domenica 24 Novembre 2024

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Franco J Marino e il mood napolatino di “Tamuè” – INTERVISTA

Dal 10 novembre è in rotazione radiofonica il nuovo singolo del cantautore partenopeo, un manifesto della contaminazione musicale e della sua maturità artistica

Franco J Marino TamuèSi intitola Tamué” il nuovo singolo di Franco J Marino, artista campano che ha ricreato un nuovo mood musicale, definito “napolatino”, che unisce sonorità mediterranee appartenenti a culture diverse. Il brano, prodotto artisticamente da Mauro Malavasi per Fonoprint, unisce la musicalità al concetto di danza, attraverso l’istinto e la passione espresse anche con le immagini del videoclip ufficiale, diretto dalla regista italo-spagnola Ana Ortega Moral. In occasione del lancio del brano, abbiamo incontrato il cantautore che ha ripercorso con noi le tappe fondamentali della sua carriera.

Ciao Franco, partiamo dal tuo ultimo singolo “Tamuè”, com’è nato e quale tappa rappresenta per il tuo percorso artistico?

«E’ nato dalla sinergia tra il maestro Mauro Malavasi, che è sempre stato appassionato a Napoli e alla sua cultura, e il sottoscritto. Stavamo, un giorno d’ estate, a casa sua a pranzo e cantando un pezzo che stavo scrivendo in quei giorni, lui ha cominciato con le forchette a disegnare un groove particolare, insolito, e da lì è nato tutto. Rappresenta l’inizio di un nuovo percorso dove al centro di tutto c’è la danza, la passione, la leggerezza come momento liberatorio e la poesia nonostante gli alti e bassi della vita, concetti che ha immediatamente sposato anche il maestro. Ispirati da una frase di Pina Baush: ‘danziamo, danziamo, altrimenti siam perduti’».

Nel videoclip diretto dalla regista Ana Ortega Moral viene rappresentato con le immagini il concetto di fusione tra musica e danza. Da quale idea siete partiti e com’è avvenuta la scelta della location?

«L’idea si è realizzata in maniera spontanea ed estemporanea. Partendo dalle mie melodie a dai miei testi si è arrivati a far danzare le parole e la musica attraverso un nuovo mood, una nuova chiave ritmica che poi abbiamo battezzato ‘mood Napolatino’ e dove la parola che racchiude questa visione è appunto ‘Tamué’. Abbiamo studiato anche un suono elettronico che caratterizza tutto l’arrangiamento, oltre alle forchette e le congas. Un giorno poi, alle quattro di mattina, io e il maestro Malavasi abbiamo scritto la sceneggiatura del video, studiando anche i passi di danza del Tamué. Abbiamo scelto Procida perché li ci sono le mie radici, la passione e l’amore che mi lega a questa terra che, a mio avviso, è in qualche modo rimasta autentica».

Facciamo un passo indietro nel tempo, quando e come è nata la tua passione per la musica?

«Da sempre. Da piccolo mi esibivo negli autobus della scuola che ci portavano in gita, c’era sempre un microfono. Chiaramente provengo da una famiglia in cui i miei genitori, napoletani, mi hanno trasmesso questo bene prezioso, la musica».

Quali sono stati i tuoi maestri e quali ascolti hanno influenzato la tua crescita artistica?

«Ovviamente tutta la musica buona, dai mostri sacri come Micheal Jackson, Qeen, Bee Gees, Beatles ai nostri grandi cantautori».

Tra le prime collaborazioni importanti, spicca quella con Tony Esposito all’inizio degli anni ‘90. E’ lui che ti ha trasmesso l’attenzione alla ricerca e alla contaminazione musicale?

«Ero un ragazzino e Tony è stato il primo che ha creduto in me e mi ha dato la possibilità di girare il mondo e fare esperienze».

Non possiamo non citare Lucio Dalla, con lui hai collaborato alla stesura del pezzo “Non vergognarsi mai”. Che ricordo hai di lui?

«Bellissimo ed emozionante ricordo, sia come genio che come persona, Lucio era ed è unico. C’è un particolare molto importante per me: Lucio l’ho conosciuto alla Fonoprint e precisamente nello studio ‘A’, io ero con Malavasi. Un incontro importante per la mia carriera, guarda il caso, è avvenuto proprio nello studio ‘A’, a febbraio scorso, grazie al mio amico Riccardo Vitanza che mi ha presentato alla Fonoprint. Da questo incontro è nato tutto, con Fonoprint e Malavasi stiamo realizzando questo progetto. Ci ho pensato a Lucio, ci penso sempre quando sono lì e quando passeggio in via D’Azeglio…».

Quale significato attribuisci oggi alla parola “artista”?

«L’artista è colui che, per misteriosi motivi, riesce a mettersi in contatto con l’universo e attraverso l’aria percepisce suoni, parole, melodie, trasformando tutto questo in poesia, in una canzone, riuscendo a resistere al tempo!».

L’insegnamento più importante che hai appreso in tutti questi anni di carriera dalla musica?

«Che quando si ama veramente, questa è la forza più rivoluzionaria che c’è. Che la musica è la cura dell’anima, la musica mi salva ogni giorno e non l’ho mai tradita».

Quali sono i tuoi prossimi impegni futuri e/o sogni nel cassetto?

«Realizzare il progetto Tamuè con almeno altre nove canzoni e vivere di questo».

Per concludere, quale messaggio vorrei trasmettere al pubblico attraverso la tua musica?

«Voglio trasmettere autenticità, senza scorciatoie, emozioni, passione, leggerezza…danza!».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.