Omaggio all’indimenticato e poliedrico cantautore, tra i padri fondatori dell’illustre scuola genovese
Sono trascorsi tredici anni dalla scomparsa di Bruno Lauzi, artista che nel corso dei suoi quarantacinque anni di carriera ha scritto e interpretato alcune delle più belle canzoni del panorama musicale italiano. Insieme ad Umberto Bindi, Gino Paoli, Luigi Tenco, Sergio Endrigo e Fabrizio De Andrè è considerato l’istitutore della cosiddetta “scuola genovese”, nobilitando e rivalutando l’importanza della canzone d’autore.
Nato l’8 agosto del 1937 ad Asmara, capitale dell’Eritrea all’epoca colonia italiana, Bruno Lauzi si trasferisce a Genova con la propria famiglia, sviluppando sin da piccolo una certa inclinazione verso la dimensione artistica. Assieme al suo compagno di banco Luigi Tenco forma un gruppo musicale, iniziano a scrivere le sue prime canzoni. Appassionato di jazz e letteratura, compone la sua prima opera di successo nel 1960, a quattro mani con Mogol, intitolata “Bella”, inclusa da Giorgio Gaber in un suo 45 giri.
Due anni più tardi, con lo pseudonimo di Miguel e i Caravana, incide due canzoni in genovese che gli aprono le porte del cabaret, inaugurando una serie di spettacoli al Derby Club di Milano. Ma è nel 1963 che avviene la sua consacrazione popolare, grazie alla celeberrima “Ritornerai”, seguita a ruota da “Ti ruberò”, “Margherita”, “Viva la libertà” e “Il poeta”, quest’ultima inizialmente interpretata dall’amico Gino Paoli.
Tra le centinaia di canzoni composte, le più note vengono affidate all’esperienza di alcune delle voci femminili più belle di sempre, come: Mia Martini (“Almeno tu nell’universo”, “Piccolo uomo”, “Donna sola”, “Per amarti”), Ornella Vanoni (“L’appuntamento”, “Dettagli”), Mina (“Certe cose si fanno”, “Devo dirti addio”), Marcella Bella (“Più soffia il vento”, “Verde smeraldo”) e Orietta Berti (“La barca non va più”).
Affetto dal morbo di Parkinson, trascorre gli ultimi anni della sua vita dedicando gran parte del proprio lavoro e numerose poesie in favore della conoscenza e della divulgazione di questa patologia, mantenendo intatta la propria straordinaria verve, oltre che la sua inconfondibile ironia. Compone poesie, scrive romanzi, fino a quel 24 ottobre del 2006, stroncato da un cancro al fegato che lo aveva colpito qualche mese prima. Di Bruno Lauzi ci restano l’estro e la passionalità con i quali ha portato alta la bandiera di un cantautorato anticonformista, originale e schietto, proprio come le sue canzoni.
Nico Donvito
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