domenica 24 Novembre 2024

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Folcast: “L’inaspettato è alla base delle mie produzioni” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore romano, in uscita con il suo nuovo album intitolato “Tempisticamente

A qualche mese di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Daniele Folcarelli, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Folcast, artista che abbiamo avuto modo di conoscere lo scorso anno sul palco di Sanremo, in gara tra le Nuove Proposte con Scopriti, brano che gli è valso il terzo posto nella classifica finale. Si intitola Tempisticamente il disco rilasciato lo scorso 14 gennaio, anticipato dal singolo Cosa ci faccio qui feat. Davide Shorty.

Ciao Daniele, bentrovato. Partiamo dal tuo nuovo album “Tempisticamente”, come nasce l’idea del titolo e come si è svolto il processo creativo?

«È un disco nato col tempo, ci stavo lavorando da diversi mesi con il produttore Tommaso Colliva. Nel frattempo, è arrivata l’occasione di Sanremo, con la partecipazione tra le Nuove Proposte 2021 con “Scopriti”. Questo ha fatto sì che i lavori sul disco venissero messi un po’ in stand-by, perché sappiamo tutti cosa comporta un impegno come il Festival. Subito dopo però siamo tornati in studio.

Ho deciso di intitolare l’album “Tempisticamente” perché riprende il titolo di un brano in scaletta, un pezzo che parla del concetto di tempo, un tema qualcosa che mi affascina da sempre. La parola “Tempisticamente” non esiste nemmeno nella lingua italiana e penso di aver fatto una scelta assolutamente fuori dai canoni del marketing perché se provi a scriverla, il correttore automatico te la corregge subito! Ho usato talmente tanto questa parola che mi sono anche convinto che la si usasse da prima, ma proporre sempre qualcosa di nuovo e inaspettato è un’idea alla base di tutti i miei progetti musicali. Per questo disco mi sono ritrovato ad inventare una parola nuova, ma in realtà anche a livello musicale sono andato alla ricerca di sonorità inaspettate e anche diverse da tutto ciò che ho scritto finora».

Hai paragonato “Tempisticamente” a un seme, che viene piantato e cresce. Credo che sia una definizione molto bella perché rappresenta la cura che hai messo nel progetto e la capacità di saper rispettare i tempi. Oggi i dischi si producono a un ritmo accelerato, il tuo mi piace definirlo un lavoro a km0, perché mi ricorda un prodotto fatto artigianalmente, con attenzione e amore. È così? Quali sono gli elementi che ti rendono orgoglioso di questo “orticello”?

«Assolutamente sì! “Tempisticamente” è un disco frutto di esperienze reali, parla di ciò che ho vissuto io stesso sulla mia pelle. Nelle canzoni provo a raccontare le mie emozioni e le mie sensazioni come ad esempio in “Lifting” parlo della nascita di un amore, in “Come no” di rabbia legata a una discussione, la title track è nata da un post di una scrittrice che avevo letto su Instagram, e mi ha talmente colpito che in una notte ho scritto strofa e musica.

Il nuovo singolo “Cosa ci faccio qui”, se vogliamo, parla anche di amicizia perché ho collaborato con artista che stimo e che posso definire amico, che è Davide Shorty. Il nostro rapporto si è consolidato con l’esperienza sanremese e la componente umana è la cosa che più mi è rimasta a cuore di quel periodo. Sono ancora in contatto anche con gli altri concorrenti e questo mi fa molto piacere. Anche “Senti che musica” nasce dalla stima e reciproca con Roy Paci e parla di quella sensazione di fuga che tutti abbiamo vissuto dopo il periodo di reclusione del lockdown. Tutte le canzoni, quindi, sono frutto del tempo perché raccontano esperienze che possono essere state brevi, degli istanti oppure che si sono protratte più a lungo».

Mi sembra un disco adatto a vari stati d’animo. Ogni brano cambia nel momento in cui lo ascolti e a volte, anche in base al luogo in cui ti trovi. “Tempisticamente” è un lavoro che si lascia ascoltare in situazioni diverse, sia in maniera attenta che un po’ più distratta. Ti ritrovi in questa analisi?

«Un po’ l’intento è quello sì, ti ringrazio per averlo colto. Il disco ha sfumature differenti, ha diverse sonorità e tratta varie tematiche. È caratterizzato da una composizione pop, con contaminazioni di vari generi come soul o hip hop ma anche qualche accenno di jazz, senza voler essere blasfemi nei confronti del genere. Tutte queste influenze sono ovviamente il frutto di tutti i miei ascolti e cerco di mantenere questa linea di varietà e leggerezza anche nella scrittura. Anche se affronto un argomento più profondo, mi piace raccontarlo con un linguaggio alla portata di tutti. In questo reputo un maestro e un punto di riferimento Daniele Silvestri: molte persone lo seguono perché ha un modo semplice e naturale di proporre anche qualcosa di un po’ più complesso. Sono convinto che più il tuo discorso è posto in maniera universale, più è facile ti ascoltino».

A chi si rivolge “Tempisticamente”? Anche io ho percepito un linguaggio fresco e diretto, adatto a tutti, anche a livello sonoro abbraccia un pubblico variegato. Credo sia un disco che riesce a fare da ponte tra la nuova e la vecchia scuola, un album che possono ascoltare tutte le generazioni…

«Effettivamente mi auguro che sia proprio così. Mi piace unire contenuti più leggeri ad altri anche un po’ più politici, se così vogliamo chiamarli. Anche a livello di suoni, io son un fan della musica suonata ma a un approccio live mi interessa sperimentare anche qualcosa di un po’ più elettronico, quindi sì, è un disco che abbraccia vari generi e può essere un ponte tra le generazioni».

Per concludere, ti chiedo una riflessione sul tuo percorso, da Sanremo fino a oggi. Qual è il bilancio?

«Innanzitutto, è un bilancio assolutamente positivo. Ovviamente non do mai nulla per scontato e questo mestiere è una continua montagna russa. Io mi sento però tranquillo e ho le spalle larghe per affrontare un percorso che può avere alti e bassi. Personalmente, mi sento soddisfatto di tutto e credo proprio che la cosa più importante sia stare bene con se stessi».

Folcast

© foto di Andrea Sacchetti

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.