene, l’amore che fa male, l’amore che rovina le amicizie, l’amore che lascia il vuoto che poi vuoto non è. A cosa è servito l’amore se poi è finito “cosa l’abbiamo fatto a fare?”. La verità è che ha molto senso quando qualcosa, tipo un tramonto in un posto preciso, ci ricorda ciò che è finito, aiuta l’anima a non pietrificarsi, ci fa capire che siamo stati vivi, che la felicità l’abbiamo provata, sappiamo cos’è, sappiamo riconoscerla quando non c’è e probabilmente sapremo riconoscerla se tornerà».
La prosecuzione ideale di un disco è sempre il live, cosa ti manca particolarmente dei concerti?
«Ora come ora la gente in piedi. A parte ciò il clima di festa, il sudore condiviso in quell’abbraccio di massa, le situazioni che si creano nel pre, nel post e durante il concerto, anche quelle che apparentemente non c’entrano con il concerto, che però nei ricordi rimarranno per sempre legate a quell’evento».
In tal senso, pensi che in tutti questi mesi si sia fatto abbastanza per tutelare i lavoratori dello spettacolo?
«Credo che in quest’ambito, ma anche in tanti altri ambiti, si sarebbe dovuto fare di più, magari non ce n’era la possibilità ma la cosa che davvero mi addolora è questa cosa di mettere l’arte, lo spettacolo, la cultura, sempre in fondo alla lista delle cose di cui parlare. Ho visto che si è parlato molto di più dei ristoratori, degli albergatori, dello sport, categorie che hanno sofferto quanto la nostra, ma di noi si parla molto di meno».
Per concludere, quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di “Bomboniere”?
«La copertina e il fatto di avere una dimensione sua, che non è cantautorato, non è indie, non è pop, è un incrocio di tutte queste cose, è Scarda».
Nico Donvito
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